Il «buio» medioevo: si, mediatico e culturale (1)

Lezione di filosofia nella scuola di Roma da un affresco del pittore fiorentino Benozzo Gozzoli (secolo xv). chiesa di Sant'Agostino a San Gimignano (Siena).
Lezione di filosofia nella scuola di Roma da un affresco del pittore fiorentino Benozzo Gozzoli (secolo xv). chiesa di Sant’Agostino a San Gimignano (Siena).

Pausa pranzo. Argomento matematica e storia. Si finisce affermando che lo sviluppo europeo della matematica riprende nel Vecchio Continente solo con Tartaglia e Fibonacci mentre prima i grandi progressi sono fatti da Arabi e Indiani granzie anche a traduzioni dal greco mentre in Europa si continuava a far di conto con i numeri romani. Un illustre collega esordisce affermando che a suo avviso il millenarismo medievale – ossia la credenza religiosa che la fine del mondo fosse imminente – fosse stato il principale ostacolo allo sviluppo medioevale, a un sostanziale disinteresse per le cose della natura e che abbia sostanzialmente “fermato” il progresso per lunghi secoli.

A me è sembrato subito un cliché alimentato da un pregiudizio comune che vede il medioevo come «epoca buia» in qualche modo molto veicolato dai media ma poco presente, anzi smentito, nei trattati di storia almeno recenti che abbiano un certo spessore scentifico e non solo divulgativo. L’ho sospettato perchè questa visione mi sembrava cozzasse completamente con la Storia della Chiesa (di cui so qualcosa), con la Tradizione cattolica, con la dottrina Patristica e i confronti-scronti con le varie eresie lungo i secoli. Non fidandomi troppo di me stesso mi sono dato a una ricerca di fonti affidabili sulla filosofia medioevale e non ha evidenziato nessun peso rilevante al millenarsimo. Anzi è emerso tutt’altro.

Riporto alcuni estratti delle mie ricerche. Ho cercato, come sempre, di selezionare le fonti di livello e contesto almeno universitario.

Idee millenariste si trovano in diversi autori della prima cristianità […]; caratterizzò poi movimenti entusiastici, come il montanismo, rispondendo alle attese di rinnovamento e di giustizia dei più umili ceti sociali. A esso si opposero fermamente Origene, Eusebio e soprattutto Agostino che diede un’interpretazione spiritualistica di Apocalisse 20, intendendo i 1000 anni dopo la prima resurrezione come la remissione dei peccati. Il m. sparì così tra il 4° e il 5° sec. e solo qualche rara traccia se ne trova in orientamenti escatologici medievali e in alcuni ambienti della Riforma (per es. gli anabattisti). (Dizionario Treccani [1]).

Anzi è un fatto come la Chiesa cattolica abbia sempre represso (hamié anche con l’avallo della violenzà, è vero) movimenti millanaristi, il piu famoso dei quali fu il catarismo. Il millenarismo fu piuttosto più diffuso in alcuni ambienti protestanti (ma siamo già in epoca moderna). Non vi è traccia della influenza millenarista nel pensiero medioevale nelle fonti da me consultate.

L’apposito sito Manuale di Filosofia Medievale on-line [2] non parla mai di millenarsimo in tal senso [4] se non a proposito di Ruggero Bacone [10]: ma, incredibilmente, in Bacone è proprio il millenarismo medioevale, a essere motore e stimolo per un approccio riformato delle scienze naturali:

Fin dagli anni dell’insegnamento delle Arti, Ruggero Bacone vedeva nell’acritica accettazione delle auctoritates la fonte principale della decadenza negli studi, e non mancò di denunciare apertamente nei suoi scritti l’insofferenza verso una concezione del sapere tesa a promuovere passivamente le dottrine dei maestri allora in voga presso l’Università di Parigi […]. Il tema della decadenza degli studi si legò saldamente in Ruggero Bacone al millenarismo tipico del francescanesimo spirituale, che fece propria la visione profetica dell’abate Gioacchino da Fiore saldandovi l’inquietudine per i profondi cambiamenti politici e sociali del tempo, come lo sviluppo dell’economia mercantile, i particolarismi dei nascenti stati nazionali, la denuncia degli abusi perpetrati dai potenti e dalle gerarchie ecclesiastiche. [10]

[Bacone] aveva iniziato a interessarsi a quelle scienze che promettevano il dominio sulle forze naturali occulte, ritenendo che proprio ad esse avrebbe fatto ricorso l’Anticristo per conquistare il mondo, e che dunque i Cristiani, per fronteggiarlo, avrebbero dovuto conoscerle e utilizzarle a loro volta [10].

Interessante poi osservare come Bacone fu esplicitamente osteggiato dai suoi superiori, mentre fu proprio grazie all’illuminato intervento diretto di papa Clemente IV che gli permise e lo incoragiò a continuare liberamente le sue ricerche e a redigere le sue opere, e potè così scrivere la sua monumentale Opus maius [10]; il che smentisce anche quella visione del papato sempre e solo pronto a censuare e vietare la conoscenza.

Insomma il millenarismo medioevale fu una realtà non così caratterizzante e non meno che in altre epoche e anche l’addove esso era presente ha semmai dato ulteriore impulso allo studio rinnovato della natura e il suo dominio. Bisogna poi ricordare che forme varie di millenarismo sono diffuse anche in ambiti non cristiani (vedi profezie Maia). Il millenarismo più radicale fu combattuto o mal tollerato dalla Chiesa Cattolica e non ebbe certo quella influenza tale a «fermare il progresso».

Al contrario nella storiografia recente il Medioevo, indagato nella globalità delle sue manifestazioni, ha perso quel carattere univoco che in passato si è di volta in volta cercato di attribuirgli, mostrandosi piuttosto come età complessa di sperimentazione istituzionale, trasformazione sociale, progresso tecnico ed economico, fermento spirituale e intellettuale. A ciascuno di questi singoli aspetti, pur con la consapevolezza di una loro intima connessione, la ricerca si rivolge oggi con libertà, senza in fondo privilegiarne nessuno come prevalente, ma cercando piuttosto di coglierne i funzionamenti nel proprio ambito. (Dizionario di Storigrafia [3] – grassetto mio).

Mi sono fatto un giro anche su GoogleBook [5] per cercare tra le varie pubblicazioni sul medioevo cosa ne dicono gli autori: non c’è praticamente medioevalista che non sottolinei e non stigmatizzi come tanti siano i pregiudizi e i luoghi comuni errati sul medioevo visto come «epoca buia».

Alcuni passaggi sono particolarmente significativi e rispondono all’osservazione del mio collega in particolare per quanto riguarda il rapporto fra uomo e nautra in questo periodo. Alcune citazioni:

Piccinini G. afferma che “il” Medioevo non è mai esisito, ma è solo una espressione ormai comoda da usare [6]. Sergi G. dedica un intero volume proprio a demolire tonnellate di sensi comuni errati sul medioevo [7] [9].  Le Goff J. nella prefazione del suo “Un lungo medioevo” [8] cita numerosi progressi: l’avvento del calendario e un modo nuovo di misurare e di concepire il tempo, anche sociale con l’introduzione del riposo settimanale e delle varie feste liturgiche e prosegue: a lungo si è insistito sul fatto che l’uomo medioevale fosse fortemente debitore nei confronti della natura e quasi del tutto impotente di fronte a essa, ma si sono troppo trascurati i progressi e i successi da lui ottenuti per quanto concerne il suo controllo [8]. E quindi cita l’invenzione importantissima del mulino, le dighe che nei fiordi olandesi hanno strappato terra al mare. L’invenzione del timone mobile di poppa per le navi, la bussola (forse inventata in oriente ma messa a frutto in occidente). Questo ha consentito la navigazione in largo, e non sottocosta, e in tutte le stagioni. L’elaborazione della carte costiere. Poi afferma che tutti questi sforzi testimoniano come l’uomo medioevale abbia desacralizzato la natura dopo averla forse fin troppo sminuita di fronte all’onnipotenza di Dio e che nel XII secolo egli trova un equilibrio fra Dio e natura e apre così la strada allo sviluppo futuro della scienza, una delle caratteristiche e uno degli aspetti fondanti dell’Occidente [8]. L’arte gotica, a torto ritenuta barbara dalle epoche successive. La filosofia scolastica, giudicata “oscurantista” è in realtà una combinazione illuminante di ragione e fede [8] e aggiunto io: questo è il primo e unico grande tentativo al mondo mai avvenuto in questo ambito. In particolare il perido che va da 1150 al 1250 è un epoca particolarmente fiorente e ricchissima di innovazioni [8]. Viene anche rivalutata la condizione femminile, che pur rimanendo subalterna, non è esente da innovazioni e importanti progressi [8]. D’altra parte l’autore non manca di lanciare critiche forti al cristianesimo medioevale quando esterna che “l’esclusione del piacere legata alla valorizzazione della sofferenza” come “uno dei retaggi più negativi del cristianesimo medioevale” (e qui concordo). E non è certo tenero con certi aspetti delle crociate: i cristiani, che non hanno la guerra nel DNA hanno sostanzialmente imitato il jihad nel combattere i seguaci di Maometto che certo minacciavano pesantemente l’Europa. Purtuttavia, paradossalmente, la cupidigia dei crociati si riversò proprio sulle popolazioni bizantine, peraltro cristiane. Non mancò tuttavia uno sforzo nell’ “addomesticare” la guerra, che rappresenta proprio un positivo retaggio medioevale [8].

Altre forze innovative del medioevo furono: la nascita delle città-stato, e del concetto di polis cui sono portatrici, la ricchezza dell’artigianato, le istituzioni scolastiche, in particolare le università concepite fin dall’inizio, come il nome stesso ricorda, per affrontare qualsiasi argomento del sapere. L’origine della cultura della “piazza pubblica” ha creato relazioni fra uomini e donne e fra categorie sociali trasversali, pur non cancellando disuguaglianze e povertà. In tutto questo ebbero un ruolo di primo piano gli ordini mendicanti, dai francescani ai domenicani [8].

Insomma altro che «età buia». Altro che millenarismo.

Forse (ma qui sarebbe necessaria un’altra ricerca) un certo declino si ebbe nell’alto medioevo: ma questo si sa fu certamente frutto della crisi sociale dovuta alle «invasioni» barbariche e al declino dell’impero. Esse non furono tanto delle guerre, ma delle grosse migrazioni. Ma anche qui la cultura cristiana dell’integrazione e in particolare il monachesimo, fece molto per mitigare i conflitti integrando così i nuovi arrivati.

Nel prossimo post cercheremo di capire perchè questa idea dell’ «epoca buia», che gli storici ormai combattono da parecchio tempo, sia in realtà così diffusa e dura a morire nella cultura e nella percezione dell’uomo di oggi.

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    Riferimenti:

    [1] Dizionario Treccani voce Millenarismo

    [2] Manuale di Filosofia Medievale online a cura dell’ Università di Siena – Facoltà di Lettere e Filosofia.

    [3] Dizionario di Storigrafia voce Medioevo. L. Gatto, Viaggio intorno al concetto di Medioevo, Bulzoni, Roma 1977; G. Tabacco, G.G. Merlo, Medioevo, Il Mulino, Bologna 1981.

    [4] Ricerca Google

    [5] books.google.com

    [6] Il Medioevo, Gabriella Piccinni Pearson Italia S.p.a., 2004 – pagina XI [google books].

    [7] L’idea di Medioevo: fra storia e senso comune, Giuseppe Sergi Donzelli Editore, 2005 [google book]

    [8] Un lungo Medioevo, Jacques Le Goff; prefazione [google books]

    [9] “Medioevo: un’epoca da rivalutare, senza miti e false credenze” di Graziella Caruso; recensione del volume [7].

    [10] articolo su Ruggero Bacone in [2].

    3 pensieri riguardo “Il «buio» medioevo: si, mediatico e culturale (1)”

    1. Ciao Fabrizio,

      questa volta mi sento in dovere di replicare dopo essermi a mia volta “ridocumentato”.

      Il medioevo e` un periodo molto lungo generalmente assegnato ai
      secoli che vanno dal V secolo al XV.

      Si` e` solito suddividerlo in tre fasi:
      – “Alto Medioevo” (detto anche, impropriamente, “secoli bui”), che va dal V al X secolo ed è caratterizzato da condizioni economiche disagiate e da continue invasioni da parte di Slavi, Arabi, Normanni e Magiari;
      – “Basso Medioevo” o “tardo Medioevo”, un periodo intermedio, che vede lo sviluppo di forme di governo basate su signorie e vassallaggio, con la costruzione di castelli e la rinascita della vita nelle città; poi un crescente potere reale e la rinascita di interessi commerciali, specie dopo la peste del XIV secolo.

      Nella prima fase, quella prima del 1000 a cui si riferivano i miei commenti sostanzialmente:
      – in Italia si assisteva alla lenta disgregazione dell’impianto instaurato dall’Impero romano. La “lentezza” era per lo piu` motivata a mio avviso dalla semplice constatazione che la “romanita`” era molto piu` consolidata che non altrove.
      – le zone piu` periferiche invece erano soggette ad invasioni esterne e ‘ristrutturazioni’ che miravano all’emancipazione dei territori dal “giogo fiscale” dell’impero romano.

      Tutto l’alto medioevo e` stato un periodo “buio” con la sola eccezione del periodo carolingio.

      Tutte le “invenzioni” che citi, dai mulini, al timone, alla bussola sono state fatte tra il 1200-1500 …. E` chiaro in questo periodo sono da ricercare i primi ‘germogli’ di un processo che portera` allo splendore successivo.

      Per quel che riguarda la fede, anche i “francescani ai domenicani” fecero la loro comparsa soltanto dopo il 1200, quindi a l’alto medioevo da questo punto di vista rimane un periodo buio.

      In riferimento alla “filosofia scolastica” rifacendomi a wikipedia:
      “Cronologicamente, esso copre il periodo che va dall’VIII secolo al Rinascimento. Si suddivide in:

      – Epoca pre-scolastica (dall’VIII secolo al IX secolo) con la fondazione della scola Palatina diretta prima da Alcuino di York e in seguito da Giovanni Scoto Eriugena;
      Alta Scolastica (dall’X secolo al XII secolo) la cui figura di spicco fu Anselmo d’Aosta, a cui seguirono altri come Pietro Abelardo;

      – Bassa Scolastica, ossia il periodo d’oro coincidente con il XIII secolo, grazie alla diffusione del pensiero di Alberto Magno e Tommaso d’Aquino, a cui si contrappone specularmente quello di Bonaventura;
      – Tarda Scolastica, collocabile dopo Duns Scoto, il cui principale esponente fu Guglielmo di Ockham. ”

      anch’essa ebbe il suo maggiore sviluppo e poi apice soltanto dopo l’anno mille.

      Insomma, credo che la mia affermazione non sia da catalogare affatto come
      “cliché alimentato da un pregiudizio comune” .

      Un saluto e grazie ancora per avermi dato l’occasione di ‘cercare criticamente’

    2. Grazie dunque della puntuale risposta 🙂 Condivisibilissime le osservazioni che hai fatto (tranne un paio, qui sotto): apprezzato soprattutto la distinzione sulle varie scolastiche 🙂

      Comunque direi che il dialogo ha portato a concordare sulla questione centrale: che cioè non esiste legame alcuno fra il millanarismo religioso e la questione della decadenza della società alto medioevale. Ma anzi che il millanarismo abbia addirittura in epoca successiva dato un impulso positivo in tal senso (io stesso non lo sapevo, l’ho scoperto leggendo su Bacone)

      l’alto medioevo da questo punto di vista rimane un periodo buio.

      Rimane un periodo buio? hai hai hai……permettimi, di dissentire con forza. Quando si parla di “ordini mendicanti” certo si, ma il monachesimo nasce in oriente addirittura prima del medioevo, ed ha il suo boom proprio nell’alto medioevo occidentale. Scusa ma adesso ti tocca sorbire il pistolotto… 😀

      S.Girolamo, S.Ambrogio, San Martino, S.Onorato (isole galliche) sono solo alcuni esempi di fondatori. poi Cassiano lasciò opere importanti riguardo l’origine apostolica del monachesimo (Collationes). Anche S.Agostino, morto nel 430, volle che il propri preti vivessero in comune. Ma in occidente non c’erano vere regole monastiche mentre in oriente c’era la regola di s Pacomio o di S Basilio. I gruppi monastici erano comunque di poche persone.

      Poi S. Patrizio, nato nel 389, missionario e fondatore della Chiesa irlandese, la organizzò come chiesa di monasteri;
      Intanto l’Europa continentale era invasa: Roma da visigoti (410) e vandali (455), e l’impero romano d’occidente stava per morire.

      Con ciò il monachesimo fu si importante per la Chiesa, ma non ancora abbastanza per la polis.

      Le cose cambiano radicalmente nel V sec con la vera esplosione del monachesimo occidentale: S. Benedetto; Siamo in pieno alto medioevo e si svilupperanno molto rapidamente: lo stesso S. Benedetto ancora in vita fondò molti monasteri, mi pare una dozzina.

      Le abbazzie ebbero un ruolo culturare, economico, sociale in occidente che non ha bisogno di presentazioni. La sua “regola” fu davvero innovativa: “ora et lavora” significava che non solo i monaci pregavano (così era infatti concepito il monachesimo fino ad allora, ritirandosi nell’ascetismo o nella mistica, era cioè visto come un “fuggire dalle cose materiali”) ma anche lavoravano e studiavano: le ore erano scandite dall’alternarsi giorno e notte appunto dal lavoro e dalla preghiera; la “liturgia delle ore”, ancora oggi testo cardine della preghiera cattolica, nasce così. Tantissimi poi gli ordini nati di derivazione benedettina: Cistercensi , Certosini, Camaldolesi ….

      L’ideale benedettino è una stupenda sintesi fra “lo spirtuale e il materiale” un cardine eminentemente cattolico. L’interesse per il concreto, la pagnotta insomma. “Non di solo pane vive l’uomo….” vuol dire che il pane è importante, anzi viene prima perchè difficilemtne riesci a pregare, cioè a rivolgerti verso l’assoluto, se non hai prima il pane, cioè l’essenziale.
      E’ l’intuizione misticha che “la preghiera può alimentare il lavoro” e non è antitetica ad esso: pregare cioè non è un fuggire dalla materia, dal mondo, ma valorizzarlo: questo ha un grosso risvolto antropolotico, prima ancora che evangelico-religioso, culturale, economico. E’ una filosofia unitaria dell’uomo, in opposizione a dualismi vari (anima-corpo, spirituale-materiale, buono-cattivo, gnostisticismi etc ….) spesso pericolosi che la chiesa cattolica, non solo romana, ha sempre combattuto con la lotta alle eresie (come già detto, haimè, anche con la violenza). Attua il precetto evangelico dell’essere “nel mondo” (Gv 17,14). Tale antropologia ha una origine dogmatica nell’incarnazione del Figlio. Un passaggio che a me sempre commuove del canto “Te Deum” quando dice “non horruisti virginis uterum”: non hai disdegnato l’utero di una Vergine. Si perchè non è affatto intuitivo, ne umano, pensare che nientemeno che Dio possa “abbassarsi” all’utero di una vergine. Non voglio fare catechismo, ma solo per dire che qui ha origine la comunione fra materia e spirito.

      I benedettini producevano beni per se e per la comunità: ti sei mai chiesto perchè molte città nascono proprio “intorno” ai monasteri?
      Se oggi gusti birra, parmiggiano o il vino francese della Borgogna è grazie alla loro eredità alto-medioevale.
      Non solo preghiera e ascetismo dunque: ma laboratori, fattorie, biglioteche; gli amanuensi copiavano (e diffondevano da un posto all’altro) opere antiche dal greco e dall’arabo: dunque non solo Sacra Scrittura, anche questo fu una grande apertuma mentale e culturale! Mentre “fuori” dai monasteri c’era un certo caos, sociale, culturale e politico.
      Opere che altrimenti oggi sarebbero andate perdute…. non l’hanno copiato per passare il tempo ma perchè intuivano che “sarebbe venuto il giorno” in cui sarebbero state utili. Non avremmo avuto il Rinascimento, il classicismo e chissà quante altre belle cose senza i copisti benedettini dell’alto medioevo.

      Insomma che l’alto medioevo non sia stato un gran che mi pare un fatto. Ma se delle cose positive e innovative ci son state, allora furono certamente i monasteri benedettini.

      Ti basta? 😀

      [fine del pistolotto: scusa lo stile propagandistico, ammetto mi son lasciando andare alla passione un po a memoria e con poche fonti – spero senza distaccare i fatti]

      credo che la mia affermazione non sia da catalogare affatto come “cliché alimentato da un pregiudizio comune”.

      mi riferivo al legame col millenarismo, su cui mi pare di capire ti sei ricreduto, non all’espressione tout-court sui “secoli bui”, espressione che nel finale io critico, ma in generale; non rivolto a te.

    3. Ho trovato un’altro punto interessante e innovativo riguardante l’alto medioevo:
      la diffusione del latino come lingua comune ebbe numerosi vantaggi:

      1. affrancarsi dal greco, lingua troppo colta che richiedeva studi specifici e che pochi capivano. Il latino, già diffuso per via dell’impero romano, era piu a buon mercato.
      2. nel caos linguistico dovuto alla presenza dei barbari il latino ha costituito un humus importantisimo per integrare le differenze e creare una cultura comune, altrimenti impossibile. se non vi fosse stata l’imposizione del latino forse non ci sarebbe stata la civiltà europea come la conosciamo oggi.
      3. il latino non era dominante ma era comunque la lingua più ampiamente diffusa “de facto”: era dunque l’unica scelta più ragionevole.

      La traduzione di S. Girolamo della Sacra Scrittura in latino per volere del Papa rende la bibbia piu popolare e accessibile: prima era solo scritta (e letta) in greco ma ormai non lo conosceva piu nessuno. Curioso che nella cultura moderna l’uso del latino venga associato all’incomprensibilità tipica dei dotti, un modo per non farsi capire mentre invece storicamente nasce e si diffonde proprio per venire più incontro al popolo.

      Nel mondo russo-slavo, invece, Cirillo e Metodio “inventarono” l’alfabeto appunto detto cirillico, per affrontare lo stesso problema.

      La Chiesa ha diffuso il latino nell’alto medioevo piu di quanto lo abbia fatto l’impero romano in occidente in secoli precedenti.

      Fonte: La Chiesa nella Storia, volume 1. Guiducci / Erba ; (c) 2008 Ed. Elledici – Torino

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