La più grande usura della storia

Una volta ho chiesto a un amico che studiava economia “a cosa serve l’economia?“. Cominciò a spiegarmi concetti, teorie, formule… Poi insistetti con la domanda notando che intendevo ‘serve’ cioè a chi serve? Di chi fa il servizio? Rimase spiazzato dalla mia domanda… cercai di fargli capire che forse il “servizio” che l’economia dovrebbe attuare è quello fatto alla felicità degli uomini. Dopo un po’ di perplessità iniziale, forse dovuta al fatto che non l’aveva letto in nessun manuale, convenne con me.

Spesso perdiamo il senso delle cose: a cosa serve? A chi serve?

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Paraguay: dal commercio equo e solidale ai SUV americani, passando per Kyoto

Testimonianza diretta e considerazioni a valle di una chiacchierata riguardo le cooperative agricole in Paraguay. Il commercio equo e solidale non sempre realizza i sogni di questa gente; La conversione a soia trasgenica devasta l’ambiente, piuttosto che tutelarlo come asserisce il famigerato protocollo di Kyoto. Anche la cultura e le tradizioni ne vengono ferite.

Calendario di una cooperativa di contadini per la produzione di zucchero di canna in Paraguay
Calendario di una cooperativa di contadini per la produzione di zucchero di canna in Paraguay

A casa di una cugina di famiglia, qui in Paraguay, mi ha attirato l’attenzione questa immagine (cliccarci sopra per ingrandire), che ho fotografato da un calendario in casa.
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Supermercato: Bimbi 5, Animali 7

Nel supermercato sotto casa 5 sezioni di scaffale sono per i bambini. Un intera corsia è invece dedicata a prodotti per animali. Sprendiamo più per gli animali che per i neonati: abbiamo da riflettere sul nostro futuro, perché forse lo stiamo ipotecando. Anche l’economia, a lungo termine non ride.

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Scaffale per bambini (alimentazione)

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Scaffale per bambini (pannolini)

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Scaffali per animali

Il supermercato è sempre un luogo istruttivo per capire le tendenze sociali.

Per capire che la nostra società è in declino, in quanto è il futuro stesso come prospettiva ad essere a rischio, basta confrontare quanti scaffali al supermercato sono dedicati a prodotti per neonati e quanti a prodotti per animali.

Nel supermercato sotto casa 5 sezioni di scaffale (di cui 3 solo per pannolini) sono per i bambini.

Un intera corsia è invece dedicata a prodotti per animali, in realtà tutto per cani e gatti: totale 6 sezioni di scaffale più due torri laterali (non visibili nell’immagine).

In altri supermercati e ipermercati ho notato tendenze e proporzioni simili.

Ho sempre amato gli animali e trovo giusto  curarli adeguatamente finquando questo non significhi umanizzarli o spendere cifre sproporzionate. Tuttavia un popolo che spende più per gli animali che per i neonati ha da riflettere sul proprio futuro, perché forse lo sta ipotecando. Al ribasso. Anche per l’economia, a lungo termine, non ci sono buone notizie: gli animali sono consumatori solo se ci sono delle persone che consumano. Quindi anche il mercato per animali è destinato a declinare insieme a quello generale.

1° maggio: protesta contro le schiavitù del lavoro e il culto del denaro

Alla cassa del supermercato un commento sulla domenica come “giorno come un altro”. Poi ci penso su un po. Apro il Catechismo e trovo un passaggio abbastanza sorprendente, ma poi neanche tanto. E così rifletto sul senso della festa come valore sociale collettivo. Il potere asservisce l’uomo sempre più solo a vantaggio del culto del denaro e del materialismo perché distruggendo innanzitutto le relazioni umane.

lavoro_chaplinIeri alla cassa del supermercato ascolto la conversazione fra la cassiera e la signora prima di me: questa chiede se l’indomani (cioè oggi, 1 maggio) sono chiusi. La cassiera risponde con tono convinto e soddisfatto: «si, signora, domani siamo tutti chiusi». Rifletto un po’ e, quando la signora se ne è andata, faccio un commento alla cassiera dicendo: «beh… almeno il primo maggio! Festa del lavoro! Visto che la domenica ormai non esiste più…». Lei con aria ormai rassegnata a una normalità che è solo da accettare, commenta rispondendo: «Già.. il primo maggio! La domenica poi… per noi è ormai un giorno come un altro!».

Uscendo mi soffermo a pensare su quella espressione: «…è ormai un giorno come un altro!». Questi lavoratori, impiegati nel commercio hanno ormai perduto il “ritmo comune” del riposo-lavoro, con turni sfasati che non gli consentono più di “vivere la festa” con tutti gli altri. Leggi tutto “1° maggio: protesta contro le schiavitù del lavoro e il culto del denaro”

Movimento 5 stelle Roma: ideologia, incompetenza, ilarità; niente di nuovo sotto il sole.

Il movimento 5 stelle di roma diffonde il suo programma partecipato. Si passa da vecchi schemi ideologici, incompetenze linguistiche per finire in vere e proprie ilarità. Si tratta di vecchia politica. Non di novità.

Leggo dal “Programma dei Cittadini – Economia/Bilancio” del movimento “Cinque Stelle – Roma” promosso da Beppegrillo alcune cose che non mi tornano.

Cominciamo dal paragrafo:

Cemento zero, grandi opere zero, asfalto zero:

Disincentivazione all’abusivismo edilizio
Riduzione dei finanziamenti alle grandi opere inutili (ad es. la Nuvola di Fuksas o il ponte della Scienza) a vantaggio delle infrastrutture essenziali

l’uso del termine “zero” come slogan principale proprio non va: pare proprio che il M5S sia contro tutto il cemento, tutte  le grandi opere, tutto  l’asfalto. E’ il classico mantra degli ambientalisti vecchio stile. Ma M5S non era nuovo in tutto? Non doveva rottamare i vecchi partiti? Oggi che va di moda anche la coca-cola zero, sembra un buono slogan, ma può generare paura a chi vuole magari faticosamente costruirsi una casa nel proprio terreno di famiglia, oppure attende una strada o una grande opera da anni prevista e necessaria vicino casa sua. Questo uso totale del termine “zero” connota le vere intenzioni che si vogliono comunicare: di essere ingabbiati in vecchi schemi ideologici.

Ma oltre all’ideologia c’è anche poca competenza e scarso uso dell’italiano. Leggi tutto “Movimento 5 stelle Roma: ideologia, incompetenza, ilarità; niente di nuovo sotto il sole.”

Questa Europa non s’ha da fare

L’Europa ha dimenticato perchè i suoi stati stanno insieme. Ha dimenticato la sua anima. Forse bisogna ricordare che l’anima di un popolo non può essere l’economia, la convenienza dello stare insieme, ma ci vogliono degli obiettivi alti, che i fondatori di questa Europa avevano ma che i politici di oggi, drammaticamente deboli e asserviti a poteri non democratici, hanno purtroppo dimenticato o non hanno la forza di portare avanti.

E’ da un po’ che osservo con attenzione il comportamento dell’opinione pubblica e dei politici nazionali ed esteri Europei.

Mi pare che l’Europa, distratta dagli spread e dittatura finanziaria mondiale, euro e diktat bancari abbia un po’ dimenticato le ragioni stesse del suo esistere. Perché gli stati europei stanno insieme? Per convenienza?

Il Segretario di Stato degli USA George Marshall

Ci avevano fatto credere fare una grande Europa economica avrebbe creato maggiore stabilità e prosperità. Probabilmente è anche vero che sia accaduto, ma la percezione oggi è che qualcuno cominci a pensare che non gli convenga più stare in Europa, oppure che chi vuole stare dentro deve starci alle proprie condizioni, cioè quelle del più forte e del più bravo e virtuoso a danno dei meno virtuosi: mi riferisco al moralismo Tedesco che proprio non sopporta di dover pagare prezzi alti per una pan-solidarità europea, nel frattempo però le loro banche fanno soldi comprando titoli degli stati così detti “pig” a tassi molto elevati: non è che sia, proprio, un atteggiamento virtuoso e solidale. La Germania ha dimenticato che essere primi della classe ha si dei vantaggi, ma comporta anche delle responsabilità. La Germania pensa di agire “con giustizia”, ma sembra aver dimenticato che se i vincitori della Seconda Guerra avessero ragionato con gli stessi criteri di “giustizia”, il Piano Marshall non avrebbe dovuto esserci. E invece c’è stato. Con le conseguenza che ben conosciamo. Ai tedeschi di oggi bisognerebbe ricordare che hanno accettato di rinunziare al forte marco in cambio dell’assenso (Francese) alla riunificazione tedesca post caduta del Muro di Berlino. Lo stesso e saggio Helmut Kohl ebbe a dire “Molti dei miei cittadini sono contro l’euro, però io voglio l’euro perché, caduto il muro di Berlino, dev’essere chiaro che non vogliamo un’Europa germanica ma una Germania europea” [1]. Chissà cosa pensano i Greci di oggi leggendo queste parole.

Ad ogni modo mi pare che siamo tutti, ricchi e poveri, presi dalla dittatura economico-finanziaria, tutti proprio convinti che si tratti di un problema economico: infatti tutti continuano a parlare solo di questo. E invece non è così, anzi il contrario. E’ invece l’assenza di un programma politico e di obiettivi alti che è causa della situazione di incertezza economica attuale. E’ proprio l’essersi ripiegata sull’euro, sul debito, su questioni puramente finanziare e l’aver messo da parte, volutamente ogni altro progetto politico europeo a essere la causa di tutto questo.

Torniamo alla domanda originaria: perchè siamo insieme? In una famiglia c’è chi guadagna di più, chi meno, chi per niente. Si sta insieme perchè si è una famiglia, perchè ci sono legami che vanno oltre il discorso economico, non perchè conviene.

Adenauer, Schuman, De_Gasperi parlavano tutti e tre il tedesco e lo facevano direttamente e senza intermediari

Guardate questi tre uomini nella foto a destra: non finiremo mai di ringraziarli: bisognerebbe tornare indietro a loro; sono De Gasperi, Schuman, Adenauer che ci ricordano perchè siamo insieme: siamo insieme per garantire pace, giustizia e libertà alle persone di una terra per secoli martoriata da odi fra popoli e nazioni di ogni tipo. Forse oggi una guerra non è pensabile (la globalizzazione, bisogna riconoscerlo, è un ottimo deterrente ai conflitti armati) ma questo non vuol dire che vecchi egoismi e che altre guerre, non armate ma sotto altre forme, non possano svilupparsi se sono gli egoismi a prevalere.

I tecno-politici alla Monti-Merkel-Hollande (inorridisco al pensiero di mettere una loro foto a fianco dei loro illustri predecessori) invece non hanno nessuna alta prospettiva: non sono più politici ma semplici burocrati: sanno parlare solo di spread, di economia, di benessere. Forse non abbiamo capito che le vacche grasse sono da tempo terminate per tutti. E dobbiamo tornare all’essenziale. Questi politicanti eseguono decisioni prese altrove, nessuno sa prese esattamente da chi e soprattutto perchè e con quali obiettivi.

Lo vado ripetendo più e più volte in questo blog: la democrazia si sta appiattendo in occidente, ma soprattutto in Europa, se non troviamo forme ideali, forme altre e soprattutto alte di convivenza e civiltà.

Mi espongo a dare una ricetta in tre punti.

  1. Sul piano ideale: l’Europa deve “darsi” una identità, dei valori intorno a quali stare insieme e che siano la ragione stessa dello stare insieme. Per definire queste basi ideali non si tratta di inventare nessuna pericolosa ideologia. E’ necessario semplicemente guardare alla storia e accettare serenamente, innanzitutto, i propri pilastri e farne il fondamento del proprio stare insieme (ne ho già parlato in un precedente post):
    1. Fondamento della civiltà greco-romana
    2. Fondamento giudaico-cristiano
    3. Fondamento umanista
    4. Fondamento illuminista

    Questi fondamenti sono finalizzati a creare e garantire, ai popoli e fra le nazioni:

    • Pace
    • Prosperità
    • Sviluppo
    • Giustizia
    • Solidarietà

    I fondamenti sono necessari, perchè senza di essi non può esserci condivisione di come realizzare gli obiettivi: anche paesi come la Cina si danno gli stessi obiettivi – o dichiarano di farlo –  ma  le modalità con le quali le realizzano in concreto sono molti diverse perchè diversi sono i valori e i fondamenti storici e culturali.
    L’economia, l’euro e tutto il resto sono dunque  strumenti per realizzare questi obbiettivi, non i fini
    .

  2. Sul piano istituzionale: darsi una chiara struttura federale. Gli stati nazionali, invece di concordare “coordinamenti”, deleghino chiari poteri allo Stato  Federale. Si potrebbe cominciare con poteri limitati ad alcuni aspetti di politica  economica o, ad esempio, unificare la  ricerca scientifica. Ma nel lungo periodo dovrà necessariamente includere altri settori come difesa e politica estera, le ambasciate nazionali all’estero dovranno chiudere.
  3. Rafforzamento democratico: i cittadini europei eleggano un parlamento, che esprima una maggioranza, un governo con un programma politico che si rivolga direttamente ai cittadini. La politica europea deve essere separata da quelle nazionali, non come oggi avviene in cui i parlamentari di Strarsburgo sono goffe appendici ai partiti nazionali. Si potrebbe ipotizzare, anche se non nel breve periodo, anche l’elezione diretta di un Presidente a suffragio universale.

Gli stati che vogliono stare a questo patto ci stiano, e beneficino anche dei vantaggi economici correlati, chi non vuole sia lasciato libero e potrà avere solo una collaborazione economica collaterale con l’Europa.

Per volare alto ci vogliono degli obiettivi alti: finché saremo qui a discutere su come salvare l’euro  non ne caveremo nulla di buono, altrimenti l’euro diventa una pericolosa ideologia, cosa che ha in realtà già rischiato di diventare: infatti è così che viene percepita da larghi strati di opinione pubblica ed è proprio da questo fenomeno che nasce, appunto, molto dissenso anti-europeista: esso ha radici nel grande tradimento di cui sono colpevoli le ultime generazioni di politici. Il tradimento del progetto che i Fondatori avevano in mente e che tutti gli Europei sognavano.

Alcuni lamentano che le forze disgreganti in Europa oggi (vedi Lega Nord in Italia) non permettono di fatto progetti così ambiziosi: c’è da chiedersi piuttosto se questi movimenti non siano invece la causa di una scarsa e poco attraente politica europea. I politici europei devono saper scaldare i cuoi delle persone, con dei programmi, con delle idee, ma per farlo hanno bisogno appunto di quegli ideali che pare abbiano messo in soffitta negli ultimi 20-30 anni. I politici europei abbiano il coraggio di dire ai propri cittadini “in questi 30 anni siamo stati timidi e un po’ miopi. Abbiamo avuto paura, non siamo stati all’altezza della generazione post bellica che ci ha preceduto. Non abbiamo veramente sognato. Per questo pensiamo di aver un po’ tradito le vostre aspettative. Vi chiediamo scusa per questo. Adesso, però è venuto il momento di riprendere quella via…. quella dei Padri Fondatori”. Ecco, mi piacerebbe sentire un politico che parlasse così, oggi, in Europa.

I politici europei dovranno poi affrontare il problema della lingua comune, che in europa non c’è. Ne parlerò in un altro post.

L’Europa può farcela, ma per farcela deve riprendere i passi dei propri Padri Fondatori. Non correre dietro a spread, euro e debiti pubblici, i quali avranno pure una importanza, ma fintanto si guarda solo a quelli siamo come un gigante che si guarda la mosca sulla punta del naso.

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    [1] da  Discorso di Romano Prodi in apertura al Convegno sull’edizione dei dispacci Pacelli, pronunciato a Munster il 24 marzo 2010. Dal suo blog.

     

    Miracolo cittadino

    il traffico a roma è diminuiti; più biglietti del bus e abbonamenti; la benzina a due euro fa miracoli: quello che non si è riuscito a fare in tanti anni, è stato possibile in poche settimane. Frose questi carburanti così cari non sono proprio una cattiva cosa.

    A Roma finalmente il traffico è diminuito! Nei tratti dove, regolarmente, si trovata traffico e code, da un paio di mesi a questa parte la fila non c’è più. L’azienda di trasporti comunale, l’ATAC, registra  +10% di abbonamenti e vendita di biglietti.

    Merito di lungimiranti politiche della mobilità? Merito dell’amministrazione capitolina? Improvvisamente i romani sono diventati virtuosi e si sono innamorati del il trasporto pubblico, costantemente denigrato e bisfrattato? Le belle giornate hanno fatto venire voglia di aria aperta e di non prendere l’auto, anche se poi un bel tratto è fatto nella metropolitana sotterranea?

    Niente di tutto questo. Il merito è della benzina a 2 € !
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    E l’INPS ringrazia

    una anziana si suicida dopo aver scoperto che gli hanno tagliato la pensione di 200 euro. E l’INPS ci guadagna.

    Le riducono la pensione, anziana si uccide “sconvolta dall’ingiustizia”

    “Solo ieri mia madre ha saputo da noi che la sua pensione era stata tagliata di 200 euro. Non sapeva darsi pace, era disperata, la riteneva un’ingiustizia”. E’ quanto ha detto Bruno, il figlio della donna di Gela suicidatasi dopo aver appreso che la sua pensione Inps era stata ridotta da 800 a 600 euro. “Gia’ dopo la morte di mio padre, Giuseppe, invalido al 100% con diritto all’accompagnamento, -racconta l’uomo- l’Inps aveva sospeso la pensione per 6 mesi. (notizia AGI.it) Leggi tutto “E l’INPS ringrazia”

    Povertà vero progresso postmoderno

    Possiamo acquistare un cellulare con 30€. Possiamo anche andare in aereo da Roma a Londra con 30€. Ma fare la spesa al supermercato, anche per chi vive solo, 30€ non bastano. Neanche per un pieno di benzina. Il necessario costa come, o più, del voluttuoso.

    Non è un congiuntura momentanea, come si potrebbe pensare. E’ una situazione strutturale. Durerà. E ci costringerà a cambiare. Speculazioni o no, questo sviluppo non è sostenibile se non entriamo in una nuova mentalità, nell’era della povertà postmoderna. Questa sarà la nuova forma di progresso. Infatti non si tratta ne di tornare a zappare la terra ne alle caverne; anzi, sarà il vero motore del nostro sviluppo, non solo economico ma sociale e umano.

    Molte sono le teorie su come vivremo fra 10 o 20 anni. Quasi tutte fantasiose perchè è difficile prevedere questi sviluppi. Ma una cosa è certa: il nostro modo di vivere dovrà presto essere radicalmente cambiato. Dobbiamo iniziare a vivere nuove forme diffuse di povertà. Povertà non intesa come mancanza di mezzi di sussistenza. Al contrario: una povertà in senso post-moderno è intesa come attenzione, parsimonia e soprattutto cultura del riuso, del riciclaggio, del dare importanza e valorizzare ciò che prima gettavamo con disprezzo; dare importanza a piccoli gesti quotidiani, che sommati, ci fanno risparmiare quel 10% dello stipendio, il che è come se ci avessero dato un aumento. Ma non è in gioco solo quel 10%: è in gioco la nostra convivenza su questo pianeta.

    Gettare un oggetto nel cestino o nel cassonetto, non ha solo un valore pratico, ma ha un valore altamente antropologico: riguarda in modo molto profondo il rapporto relazionale persona-oggetto-ambiente. L’oggetto si compra perchè se ne ha bisogno, si usa, poi questo uso genera rifiuto oppure l’oggetto stesso diventa, dopo l’usura, rifiuto. Diventa ingombrante, scomodo, non utile. Ma cosa è un rifiuto se non oggetto con valore zero?

    Povertà in senso post-moderno vuol dire dare valore a ciò che non ha valore per aumentare il valore della nostra vita. La tecnologia ci aiuterà moltissimo: i pannelli solari diventano sempre più accessibili ed efficienti, le auto meno inquinanti, i contatori di energia più intelligenti, processori e computer sempre più piccoli e intelligenti. Ma tutto questo non basterà. E’ richiesto un nostro radicale cambiamento di mentalità.

    Non solo. Povertà postmoderna vuol dire anche dare meno valore a ciò che veramente ha meno valore. A cosa serve l’imballaggio in cartone della scatola di tonno, se non appena arrivo a casa la butto nel cestino? Solo per la figura del grissino che mi mostra quanto è tenero? Per quanto ancora daremo retta a queste cose? A cosa serve un flacone in plastica rigida per metterci dentro 5 litri di detersivo, per poi gettarlo e ricomprarne un’altro insieme ad altri 5 litri quando tutto questo incide in maniera significativa e inutile sul prezzo finale e spreca inutili risorse? Non poteva quel flacone essere usato 10, 100 volte?

    La condizione di normalità non è quella in cui abbiamo vissuto finora: opulenza e spreco lo abbiamo chiamato ricchezza e progresso e sommando qualunque cosa in un maledetto “PIL” abbiamo erroneamente pensato che tutto ciò che muove soldi concorre al benessere e all’economia. La vera normalità e il vero progresso è essere efficienti, non sprecare ciò che è utile o rendere utile in modo artefatto ciò che non lo è. La natura insegna. Non valorizzare il voluttuoso, ma mantenersi all’essenziale. Questo è il vero progresso.

    Il Marketing e la pubblicità spariranno? Non credo. Dovranno cambiare anche loro, riformularsi su basi nuove. E’ una questione di valori e di obiettivi, non di metodo.

    Cominciamo, per esempio, a lottare contro il PIL e misuriamo l’economia in modo diverso. Questo sarebbe già un passo per il vero progresso.

    Ecco come genereremo ricchezza: con una nuova forma di povertà. Vi suona strano? Rifletteteci

    La furbata di Visco & Co.

    Dopo la curiosa vicenda della pubblicazione online su internet delle denunce dei redditi degli italiani dell’anno 2005, dopo tutte le polemiche politiche seguenti, dopo le denunce delle associazioni di consumatori, dopo l’intervento del Garante, mi sono chiesto:

    ma possibile che quelli della Agenzia delle Entrate fino al viceministro Visco siano stati così cretini? Visco Sarà pure un pregiudicato, ma non è fesso. Possibile che non abbia previsto tutto questo? E poi perché aspettare la fine del mandato?

    Cerchiamo di capire quello che i giornali non dicono: I dati delle dichiarazioni dei redditi sono già di fatto pubblici: chiunque può richiedere presso un ufficio i dati di chiunque. Cosa cambia pubblicarli su internet? Cambiano cose importantissima: (1) la enorme facilità di accesso ai dati e (2) l’anonimato con cui si procede alla consultazione.

    Come avrebbero dovuto fare il sito, i tecnici della Agenzia delle Entrate? Semplice: invece di fare un sistema tipo “motore-di-ricerca” pubblico e ad acceso anonimo, sarebbe forse bastato farlo con un sistema a registrazione obbligatoria con tanto di codice fiscale, documento di identità e invio a casa del codice di sicurezza e password, ovviamente solo ai cittadini italiani: tutte tecnologie banalissime e di facile implementazione per siti istituzionali o bancari. Inoltre, per trasparenza, ogni volta che Tizio accede alla dichiarazione dei redditi di Caio, mi sembra giusto che il signor Caio ne sia informato con un semplice messaggio email dell’Agenzia delle Entrate che notifica che il “signor Tizio ha acceduto alla sua dichiarazione dei redditi in data tale a all’ora tale”.
    Tutti questi accorgimenti avrebbero sia aumentato l’accessibilità dei dati, sia reso trasparente il sistema e tutelato sia chi consulta che chi è consultato.

    Troppo bello, vero?
    Troppo trasparente, no?

    Tutto questo avrebbe facilmente soddisfatto sia la privacy sia i requisiti del decreto approvato a fine gennaio che prevedeva questa pubblicazione e che Visco “diligentemente” e “ingenuamente” ha sostenuto di aver applicato.

    E invece hanno fatto la cosa più cretina che hanno potuto: neanche un programmatore web appena diplomato avrebbe pensato di fare un sistema così stupido: possibile che nessuno nella gerarchia dirigenziale, su su fino al signor Visco abbiamo pensato a una cosa del genere? E’ questa la domanda centrale che nessun giornale serio si fa. Dato che non credo che queste persone siano così ingenue, mi tocca pensar male….

    Penso che sia stata una voluta manovra per affossare definitivamente la cosa: ora che c’è stato il rumore mediatico, nessuno più si azzarderà a ipotizzare di mettere su internet sotto qualsiasi forma nessun tipo di dato fiscale, da qui all’eternità. Un ottimo successo per loro. Questo spiega anche perché fare tutto questo a fine mandato: ci sono poteri che vanno oltre il signor Visco, evidentemente, menti più influenti del povero viceministro: lo dico senza troppa dietrologia.

    I professionisti del terrorismo mediatico conoscono bene i meccanismi isterici della società dell’informazione di oggi e con la connivenza dei giornali e degli organi controllati, la usano abilmente per generare artificialmente quei bisogni che vanno nella stessa direzione che fa loro comodo, così hanno la scusa che “la gente vuole così”. E’ la manipolazione totale. Questo. E’ questo che è accaduto.

    Gli antichi romani dicevano saggiamente: “Cui prodest?“, ovvero “A chi giova tutto questo?”
    Sicuramente a tutti quelli che non vogliono che la propria dichiarazione dei redditi sia consultabile da chi ad esempio fa il giornalista serio, perché ha qualcosa da nascondere.

    Conclusione: L’accaduto è stato un’abile e voluta manovra di Visco & Co. per boicottare il decreto legge che prevedeva quella pubblicazione. Oggi e per sempre.