Hop, hop somarello

Mi è sovvenuto in mente un ritornello di quando ero bambino: “hop hop somarello…”. Una rapida ricerca in internet e…..

Per qualche misteriosa ragione, mi torna in mente il ritornello “hop hop somarello”, una canzone di quando ero bambino. Ricordo che i miei avevano comprato un 45 giri e che ascoltavo spesso questa canzone perchè mi piaceva.

Giusto il tempo di scrivere su you tube “hop hop….” che subito l’autocompletamento trova la canzone giusta. L’artista è Paolo Barabani. Ascolto la canzone di cui ricordavo solo il ritornello e con mia sorpresa scopro pure che parla della Passione Cristo: “che strano”, mi dico, “ricordavo il ritornello, ma niente del testo…”. Evidentemente ero troppo piccolo. Poi vedendo su internet la copertina dell LP (al alto in figura) mi sono tornati alla mente altri ricordi; ma cosa dicesse la canzone proprio non lo ricordavo….

Curioso anche, a distanza di 30 anni, vedere che fine abbia fatto questo quasi-sconosciuto artista che fece un solo, unico album dopo quel Sanremo del 1981 ed ebbe un successo strepitoso, ma poi subito cadde nel dimenticatoio. Dalle stelle alle stalle con la stessa velocità con cui è andato dalle stalle alle stelle. Leggi tutto “Hop, hop somarello”

Donna-animale in Agostino e Wikiquote

La donna è un animale né saldo né costante; è maligna e mira ad umiliare il marito, è piena di cattiveria e principio di ogni lite e guerra, via e cammino di tutte le iniquità.

Venerdì scorso, con questa citazione, esordisce una collega in ufficio che, scandalizzata, dice di averla trovata su facebook e sarebbe attribuita nientemeno che a S. Agostino. La cosa mi ha incuriosito e stupìto, visto che mi considero un ammiratore di S. Agostino, e non mi risulta essere questo il suo pensiero. E’ vero che Agostino, come molti suoi contemporanei, e influenzato da Platone [16], considerasse l’uomo in qualche modo superiore alla donna in intelletto e la donna superiore all’uomo nelle relazioni affettive, ma quella citazione mi sembrava davvero esagerata e fuori dal suo pensiero.

Tuttavia molti, come risposta emotiva ad un cliché ormai consolidato, tendono a considerare plausibile questa citazione. Perchè?

Animato dallo spirito di ricerca, mi sono messo a cercare. Infatti molti siti su internet [1] in effetti fanno la stessa citazione attribuendola proprio a lui.

Ho indagato a fondo e il risultato devo dire è molto interessante, perchè mostra come avvengono certi meccanismi da “gran cassa” sulla rete e in particolare di come viene comunemente sovrastimanto il sito Wikipedia & Co. e usato con leggerezza. Soprattutto quando abbiamo a che fare con argomenti religiosi, politici, etc…

Una breve ricerca ma approfondita, mi conferma che:

  • sul sito augustinus.it [10] [15], che contiene tutto quello che il vescovo ipponiense ha scritto e tramandato, sia in latino che in italiano che in altre lingue, disponibile anche in HTML, quindi indicizzato da google, non esiste nessuna occorrenza contenente le parole chiave di questa frase [2].
  • la pagina di Wikiquote, un’altro progetto affiancato a Wikipedia, alla voce Agostino d’Ippona [3] compare effettivamente la stessa identica citazione, indicata però senza fonte (!).
  • Per maggior scrupolo ho cercato le stesse parole chiavi dove non comparisse “agostino”, per capire se è attribuibile a qualcun altro, ma senza successo [12]. Neanche il potente motore di ricerca GoogleBooks che cerca in valanghe di libri specializzati, fornisce alcun risultato su queste parole chiavi [13] [14].

Vediamo di ricostruire l’accaduto:

  1. Qualcuno inserisce una citazione (evidentemente errata) su wikiquote senza indicare la fonte [3]; vedremo poi come forse egli stesso l’ha presa da qualche altra parte dove la fonte non era indicata. Utilizzando Wikiblame [4] è possibile ricostruire la storia delle voci:
    1. “Versione delle 15:25, 24 feb 2008, autore: Gacio” [5] in cui non è presente la citazione.
    2. “Versione delle 10:12, 19 mar 2008, autore: Nemo bis” [6] in cui invece è presente;
  2. Quindi la citazione è stata inserita proprio da “Nemo bis” il 19 marzo 2008 alle ore 10:12, come conferma il confronto delle differenze [7].
  3. La frase, evidentemente, colpisce l’immaginario collettivo: un cliché comunemente in voga dice che il cattolicesmo avrebbe sempre disprezzato le donne e che anzi è colpa della Chiesa se le donne hanno sempre avuto nella storia un ruolo marginale (come se nelle civiltà non cristiane fosse invece al centro della società). Una frase del genere attribuita a uno dei più grossi pensatori della Chiesa di tutti i tempi, sarebbe l’arma fumante di questo “scandalo”: l’obiettivo vero sono i cristiani e la Chiesa, i perenni cattivi di sempre. Per questo motivo la citazione non passa inosservata e diventa un piatto succulento per chi ha certi pregiudizi; si autoalimenta e conferma ciò che molti “vorrebbero” trovare in giro, e a supporto di questo cliché, la si cita in continuazione e così si diffonde come un virus. Se non è presente la fonte, poco importa: l’importate è che dica quello che a me fa piacere che dica.
  4. La conferma viene anche dal fatto che molti siti facilmente identificabili con google con le funzionalità di ricerca avanzata [8], riportano la frase: ma le pagine sono tutte successive alla data 19 marzo 2008 [1] tranne forse uno: “aforismi” [9], di cui non sappiamo la data di aggiornamento, ed è ancora senza fonte. Questo ci fa pensare che “l’effetto virus” potrebbe essere partito dal sito “aforismi.it”.
  5. Questo “Nemo bis” lo ha probabilmente copiato dal sito “aforismi” in Wikiquote e da qui è “esploso” con una marea di citazioni in giro per la rete in quanto le date sono ancora tutte successive al 19 marzo 2008 [8]; la gente si comporta come se wikipedia e i progetti che gli orbinato attorno, siano affidabili e autorevoli.

Come dicevano in un post precedente “ha ragione chi urla di più”, pare che sia proprio vero. La rete non fa eccezione.

A poco servirà rimuovere da wikiquote la frase erroneamente attribuita a S. Agostino, perché intanto l’effetto virus è stato innescato. E così una falistà ripetuta spesso, finisce per diventare percepita da tutti come una verità, alimentata da quel pregiudizio che ne “stimola” la diffusione, proprio come un virus ha bisogno di un adeguato “brodo” di cultura per potersi riprodurre.

Non facciamoci illusioni: non sono solo i semplici e la “massa ingenua” che scrive su Wikipedia a commettere grossolanerie di questo tipo: infatti quando si è accecati dal pregiudizio, anche esimi professori di Fisica possono prendere imbarazzanti abbagli, come è accaduto con la vicenda della mancata visita di Benedetto XVI all’università di Roma nel febbrario 2008 [11]: anche li c’entrò Wikipedia; ancora una volta non fu colpa di Wikipedia, ma dell’imbelcillità o anzi proprio del pregiudizio di alcune persone.

A me piace Wikipedia: lo ritengo un progetto straordinario, anche se con molti limiti. Proprio perché lo ritengo un bel progetto, mi attiverò comunque per la correzione dell’errore.

Quello che non mi piace sono proprio i pregiudizi: che operano spesso senza che ce ne accorgiamo. Contro la malafede o la semplice superficialità, nessuna legge, nessun regolamento, nessun sistema può evitare l’errore e la menzogna se non curiamo la pulizia della nostra mente, e soprattutto del nostro cuore.

PS: rimango comunque con la curiosità di chi sia questa citazione, se completamente inventata oppure erroneamente “modificata” nel senso e nell’attribuzione. Mistero della rete….

PS2: Non me ne voglia “Nemo bis” se si riconosce in questo post; non è mia intenzione accusarlo di pregiudizio: mi riferivo al meccanismo collettivo che si innesca, e non a singole persone, che non conosco direttamente; si sarà trattato certamente di un atto in buona fede.

[1] Salvataggio ricerca Google su parole chiavi
[2] Salvataggio ricerca Google su augustinus.it su parole chiavi
[3] Voce “Agostino d’Ippona” su Wikiquote alla data di oggi
[4] Wikiblame
[5] Voce “Agostino d’Ippona” su wikiquote, Versione delle 15:25, 24 feb 2008
[6] Voce “Agostino d’Ippona” su wikiquote, Versione delle 10:12, 19 mar 2008
[7] Differenze fra le versioni in [5] e [6]
[8] Salvataggio ricerca Google su pagine precedenti a [6]
[9] Citazione 5725 su aforismi.meglio.it (screenshot di oggi: qui)
[10] Opera Omnia di S. Agostino
[11] che siano però accaduto a dei professori di Fisica, che dovrebbero ben conoscere il valore di sottoporre a verifica certe ipotesi, è ancora più grave e sintomatico. Si veda l’articolo “Copia e incolla da Wikipedia: 67 docenti per un errore”
[12] Salvataggio ricerca Google su parole chiavi, trante “agostino”
[13] Salvataggio ricerca Google Books su parole chiavi – ricerca ristretta
[14]
Salvataggio ricerca Google Books su parole chiavi – ricerca allargata
[15] Motore Tematico in Augustinus.it
[16] si veda la pubblicazione “Agostino – il battesimo del pensiero antico” di John M. Rist, Vita e Pensiero, 1997, pp. 149-152
(disponibile in google book)

Hacker Hood dalla Lettonia


Cito una notizia da PuntoInformatico.it

Lettonia, hack per vendetta
Un attivista locale ha rubato i dati degli stipendi. Li sta rivelando ai media locali per chiedere giustizia in tempi di recessione

[….]

Secondo gli specialisti della polizia non si sarebbe trattato di un cyberattacco ma soltanto di misure di sicurezza non adeguate che sono state adeguatamente sfruttate

[….]

E cosa altro sarebbe un cyberattacco se non esattamente lo sfruttamento di misure di sicurezza inadeguate?


Mi pare strano che una testata informatica riporti certe osservazioni senza neanche commentarle per smarscherarne la debolezza.


Catene su Internet, bufale e superficialità

Sono un informatico di professione e so come certe “catene” vengono spesso utilizzate per diffondere all’insaputa virus,
carpire dati personali, email per lo spam etc…. Il tutto avviene all’insaputa e con la collaborazione “in buona fede” di
tutti quelli che “girano” certi messaggi.
Altre motivazioni sono delle vere e proprie “bufale” che diffondono notizie che sono abili condimenti di verità e falsità. E ripendendone la duplicazione si “diffonde” un certo modo di pensare. Proprio come fa la TV con telegiornali scandenti
cui ormai siamo haimè abituati da tempo.
Come può accadere questo? Il motivo è semplice: pochi, anzi quasi nessuno, va veramente a verificare se
quelle notizie sono vere, e se meritano che noi, in prima persona, ci impegnamo e diamo consenso attivo a certe iniziative.
Spesso infatti basta una ricerca su google, per capire se si tratta di una bufala.
In genere questi messaggi, sembrano verosimili, oppure mescolano verità e mezogne, oppure cercano di colpire la sensibilità collettiva su certi temi. Proprio perchè sembrano innocui e “in buona fede” e proprio perchè il diffonderli ci costa poco, proprio perchè sembrano sempre “una giusta” causa trovano facili consensi e supporti da parte di tutti. Ma con poco spirito critico. E grazie a questi meccanismi si diffondono. E non sempre dicono la verità.
Nel merito del messaggio inviatoci da Deborah per esempio si dice che il Regno Unito avrebbe rimosso l’Olocausto dai piani di studio formativo; questo non è esatto ma viene detto in chiave politica anti-islam.
Se ne parla nel blog specializzato in questo genere di bufale che smaschera tutte queste falsità:
e in particolare qui:
Mi pare che in questo tipo di mail viene strumentalizzata la causa nobile e da tutti condivisa dell’ Olocausto
per ben altri motivi.
Il mio invito non è quello di non inviare catene: se siente convinti e motivati, fatelo pure.
Ma non abbassate il vostro senso critico, soltanto perchè qualcun altro di cui vi fidate ve lo ha inviato (perchè se tutti
fanno così il senso critico generale si abbassa e tutti ci rimettono, a vantaggio di chi vuole farci credere qualunque cosa)
fatelo con cognizione di causa, e assicuratevi prima direttamente e in prima persona che quello che
viene detto corrisponde a verità, sottoponendola a verifica. Se non siete sicuri o non vi va di approfondire
perchè non avete il tempo , vuol dire che infondo la cosa non vi motiva davvero: cestinarla è la cosa migliore.
In generale, il mio invito è quello di cestinare ogni catena a meno che non siate convinti di ogni dettaglio in esso contenuto
e se non abbiate verificato personalemente il contenuto di quello che si dice. Girare una email la pensiamo come una operazione stupida “che infondo” ci costa poco, qualche secondo al massimo. Ma l’atto che facciamo è un sostegno a delle idee, proprio come lo era un tempo scendere in piazza a fare una manifestazione politica. Riflettiamoci e non abbassiamo la guardia.
Il sito
si occupa proprio di smascherare questo genere di bufale: dare una occhiata a questo sito prima, spesso aiuta: scoprirete che certi messaggi vanno in giro da anni e anni su internet….. indisturbati e raccontano tonnellate di fandonie.
Fabrizio

 

Tutti pazzi per Facebook

E’ davvero il fenomeno del momento [1]. Ma a me facebook non convince. Non mi ha mai convinto.

Sia chiaro: è bello, interessante…. simpatico e teconologicamente fruibile. Una bella tecnologia.

Ma non mi piace questo modo disinvolto di gestire le informazioni private. E’ vero che l’utente può gestire le proprie informazioni private decidendone la politica, ma il sistema da questo punto di vista è molto carente. Ad esempio tutti possono vedere la lista dei miei amici (a patto che essi abbiano deciso di rendere pubblico il proprio profilo in tale contesto). Questo tiene conto del fatto che siano solo loro a dover decidiere circa questa visibilità. Ma la mia rubrica degli indirizzi, costituisce un aspetto importante dei miei dati: anche io dovrei poter decidie se renderla pubblica o no; ma questo non è possibile. E così tutti possono vedere che tipo di gente “frequento” anche se non l’ho mai vista in vita mia; peggio possono vedere che tipo di gente “frequentano” le persone che io “frequento” (e che io non conosco neanche virtualmente!). Qualcuno potrebbe farsi una idea sbagliata e pregiudizievole su di me, sul tipo di “amicizie” che ho: magari sono persone che non conosco veramente, mentre nella vita “vera” frequento tutt’alte persone. Ma chi dovesse “per caso” vedere il mio profilo (datore di lavoro ad esempio? o il padre della mia fidanzata?) potrebbe farsi una idea completamente errata di me. Perchè è un mondo virtuale, non reale. Tutto questo avviene senza il mio controllo e senza che io ne sia a conoscienza. Non posso neanche decidere se e chi può accedere a queste informazioni.

Non è possibile cancellare completamente le proprie informazioni da facebook, neanche se ci si disiscrive completamente: infatti le relazioni confermate come “amicizie” rimangono per sempre. Le amicizie che accettiamo vanno a formare una struttura matematica chiamata grafo [3] che costituisce il vero valore economico di un social network. E possibile solo creare relazioni (archi del grafo) con l’accettazione di una amicizia, ma non distruggerle, perchè altrimenti ogni persona che si disiscrive da facebook “spezzerebbe” un cammino del grafo, cioè la “catena”, cosa per loro sconveniente e inaccettabile, in quanto distrugge la loro ricchezza.

Frequento la rete internet da molti anni: non mi sono mai curato molto della mia privacy: è possibile trovare il mio numero di cellulare con una semplice ricerca con google e questo non mi disturba. Ma facebook mi ha lasciato perplesso fin dall’inizio: infatti pur essendo iscritto e aver confermato qualche amicizia, non lo faccio più da tempo nonostante i miei amici si lamentano che non accetto le loro amicizie da mesi.

Non solo. I paradossi e l’ipocrisia delle denunce e censure: censurano le foto delle mamme che allattano i bambini (cosa assolutamente naturale) mentre lasciano dei gruppi che inneggiano a Toto Rina e Provenzato [3]. Tutto questo in nome della libertà di espressione di una società per giunta libera da pregiudizi sessuali (dicono!) [4]. E invece ipocritamente pare che siamo sensibili e ci scandalizziamo solo a questioni sessuali: più che moderna questa società sembra ancora più bigotta e medioevale di quando anni fa in molti erano veementemente accusati di bigottaggine: qualcosa non mi torna; basta sfogiare i giornali per rendersene conto. Le notizie di strane storie di violazione della privacy si susseguono sempre di più [5] e non sono solo notizie da giornale o da gossip: penso che siano ragioni molto serie.

Il confine tra libertà e tutela della privacy è davvero incredibilmente lebile. Non credo a facebook. Non credo a questo modo di usare la rete. Penso che sia un fenomeno passeggero, una bella moda… ma non se non verrà profondamente rivisto…. non durerà a lungo. Un social network generalista come facebook se non si rinnoverà, morrà. Diverso discorso, invece per i social network tematici, dove delle comunità di riuniscono per scopi ben precisi, come ad esempio Linked In [6], orientata a condividere contatti per scopi professionali. Non penso che davvero tutti siano disposti a mettere in piazza così tanti aspetti della propria vita per così tanto tempo in un ambiente così affollato e popolare. Vedremo come andrà a finire. Intanto penso che mi disiscriverò: così i miei amici la finiscono di lamentarsi….

Mi pare che un grosso manager di Oracle disse una volta “nell’era dell’informazione la privacy è una mera illusione”. Posso anche starci che con l’avvento dell’era di internet forse dobbiamo rivedere alcuni aspetti del nostro modo di renderci visibili, ma a tutto c’è un limite.

[1] http://www.guardian.co.uk/technology/2008/jan/14/facebook
[2] http://it.wikipedia.org/wiki/Grafo
[3] Facebook e la selezione della censura
[4] Facebook: i pazienti non hanno privacy
[5] Facebook scoppia la coppia!
[6] http://www.linkedin.com/

Pasolini e Internet

Ho visto e rivisto questo video ben 3 volte su “Pasolini – I Medium di Massa”, da un intervista di Enzo Biagi. Come si vede chiaramente dal video, era largamente incompreso ai suoi tempi; ma oggi ci appare davvero come una profeta: sembra che Pasolini stia parlando ai giorni nostri. Eppure sono passati decenni.

Nel frattempo è arrivata Internet: cosa direbbe oggi Pasolini su questo straordinario media di nome Internet? Sono sicuro che lo affascinerebbe enormemente… direbbe certamente che Internet, al contrario della TV, trasforma lo spettatore in operatore, protagonista, attore, giornalista, etc…. in una parola in un protagonista. Voi che ne pensate?

Guardate il video e riflettete.

Latinorum «3th millennium style»

C’è una simpatica e vecchia storia che gira su internet da molti anni, nota come Le «Palle dei Topi»: molti di voi certamente ne avranno sentito parlare. Si tratta di un simpatico equivoco linguistico dovuto al fatto che [1]:

…il mouse dei computer si chiama in francese «souris», in spagnolo «raton», in tedesco «maus» e solo noi, invece di chiamarlo «topo», lo chiamiamo «mouse».

Gli americani della IBM non lo sapevano e hanno tradotto un po’ troppo letteralmente un loro manuale di istruzioni distribuito in tutte le filiali del mondo, tra cui quella italiana…

….è un memorandum, realmente distribuito agli impiegati di tutte le filiali statunitensi IBM (nelle intenzioni di chi lo ha scritto è assolutamente serio, la traduzione è stata fatta dagli americani per gli impiegati della IBM Italia).

Potete leggerla cliccando qui; nulla di strano infondo: è la solita storiella dell’equivoco linguistico quando si traduce troppo letteralmente un testo.

Da qualche anno in italia non si traducono più neanche i titoli dei film [2] il che ha fatto anche nascere un dibattito [3]. Proprio in questi giorni alcuni titoli di film al cinema sono: American Gangster, Alvin superstar, Into the wild, Aliens Vs. Predator 2. Sul fronte opposto anche strafalcione traduzioni come Se scappi, ti sposo (Runaway Bride), Prima ti sposo poi ti rovino (Intolerable Cruelty), Se mi lasci ti cancello (Eternal Sunshine of the Spotless Mind), Ti odio, ti lascio, ti… (The break up), Una top model nel mio letto (La doublure).

Al di là dell’aspetto pragmatico per cui si traduce o non si traduce (manterne il senso linguistico, praticità, moda…) c’è un aspetto sociologico per cui fra gli italiani in particolare negli ultimi anni va sempre più di moda manterene e estremizzare l’uso dell’inglese, anche quando infondo non serve.

Secondo me ci sono due ragioni, entrambe per nulla positive:

  1. un fondamentale complesso d’inferiorità che ci caratterizza rispetto ad altri popoli: pensiamo sempre che ciò che viene dall’estero è migliore. è “più fico”, più “trendy”… fondamentalmente ci sottostimiano e così se vogliamo dare un look qualitativo a qualche cosa… pensiamo che sia meglio che sia importato e che questo sia evidente. Questa sensazione non è certo inventata: è un effetto dovuto a cause altre che sono certamente vere: sappiamo di non essere il massimo; il punto è che i sistemi sociali sono anche sistemi complessi [4] e quindi retroattivi [5], e allora ecco l’effetto diventa anche con-causa: un aquila che si crede un pollo non riuscirà mai a volare [6].
  2. un atteggiamento snobista, tipico italiano: l’inglese sta diventando come il latino nel medioevo e nei secoli passati: una fattore di discriminazione sociale. Così come Don Abbondio e il dottor Azzecca-garbugli potevano confondere Renzo con il loro “latinorum” [7], oggi chi sa l’inglese può vantare maggiori possibilità di distinzione sociale: può leggere, comprendere e comunicare come altri non possono fare. Qualcuno potrebbe obiettare che oggi la scuola e le possibilità sono per tutti: è vero, ma ne mia zia ne la signora del piano di sopra sanno l’inglese; e questo è un fatto. Si e no il 10% della popolazione può leggere e capire un articolo in inglese. Se poi è un articolo tecnico la percentuale scende. C’è uno snobismo, neanche tanto latente, sia fra classi sociali che generazionale (quante volte vediamo figli prendere in giro i genitori perchè pronunciano male certe parole?). E questo non è solo un fenomeno italiano: in un mondo globalizzato solo gli stati a madrelingua inglese ne sono immuni.

Qualcuno afferma che per l’Italia si tratterebbe anche una tendenza dovuta alla storicamente tragica esperienza fascista, quando l’ideologia andava esattamente nella direzione contraria: tutto doveva per legge essere linguisticamente italianizzato, perfino i cognomi. Non sono d’accordo con questo punto in quanto nonostante possa essere una ragione, la moda del non tradurre e del dogma “inglese=fico” è solo degli anni recenti e non ha riscontro in quantità e fenomenologia nell’immediato dopoguerra. Inoltre i tedeschi, che hanno avuto simile e ancora più tragica esperienza nel nazismo, non sono affetti oggi dalla nostra stessa febbre.

L’inglese in particolare è associato nell’immaginario alla modernità, allo sviluppo, all’economia liberale e dinamica, a internet, alla ricerca scientifica… a tutti concetti che associamo a sviluppo e futuro che proprio non riusciamo a vedere nel giardino provinciale di casa nostra, perchè infondo non c’è.

Non dico certo che bisognerebbe cambiare le cose… ma riflettere su quello che accade e del perchè accade, si!

Ci siamo battuti tanto per passare dal latino come lingua colta usata solo dalla classe dirigente in nome di quella libertà figlia dell’illuminismo e dare finalmente spazio alle lingue nazionali: oggi stiamo tornando verso un altro latino. Stiamo tornando indietro? Ci aspetta un nuovo oscurantismo? In quanti si pongono questa domanda seriamente? [8]

Qualcuno potrebbe obiettare che questa è solo una fase transitoria e che presto tutti sapranno l’inglese… è solo questione di tempo. Ne siamo davvero sicuri? Io vedo giovani sotto i 20 anni che non sanno l’inglese meglio di quanto lo sapevo io a 20 anni e vedo i bambini che non lo sanno meglio di quanto lo sapevo io a 10 anni…..

[1] tratto da qui e molte altre pagine su internet
[2] I titoli dei film dovrebbero o no essere tradotti?
[3] Le orribili traduzioni dei titoli in italiano
[4] http://it.wikipedia.org/wiki/Sistema_complesso
[5] http://it.wikipedia.org/wiki/Retroazione
[6] Anthony De Mello – Messaggio per un acquila che si crede un pollo
[7] «Che vuol ch’io faccia del suo latinorum?» (Renzo a Don Abbondio, I Promessi Sposi, cap. II)
[8] Latinorum & Inglesorum

No Giornali!

Va di moda parlare di caste. In questi giorni il blog di beppe grillo attacca con il suo solito modo tagliente, la casta dei giornali [1] [2] [3] [4] [5] [6] [7]: finanziamenti pubblici, libertà di stampa, etc..

Tutti temi interessanti e sacrosanti per una società libera e civile quale ci piace definirci – o illuderci di esserlo.

Bisogna però analizzare meglio i problemi e capire i dati. E’ facile per Grillo fare la voce grossa.

Un amico giornalista di una grande testata nazionale mi diceva che i giornali si reggono grazie a 5 entrate:

  1. prezzo in edicola
  2. contributi pubblici
  3. pubblicità “normale”
  4. pubblicità occulta: società o soggetti interessati pagano il giornale per inserire notizie di loro interesse per esempio con pubblicità gonfiate e altri intrallazzi (esempio pagamenti a società collegate all’editore)
  5. pagamento in rosso dell’editore: come mai molti sono interessati ad acquistare per cifre mostruose il controllo di queste società editoriali anche se non fanno utili o ne fanno molto pochi? Controllare l’informazione da vantaggi in altri campi e interessi indiretti a chi ha le mani in pasta in tanti ambiti economici e finanziari

Solo grazie a queste entrate un giornale grande come il Sole, Il Corriere, Repubblica possono reggersi. Anche per giornali minori o locali è la stessa cosa.

Il giornalista concluse: sai quanto dovrebbe costare in edicola un giornale per coprire i costi se si reggesse solo su prezzo di copertina e pubblicità? Dai 4 ai 5 euro a copia! Chi li comprerebbe? Inoltre se il prezzo di copertina aumenta, i lettori diminuiscono e gli incassi per la pubblicità pure, il che farebbe ulteriormente lievitare il prezzo di copertina innescando un circolo vizioso etc… Non c’è modo di tenere in piedi un giornale in modo economicamente sostenibile. Non si spiega economicamente come mai negli ultimi anni tutti questi gruppi editoriali hanno investito tantissimo con i portali su internet che sono solo ulteriori costi, a fronte di incassi pubblicitari praticamente ridicoli. I giornali non fanno impresa. Fanno opinione.

Triste realtà. Ma viviamo in un mondo complesso! Ora mi chiedo: non è che negli USA, in Germania, in Francia la carta costa meno o i giornalisti li pagano zero: come fanno? Possibile che siamo sempre noi italiani a doverci sputare addosso? O il problema non è solo italiano?

Forse la soluzione non è chiedere che vengano chiusi i finanziamenti pubblici; la soluzione è non comprare più i giornali. Io ormai da anni mi documento solo grazie a l’informazione libera. Su internet. E’ più attendibile e ti fai la tua opinione. Non quella che altri hanno deciso.

Aborto, Ferrara e Lenin

Abbiamo un campione contro l’aborto: Giuliano Ferrara.

Una grande carriera [1]: sessantottino contestatore a Valle Giulia, responsabile fabbriche” del PCI nel ’73, craxiano negli anni ’80, berlusconiano a fine anni ’90, “teocon” nel nuovo secolo. Oggi la Chiesa italiana, non trova altri interlocutori “laici” e lo considera utile alla sua causa in quanto “non credente” che però difende una identità “cristiana” e, in ultimo, ha avuto l’astuta intuizione della moratoria contro l’aborto [2]. Peccato che pare essere l’unico “laico” a pensarla così. E per questo non tanto credibile. La realtà è che il pensiero laico in Italia è morto (anzi… è morto il pensiero, sempre che un tempo sia esistito) ed è fermo alla retorica di 40 anni fa.

Nel frattempo in India, dove i problemi sono altri, Lenin Raghavarshi, un ateo, comunista attivista per i diritti umani, un tipo con le vere palle, sostiene argomenti simili, ma più calzanti e credibili:

“La cosa più ridicola e assurda è suggerire che l’aborto è una soluzione alla fame, perché permette il controllo sulla popolazione. In più la concezione – così tipica delle agenzie Onu – che la sovrappopolazione è il pericolo maggiore alla salute di una nazione non ha proprio alcuna base di verità… In realtà il mondo dovrebbe guardare con urgenza ai temi socio-economici e politici per eliminare fame, povertà, miseria fra la gente […] Alla base di tutti i diritti umani vi è il diritto a vivere. […] La comunità internazionale deve comprendere che il problema maggiore è la non equa distribuzione delle risorse. In India abbiamo questo grave male sociale dell’aborto selettivo [dei feti femminili]. Sono contrario a questa pratica in modo assoluto. È anzi allarmante che in India e in Cina si proceda all’uccisione delle bambine: ciò dà adito a squilibri fra uomini e donne, che produrrà pericoli per il futuro delle nazioni. Dobbiamo sostenere il diritto alla vita dell’embrione fin dal seno materno”. [3]

Caro Ferrara, non potevi rimanere comunista e continuare a usare la bella testona che hai per il bene di tutti e al servizio della ragione (come invece fa Lenin – e il suo nome non suona ironico?), invece che al servizio della tua pancia, che è già abbastanza grossa?

Propongo a Bagnasco [4] di invitare il comunista indiano Lenin come “testimonial laico” contro l’aborto, piuttosto che appoggiarsi all’ipocrita nostrano Ferrara, anche a testimonianza del fatto che in Italia laici credibili e coraggiosi proprio non ce ne sono.

La ragione umana e la credibilità non hanno colore.

[1] Giuliano Ferarra @ Wikipedia.it
[2] varie notizie di stampa. per esempio: La7 e Google
[3] da notizia da Asianews, 2008-01-14
[4] card. A.Bagnasco, Presidente della CEI