Sentenza anti-aborto: cattive notizie, buone notizie

Osservazioni circa la sentenza della corte Suprema negli USA che ha ribaltato la precedente Roe v. Walde, che 50 anni fa aveva reso l’aborto un diritto costituzionale federale

Onestamente capisco poco di leggi, corti supreme, sistemi istituzionali, e soprattutto quelli statunitensi che mi paiono davvero strani: non capisco ad esempio come una Corte Suprema possa ribaltare una sua propria sentenza precedente, non capisco come certe corti possano essere politicizzate fino a quel punto, insomma non capisco molte cose e, da europeo, mi trovo poco a mio agio con quelle logiche. Ma andiamo avanti.

Provo a dire perchè secondo me dietro questa sentenza c’è qualche cattiva notizia e qualche buona notizia.

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Aumento spese difesa? Esercito Europeo? Spiegato bene, sintetico

Perché dobbiamo dire no all’aumento delle spese 2% del PIL in difesa e invece dire si ad un esercito europeo?
O meglio ad una Europa sovrana e democratica, ovvero federale?

Premesso che ognuno di noi sogna un mondo in cui non vi siano non solo più guerre ma semplicemente non vi siano più spese necessarie per la difesa, va anche considerato che, purtroppo, non possiamo pensare che da oggi a domani questo sia possibile, quindi nel frattempo dobbiamo continuare a spendere in eserciti. Se non lo facciamo noi lo faranno altri per noi; ma quando sarà il momento di decidere saranno loro a farlo. Noi europei non abbiamo mire egemoniche come invece Russia e USA.

In Europa spendiamo già una marea di soldi in difesa, quasi come USA, e più della Russa. Perché aumentare la quota?

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BoJo mi fa cadere un mito… o un pregiudizio?

Le parole di Boris Jonhson mi sconcertano.

La Repubblica titola:

Johnson, da noi più contagi che in Italia perché amiamo la libertà: e in Parlamento scende il gelo

Come al solito titoloni acchiappa click che non corrispondono al contenuto: Johnson infatti non ha citato l’italia, ha invece detto:

c’è una importante differenza fra il nostro Paese (UK) e gli altri Paesi del mondo. Ossia che il nostro è un Paese che ama la libertà.
Se guardiamo gli ultimi 300 anni di storia praticametne ogni progresso, dalla libertà alla democrazia è arrivato da questo paese. Ed è davvero difficile chiedere alla popolazione britannica di obbedire uniformemente alle linee guida nel modo necessario.

Ora… passi pure l’auntoincensamento sulla gloria storica del paese britannico come “culla” della democrazia e delle libertà: certamente ha un fondamento, anche se forse non così esagerato come dice il Premier.

Ma da Italiano sono vittima dello stereotipo abituato a pensare l’Italia come paese di persone individualiste e fondamentalmente anarchiche, non rispettose delle regole sociali e delle leggi, e ho sempre visto “i nordici”, e quindi anche i Britannici, all’opposto: come modelli di comportamento sociale, di senso civico e di rispetto delle regole (tutto il contrario dell’Italia). Sentire queste parole di Johnson sulla propria gente mi lascia sconcertato e mi fa crollare un ‘mito’… o forse un pregiudizio?

Una preghiera per l’Europa

9 maggio: 70 anni dalla “Dichiarazione Schuman”

Questo non è un papa europeista.

E’ un papa chiaramente federalista: unità nella diversità. (ha usato la parola federalismo esplicitamente in altre occasioni).

Lui, certo, non è sospetto di essere colluso con le “caste tecnofinanziarie di Bruxelles e di Wall Street“. Ma ha capito più di molti altri cosa davvero è in gioco: la democrazia di questo continente, lui che viene da un altro continente. La storia non torna indietro, va avanti.

E’ in arrivo l’Europa, fase II

E’ ormai chiaro che una nuova Europa si affaccerà all’orizzonte dalle ceneri di questa UE.

Come l’Italia non fu fatta a furor di popolo (e nessuno stato nazionale lo fu) ma da élite carbonare con processi non sempre lineari, e solo molto tempo dopo, divenne popolo con fatica, e poi di recente una democrazia… così anche l’Europa non nasce a furor di popolo, perchè un popolo europeo – ora – non esiste, ma grazie alle crisi; come questa crisi; sante crisi!

Mai si crea prima un popolo e poi le istituzioni, ma sempre il contrario; se non si ha lo spazio politico nel quale crearlo, non posso avere un popolo, quindi una opinione pubblica, una “polis”.

Sappiamo quali forze in gioco hanno governato la contorta formazione fino ad oggi (“fase I” – sopratutto recente da Maastricht in poi) di questa UE: con quali freni e quali accelerazioni; dunque la prossima battaglia non sarà sulle scene delle politiche nazionali, ma sarà rendere questa nuova entità autenticamente democratica.

Ciò che chiedono i federalisti da sempre è divenuto oggi semplicemente inevitabile ed è ora fortemente accelerato: la formazione di un debito proprio, ovvero di un bilancio proprio, una fiscalità propria proprie, ovvero di quello che mancava fino adesso per essere una entità politicamente compiuta: una sovranità condivisa e soprattutto delle chiare competenze proprie.

Quando questo sarà realizzato si aprirà la “fase II” ovvero la battaglia per far si che questa nuova entità, nata sulle ceneri del COVID-19 e della UE intergovernativa, dominata da dinamiche intra-statali perverse con interferenze indebite fra Stati, possa finalmente essere anche popolo e vero spazio politico, sopratutto anche democrazia, altrimenti rimarrà in mano ai poteri opachi che conosciamo; questi fino ad oggi si sono giovati di tante piccole democrazie (gli stati nazionali) formalmente “sovrani”, ma di fatto ormai epurati e monchi, con grave danno per tutti i cittadini.

Non possiamo pensare di non esserne capaci come Europei: abbiamo tutte le carte in regola, sia storiche che spirituali (che vanno ovviamente rinvivate); ma non credere a questa nostra capacità farà il gioco del potere globale opaco che ci vuole come tanti stati “sovrani” ma senza sovranità europea, oppure “uniti” con pure una sovranità europea, ma senza democrazia: per loro è lo stesso: serve a continuare a fare e disfare a loro gusto.

La nuova battaglia sarà dunque ad un altro livello: uniti nella sovranità condivisa (principio trinitario del’ “uno e il diverso” [1]) ossia uniti nella diversità – che a parole è oggi il motto europeo, ma nei fatti non lo è mai stato); realizzare così la la vera sovranità [3]: quella integrale, che non appartiene a nessuna entità politica, ma solo alla persona: vera sovrana di se stessa in una polis multipla e sempre più connessa e complessa in questo mondo che tende all’unità.

Mentre tutti parlano di coronabond, di MES senza aver capito cosa sta accadendo per davvero: credo si stia avvicinando l’ora di un vero manifesto per una nuova Europa che apra alla oramai imminente “fase II”, che prevedo che si avvererà nel 2021.

Ho avuto conferma oggi di queste idee dal discorso della Van der Layen al Parlamento [2] si parla un budget di 3 triliardi (e forse anche molto di più) e deve essere gestito dalla MFF (cioè dal bugdet europeo), il che vuol dire che questo deve aumentare di decine e decine di volte.
Questo vuol dire trasformare l’attuale ridicolo bilancio europeo in qualcosa di simile a quello di un vero stato: non solo per magnitudo, ma sopratutto per modalità di finanziarsi: non più come ora, con i contributi degli Stati membri che vista la crisi, non hanno soldi.

Quindi: debito, tasse e BCE; dovranno riformare la BCE, ovviamente. La citazione a metà discorso di Spinelli della Van der Layen (per la quale non nutro comunque particolare stima personale – è una politicamente mediocre come tante) dice chiaramente in che direzione stiamo andando (pur senza nominare la parola “federalismo”, evidentemente tabù). Se quello che dice la Van der Leyen si realizza, l’unione federale è fatta.

Nessuno può finanziare questo programma se non la BCE, con buona pace di chi diceva no ai coronabond, o qualcosabond che dir si voglia….come ha fatto giustamente notare in questi giorni ‘Gabo’ Gabriele Guzzi [3] nel suo canale, tutti gli economisti sono diventati di botto keynesiani! E cosa vuol dire questo?

Quello che non hanno saputo fare queste generazioni mediocri e insulse di politicanti europei negli ultimi 30 anni, lo ha fatto il COVID-19 obbligandoli a fare quello che non hanno voluto fare per così troppo tempo, per mancanza di visione e di vedute, intrisi di mercantilismo e intenti solo ad ascoltare le banche. Lo faranno per ancora un po’, ovviamente.

Ma passata questa fase emergenziale che fa da parentesi fra la Europa fase I (tutto ciò che è stato finora) e la fase II: ovvero davvero fare l’Europa e gli europei.

Dovremo essere molto creativi, molto; perchè sarà tutto da fare.

Sarà bellissimo almeno provarci; spero riuscirci: per i miei figli.

PS: prevedo anche che – a breve – tutti gli stati UE vorranno entrare nell’Euro! Ovvio… mica si faranno sfuggire l’occasione…

[1] Denis de Rougement, l’Uno e il diverso, Edizioni Lavoro, 1995
[2] lo speech completo https://ec.europa.eu/commission/presscorner/detail/en/SPEECH_20_675
[3] ne ho parlato in un precedente post “Articolo 1: «popolo sovrano»? oppure «la sovranità appartiene al popolo»?”

Come la Lega difende lo status quo in Europa dicendo di volerla cambiare

Ho ascoltato questa intervista di Marco Zanni, europarlamentare della Lega (ex M5S) e ho preso appunti. Sarebbero molte e lunghe le mie osservazioni critiche, ma mi soffermo per sintesi solo su due passaggi.

Le «radici giudaico-cristiane»

La questione annosa dell’identità Europea e la questione delle così dette “radici cristiane”: Zanni dice che va riconosciuta “l’Identità e le radici giudaico-cristiane” (dal 1’15” in poi) che non sarebbero state valorizzate in passato. A mio avviso è una questione mal presentata, e quindi la risposta anche è problematica. Se si fa la battaglia ideologica di voler riconoscere tale identità in senso difensivo ed esclusivo (come mi pare faccia la Lega e non solo), è un tema completamente fuori dal tempo e perciò anche fuori dal futuro dell’Europa. Tuttavia anche la loro esclusione risulta antistorica ed ideologica: il riconoscimento di una vera identità Europea ha senso solo se affiancata dagli altri tre pilastri dimostrati dalla storia (ricordo gli appunti a suo tempo inviati dal caro Paolo Ponzano): praticamente tutti gli storici concordano mi pare nel ritenere che essi siano: (1) pilastro greco-romano (2) pilastro giudaico-cristiano (3) pilastro dell’umanesimo (4) pilastro dell’ illuminismo. Non è possibile escludere nessuno di questi senza fare una qualche scelta forzatamente ideologica e quindi errata: è ideologico quindi rivendicare il (2) senza gli altri (come sembra fare Zanni) ma anche rivendicare gli altri tre volendo escludere il (2) (laicismo radicale antireligioso). Giusto quindi rivendicare il (2), ma solo se insieme agli altri tre.

Ho parlato approfonditamente di questo argomento in un vecchio post di dieci anni fa.

PS: ho usato il termine “pilastri” invece di “radici” perchè ritengo sia una immagine più positiva, che sottolinea il “sostenere” piuttosto che il “rimanere aggrappato a…” come fanno appunto le radici. La radice è una immagine purtroppo ambigua: da un lato ha il significato positivo del “nutrirsi” essere cioè la fonte del nutrimento dell’albero; dall’altra però evoca immobilismo, stare fermi senza muoversi e senza abbeverarsi ad altre fonti. Nella stessa Bibbia il termine è usato sia in senso negativo che positivo: perchè si può essere “radicati” tanto nel bene quanto nel male; il Cristo la usa raramente e nelle sue tante immagini a sfondo agricolo, predilige parole come “frutti”, “tralci e viti”,  “fondamenta” (più simile ai pilastri appunto). Lui stesso era molto critico verso le autorità religiose gelose di certe “radici”, in realtà discutibili.

Esiste l’interesse europeo? O può essere anche creato nell’interesse di tutti?

Il secondo argomento riguarda il tema dell’ interesse europeo: prima Zanni afferma che in tema di politica estera (dal minuto 6’39” ) dice che non è possibile ipotizzare una difesa europea perchè i paesi hanno interessi diversi (riferimento per esempio alla politica nel mediterraneo vedi il disastro della Libia) poi più avanti afferma: «E’ chiaro che Trump fa gli interessi degli Stati Uniti come noi dovremmo fare gli interessi dei nostri paesi» (da 15’05” in poi) e anche se non dice interesse dell’Europa, implicitamente ammette che c’è un interesse europeo. Qui però si vede la miopia politica: come può esserci un interesse solo economico senza anche un interesse geopolitico e quindi di difesa e sicurezza? Su questo punto dobbiamo completamente ribaltare la frittata: prendiamo ad esempio i padri fondatori dell’Europa: Esisteva forse un «interesse europeo» quando fu fondata la CECA? E l’Euratom? No… c’era invece una volontà strategica (=”che guarda al futuro”) che voleva evitare altri disastri ai figli e ai nipoti di allora: cioè noi. Ci sono riusciti, visto che siamo qui a raccontarcelo. L’interesse europeo si è venuto a creare dopo che si è creato l’organismo politico sovranazionale, non prima. Esso non è nato da un interesse incombente e pragmatico del momento, ma da una visione di ampio respiro sul futuro, sulla pace , su temi non strettamente economici o mercantilistici, come invece oggi si va per la maggiore nel discorso europeo, diciamo da dopo Maastricht in poi. Il motivo del disastro sulla Libia, della non volontà politica estera davvero unificata deriva da una mancanza di visione delle nostre leadership come invece avevano i padri Fondatori. Insomma: quale Europa riformata promette la Lega se continua su visioni puramente mercantilistiche e di convenienza del momento? E poi la convenienza del momento coincide con la convenienza delle future generazioni? I politici di oggi guardano al massimo a prospettive di 5-6 anni al massimo 10. I padri fondatori guardavano ai decenni, se non i secoli.

Ho più volte affermato che La Lega è conservatrice in Europa e difende cioè lo status quo: dice di voler cambiare l’Europa ma non dice come; facendo un adeguato fact-checking delle loro interviste si può facilmente dimostrare che in realtà difendono una Europa solo attenta gli interessi del mercato interno e basta. Solo mercantilista insomma. La stessa che criticano a gran voce. Prima c’era il loro grido di “Roma ladrona”, ora la colpa è dell’Europa: serve sempre un qualche nemico a chi vende fumo, a chi si alimenta di tante frustrazioni non soddisfatte, producendo solo io egoico; saggiamente ce lo illustra una simpatica poesia dialettale di Trilussa:

ER NEMMICO

Un Cane Lupo, ch’era stato messo
de guardia a li cancelli d’una villa,
tutta la notte stava a fa’ bubbù.

Perfino se la strada era tranquilla
e nun passava un’anima: lo stesso!
nu’ la finiva più!

Una Cagnola d’un villino accosto
je chiese: — Ma perché sveji la gente
e dài l’allarme quanno nun c’è gnente? —
Dice: — Lo faccio pe’ nun perde er posto.

Der resto, cara mia,
spesso er nemmico è l’ombra che se crea
pe’ conservà un’idea:
nun c’è mica bisogno che ce sia.

Europee 2019: candindati per una europa democratica e federale (Italia Centrale).

Segnalo alcuni candidati per le Elezioni Europee di varie formazioni politiche che hanno sottoscritto il manifesto “Per un’Europa federale sovrana, democratica e sociale”  che in sostanza chiede:

(1) Completamento dell’ unione economica (2) Politica europea coerente in materia di immigrazione e asilo (3) politica estera e di sicurezza europea (4) bilancio europeo mediante risorse europee (5) Lotta contro il cambiamento climatico (6) processo decisionale europeo democratico mediante una vera federazione di stati nazionali.

Purtroppo molti di questi temi non sono in carico al Parlamento Europeo, perché sono gli Stati e non il Parlamento a modificare i trattati Europei che tutti vorremmo diversi; però il Parlamento europeo può fare molto per promuoverli.

La politica può essere fatta anche senza partigianerie di partito, che purtroppo vediamo sempre più urlanti nei talk show e nei TG, ma anche con programmi condivisi trasversalmente: è l’unico modo per mettere fine a questa Europa ora incomprensibile e inconsistente, schiava di processi burocratici, senza una vera anima politica, ne di popolo, in pratica senza una vera democrazia.

Ecco dunque la lista, in rigoroso ordine alfabetico per cognome, divisi per partito politico, ho aggiunto a margine alcune note biografiche molto sintetiche con un rimando a siti personali per approfondire.

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Paraguay: dal commercio equo e solidale ai SUV americani, passando per Kyoto

Testimonianza diretta e considerazioni a valle di una chiacchierata riguardo le cooperative agricole in Paraguay. Il commercio equo e solidale non sempre realizza i sogni di questa gente; La conversione a soia trasgenica devasta l’ambiente, piuttosto che tutelarlo come asserisce il famigerato protocollo di Kyoto. Anche la cultura e le tradizioni ne vengono ferite.

Calendario di una cooperativa di contadini per la produzione di zucchero di canna in Paraguay
Calendario di una cooperativa di contadini per la produzione di zucchero di canna in Paraguay

A casa di una cugina di famiglia, qui in Paraguay, mi ha attirato l’attenzione questa immagine (cliccarci sopra per ingrandire), che ho fotografato da un calendario in casa.
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Je Ne Suis Pas (Exactement) Charlie

je-suois-charlieTraduco dall’inglese un articolo che ho trovato in rete e che condivido, e provo a spiegare perché secondo me lo slogan “je suis Charlie” scelto dopo i tragici e gravissimi fatti di Parigi, se da un lato vuole sintetizzare una emozione, uno sdegno più che giusto, anzi sacrosanto, dall’altro non è proprio una scelta così felice, perché infondo infondo i motivi per dissentire da una tale adesione ci sono eccome. Possono essere diversi, da quello ideologico di un Le Pen, che afferma che quel giornale non aveva alcuna morale politica in quanto anarco-trotskista e perché aveva chiesto lo scioglimento del suo partito, il Fronte Nazionale. Non mi paiono proprio delle ragioni alte…. ma solo per dire che ce ne possono assere anche di molto diverse dalla mia sensibilità. Se ne possono trovare molte altre in rete, ma quella più seria e acuta, mi è sembrata essere l’articolo di Remy M. Maisel [1] «Je Ne Suis Pas Exactement Charlie» [Non sono (esattamente) Charlie]; sottotitolo: «why I condemn the killings in Paris—but don’t endorse the mockery of Islam», cioè: perchè condanno la strage di Parigi – ma non approvo la derisione dell’Islam.

Devo dire infatti che l’espressione “je suis Charlie” è un po’ infelice perché si presta anche a una interpretazione per cui chi vuole esprimere il giusto sgomento per un atto così barbaro, finisce per approvare o far credere che possa approvare anche il contenuto e le modalità con le quali questo giornale aveva deciso di esprimere la libertà di stampa. Nel mondo mussulmano hanno trovato mi pare uno slogan più condivisibile ed efficacie: not in my name.

Traduco dall’inglese [2] omettendo alcuni passaggi, troppo legati alla realtà statunitense: (la traduzione non è ovviamente rivista ne approvata dall’autore). In colore marrone ho messo i passaggi della cui traduzione non sono sicuro oppure che non condivido personalmente. I grassetti sono miei.

[Inizio traduzione]

L’attacco terroristico al giornale satirico francese Charlie Hebdo ha portato una diffusa condanna della violenta repressione della libertà di parola, così come il supporto generale per il concetto di satira. Ma mentre è giusto che la nostra disapprovazione alla violenza sia incondizionata, forse dovremmo esaminare il particolare tipo di satira di Charlie Hebdo, prima che tutti noi cambiamo le nostre foto nei nostri profili e  dire “Je suis Charlie“.

Anche se va da se che nessuno dovrebbe sentirsi o essere minacciato per aver esercitato il proprio diritto alla libera espressione, indipendentemente da quello in cui si crede, ad ogni modo diciamolo comunque. Nonostante la nostra predilezione nel beffarci dei francesi e mangiare troppe patatine della Libertà [gioco di parole intraducibile: “patatine francesi” negli USA vuol dire “patatine fritte”, NdT], l’America e la Francia sono nati con ideali simili, e si aiutavano a vicenda grazie alle rivoluzioni che ci hanno generato. Quindi la libertà di parola e di stampa è un ideale illuministico che le nostre nazioni condividono. Come la citazione famosa attribuita erroneamente a Voltaire Disapprovo quello che dici, ma difenderò fino alla morte il tuo diritto di dirlo“. E, infine, è da considerare nobile il desiderio dell’editor di Charlie Hebdo Stéphane Charbonnier dimorire in piedi [piuttosto] che vivere in ginocchio , che ha espresso dopo la che pubblicazione fu incendiato nel 2011.

Là. Lo abbiamo detto. Terroristi cattivi. Charlie Hebdo buona. Je suis Charlie. Nous sommes tous Charlie.

Ma lo siamo davvero? Charlie Hebdo è un settimanale che contiene vignette e contenuti che sono noti per essere molto irriverenti ed estremamente antireligiosi. Pubblica una sorta di satira, ma di che tipo? È vera satira, o è pseudosatira? E qui sta una distinzione importante.

La vera satira ha solo benefici, contribuendo a mantenere una democrazia funzionante, incoraggiando il pensiero critico e un ragionato impegno politico e sociale. Soprattutto negli Stati Uniti, la satira ha avanzato largamente il nostro dialogo politico ed ha educato il nostro elettorato. […]

[…]

Non tutto ciò che si autoproclama satira è veramente tale.

La satira americana è uno spettro graduato, e all’estremità opposta di spettacoli come The Daily Show vi sono spettacoli come South Park e Family Guy. Essi sono spesso divertenti e usano lo stile ironico della vera satira come The Daily Show, ma non hanno un intento focalizzato. Sono puro intrattenimento, e sempre a spese di chi viene deriso. Ad esempio, mentre Stephen Colbert (un devoto cattolico) deride l’abuso di autorità religiose, South Park prende in giro solo il religioso, o il concetto di religione.

Ed è quello che Charlie Hebdo fa tipicamente. Spesso, l’obiettivo delle vignette di Charlie Hebdo sono le persone che sono caricaturate e ridicolizzate; è semplicemente il religioso. Altre volte, l’obiettivo è chiaro, l’ultimo Tweet prima che l’attacco è stato un cartone animato del capo dell’ ISIS che offre desideri di vacanza politicamente corretti. I musulmani già affrontano la discriminazione in Europa come in America e prendersi beffa di loro non è ne coraggioso ne benefico. Le vignette hanno rappresentato tutte le religioni, ma il porsi come una trasgressione per pari-opportunità è anche parte di ciò che lo rende un generatore di pseudosatira. Non c’è proprio niente di coraggioso su secolari uomini bianchi che deride tutti gli altri. Non si può satirizzare l’ intolleranza essendo intollerante.

La vera satira, che dovrebbe essere sana e benefica, deve essere distinta da quello che nei termini di Russell Peterson è la semplice presa in giro nella pseudosatira. La vera satira non tira mai colpi verso il basso; l’obiettivo deve essere sempre qualcuno in una posizione alta, sopra il satirico, non qualcuno con meno privilegi. Così, mentre potrebbe essere divertente, alla pseudosatira mancano i benefici sociali della vera satira, che comprendono una maggiore consapevolezza politica e l’impegno tra i telespettatori. Invece, la pseudosatira promuove il cinismo, l’apatia, l’ intolleranzaproprio quelle cose che la vera satira combatte.

Parte di ciò che ha reso The Colbert Report così notevole è stata la sua capacità di creare coinvolgimento pubblico attraverso la satira, spesso utilizzando i social media. Ad esempio, Colbert HA incoraggiato gli spettatori a unirsi a lui in tweeting nello stile del senatore Chuck Grassley utilizzando #IGotTheTweetsLikeGrassley per evidenziare la relativa inefficacia dei repubblicani al rafforzamento delle relazioni con gli elettori attraverso i social media. Ma non abbiamo bisogno sempre di essere sollecitati da un professionista. Durante lo shutdown del governo degli Stati Uniti, il pubblico ha preso a Twitter per postare #ShutdownPickupLines che hanno evidenziato sia il ridicolo della situazione e il modo in cui essa comprometterebbe cittadini medi, con il valore aggiunto di essere divertente.

Per Charlie Hebdo è famosa, tra le altre cose, la pubblicazione di una serie di vignette danesi raffiguranti il profeta Maometto, la Vergine Maria con il naso di un maiale e un cane di fare sesso con il presidente francese Francois Hollande. La pseudosatira usa ironia e umorismo in molto simile alla vera satira, ma con differenze cruciali che alterano drasticamente l’effetto al momento della fruizione. La maggior parte delle paure infondate che le persone hanno sulla satira, e il fatto che i giovani sembrano preferire al mainstream, i metodi tradizionali di consumo di notizie, sono in realtà i timori di pseudosatira e il cinismo e l’intolleranza si riproduce. Questo è quello che Charlie Hebdo, francamente, fa spesso.

 [fine della traduzione]

Un’altra considerazione che mi sovviene è che, no Charlie Hebdo, non rappresentata affatto i valori illuministi, che anzi sono i primi a essere stati da loro traditi (e non voglio mancare di rispetto alle povere vittime). Ancora più tradito è proprio il dogma transalpino di Liberté, Égalité, Fraternité. Chissà perchè tutti i giornali parlano oggi (basta dare una sfogliata in giro) solo di violazione della Libertè. Il motto ci ricorda che le tre cose vanno insieme: non si può reclamare la libertà schiacciando e umiliando la dignità dell’altro quando questo altro è un tipo-umano generico (e non un potente come ci fa giustamente notare il blogger statunitense): insomma Charlie Hebdo reclamava solo una libertà a senso unico, ma di fatto non vuole prendere sul serio altri pilastri e finiva per disstruggere e minare proprio la Fraternité che la  societas necessita per un sano convivere civile. E non voglio certo insinuare “se la son cercata…”: i fatti di Parigi sono scontatamente di una gravità tale che neanche voglio troppo soffermi a puntualizzarlo, visto che di inchiostro ce ne è già abbastanza. Infondo nell’emozione del momento lo slogan siffatto, per sintesi ed efficacia immediata, si può pure tollerare. Ma è appunto una tolleramza, la mia, più che una piena adesione.

Ma anche su questo che oggi dobbiamo interrogarci: per ora tutti continueranno a dire “Je suis Charlie” a causa della forte onda emotiva. Ma poi, dopo la sbornia, verrà il momento della riflessione.

L’Europa sta tradendo i suoi più alti principi: lo sta facendo contro il meglio che l’illuminismo ci ha dato. Figuriamoci poi se vuole prendere sul serio altri pilastri, come per esempio quello giudaico-cristiano, contro l’inserimento del quale in una bozza di Trattato per una Costituzione Europea, proprio la Francia ha dato aspra e ideologica battaglia, negando ogni evidenza storica.

I i miei cinque lettori, che ne pensano?

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    troppo lungopoco chiaronon ci avevo mai pensato
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    [1] Remy M. Maisel è un blogger e co-autore, con Sophia A. McClennen, di Is Satira Risparmio nostra nazione? Derisione e American Politics (Palgrave 2014).
    [2] con l’aiuto del traduttore di Google Translate.

    Quando le «nozze gay» è già roba vecchia

    Gli omosessuali in belgio chiedono ora la maternità surrogata, l’utero in affitto con rimborso spese per la gestante,

    matrimonio-gayLeggo online che all’indomani dell’ormai sancita legge sul matrimonio omosessuale in Francia, che nel vicino

    Belgio l’associazione per i diritti degli omosessuali Homoparentalites ha presentato oggi, per la prima volta in Europa, una proposta di legge per la maternità surrogata, meglio conosciuta come utero in affitto. La norma riguarderà eterosessuali, omosessuali e single. Previsto un rimborso spese per la gestante. [1]

    Scommetto che sono già pronti a etichettare come omofobo chi si opporrà a questa mercificazione dell’essere umano. Leggi tutto “Quando le «nozze gay» è già roba vecchia”