Carlo Calenda: Il Patto, e oltre

Ho iniziato a leggere “Il Patto” di Carlo Calenda; e ho finito per leggerne anche altri

Uno come me, che è: un elettore non assiduo, ma comunque pentito, del PD; che non ha mai letto di questi libri di uomini politici; che avrebbe votato sempre molto volentieri qualcosa di alternativo alla dicotomia destra-sinistra; che ricorda quando ero giovane l’entusiasmo generale per la nascita del “bipolarismo” e di cui oggi mi sento pesantemente deluso; che ha iniziato a votare da un po “Azione” sebbene alcune scelte politiche del suo leader risultino poco intellegibili e comprensibili.

E così ho deciso per queste feste natalizie di leggere per la prima volta nella vita uno di questi libri, nella speranza di capire meglio cosa anima questo partito politico. Pensavo di trovarci, visto anche il titolo, la solita disamina della politica vista ovviamente da chi sta all’opposizione con qualche proposta alternativa per il futuro; e qualche frecciata agli avversari politici; siccome dai social e dalle notizie in generale non mi era chiarissima la visione di Azione e del suo segretario, ho pensato che approfondendo con la pacatezza e l’argomentativa che ogni libro obbliga a seguire mi avrebbe aiutato a capire quanto questa forza politica è in linea con quello che penso. Ghostwriter o no avrà comunque revisionato quello che ha scritto, e comunque se ne assume la responsabilità in prima persona.

Non ho trovato quasi nulla di quello che mi aspettavo, ma per me è stata una felice sorpresa. L’analisi è ampia e ad ampio raggio, ripercorrendo la storia della cosi detta prima e seconda repubblica.

La posizione è quella di un liberal democratico che però sceglie in modo deciso scuola e sanità pubblica; e non per ragioni meramente economiche ma sistemiche; si affronta solo marginalmente problemi economici e si fa a fondo a scavare nelle ragioni sociologiche, antropologiche di una comunità, quella italiana che davvero bisogno di ritrovare se stessa. La responsabilità non è della politica, ma della società nel suo complesso che la politica esprime.

Critica feroce alla cancel culture e ad altre tendenze autodistruttive tipiche della sinistra così come al populismo di destra e al berlusconismo che continua a sopravvivere nella cultura e nella percezione di molti italiani sebbene la morte dell’omonimo leader. Critiche anche forti al sistema mediatico e giornalistico italiano che sebbene in caduta come tutto l’occidente, è in condizioni peggiori rispetto al resto d’Europa.

La tesi di fondo è che l’Italia per uscire dall’impasse in cui si è andata a infilare ha bisogno di un nuovo patto repubblicano in chiave neo-mazziniana abbandonando la logica destra-sinistra che ha davvero stancato e che finisce sempre per radicalizzare sempre più il dibattito svuotandolo di contenuti.

Da federalista europeo quale sono ho potuto apprezzare chiara la collocazione euro-atlantista dell’Italia, con preferenza per la prima componente piuttosto che la seconda. Chiari i ferimenti ai padri fondatori dell’Europa, ma il valore di questa dimensione sembra essere più di opportunità e di comunanza di valori che non per un vero progetto per una soggettività politica Europea, che viene comunque invocata ma appena accennata e per nulla sviluppata seriamente quanto dovrebbe come “comunità di destino”.

Ad ogni modo la profondità e vastità dei problemi fa di questa visione una visione veramente trasversale: è molto impopolare oggi dire che il problema dell’Italia sono gli italiani che devono cambiare come pre-requisito per cambiare davvero l’azione politica. Molto impopolare perchè è un progetto che richiede almeno una generazione: non sarò certo io a vederne eventualmente i frutti e neanche Carlo Calenda. Nell’individualismo e nella retorica politica imperante da talk show fatta con stile da pescivendoli è un faro di saggezza davvero lodevole, e uno sforzo notevole. Con una buona dose di coraggio.

Preso dalla sorpresa e ammirazione per un tale inaspettata veduta ho letto anche “La libertà che non libera” che analizza con una certa acutezza le finte libertà che la stagione neo-liberale post muro di Berlino ci ha abituati, comprese certe rivendicazioni dei “diritti” senza per questo sfociare in retoriche reazionarie. Ne condivido pienamente la visione. Ora sto leggendo anche “I mostri” e poi passerò a leggere “Orizzonti selvaggi”. E avrò chiuso il cerchio. Se una lettura merita, merita.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *