unioni civili: laicamente un disastro, religiosamente una vittoria

mie impressioni pesonali sul “ddl Cirinnà” sulle unioni civili. Una doppia riflessione: la prima laica e negativa, la seconda religiosa e positiva.

fediIl DDL Cirinnà è passato. Esultano i paladini della libertà e del progresso.

A parte i pastrocchi legali [1] che comunque si potranno correggere, spero, con qualche legge successiva, è evidente che lo scopo di questo decreto era incassare una vittoria politica, fatta di slogan e poca sostanza, non certo incasellare la casistica complessa della legislazione del diritto di famiglia in una nuovo coerente quadro giuridico. Ma tant’è….

Nell’impianto generale della legge si introducono due nuovi “assetti” familiari: le unioni civili (UC) e le convivenze di fatto (CdF).

Vorrei affrontare qui due punti di vista, uno Laico, l’altro Religioso. Tralascerò il discorso sulle “unioni fra persone dello stesso sesso” per pura sintesi, perché meriterebbe un discorso molto complesso, a parte. Leggi tutto “unioni civili: laicamente un disastro, religiosamente una vittoria”

Abbiamo confini, non limiti

un cartellone a Roma recita “Libero stato del Gay Village. Abbiamo confini, non limiti”.

gayvillage-cartellone

Davanti a una scuola ho fotografato questo cartellone (cliccare sull’immagine per ingrandire). E’ una campagna pubblicitaria del Gay Village.
Mi ha colpito il messaggio che questo manifesto vuole trasmettere. Mostra abbastanza chiaramente quali sono i presupposti culturali e ideologici di questo “mondo”. Il mondo gay, che è appunto una agenda politico-economico-culturale, e non rappresenta gli omosessuali tout-court. Leggi tutto “Abbiamo confini, non limiti”

Lettera Aperta alla “Precisina”

Lettera Aperta alla “Precisina”

il sito della mia intelocutrice (http://1310bijoux.blogspot.it)

Auguri innanzitutto per i suoi 40 anni (più un mese e qualche giorno).

Le sue affermazioni che ho trovato qui (nickname The Precise One commenti numero #9 e #14) mi sembrano gravi e mi ha colpito in quanto rivolte in modo generalizzato verso un particolare gruppo religioso; viste le recenti tristi (e reali) vicende della Chiesa di quel paese, non mi pare che in questo momento quella chiesa abbia bisogno di fantasie per poter essere criticata.

Ma siccome penso che lei sia una persona seria… e precisa, confido che certe affermazioni gravi lei le sappia documentare.

Lei dovrebbe spiegare In che modo questa applicazione talebana avrebbe causato l’arretratezza della ginecologia irlandese…può farlo? Soprattutto in che modo pratico si attuerebbe tale “applicazione talebana” e che le relazioni precise ha con tutte le gravi limitazioni della medicina ginecologica di quel paese. Leggi tutto “Lettera Aperta alla “Precisina””

80 giorni con la suocera

La suocera fa il giro del mondo e viene a stare fra noi per due mesi e mezzo…. cosa penserà il mondo politicamente corretto? Il dogma sociale impone delle regole: bisogna adeguarsi. Ma forse non è detta l’ultima parola…

Nei periodo natalizio passato alle solite domande “ma che fai questo Natale…?” rispondevo candidamente: “verrà a trovarmi mia suocera verso l’inizio di dicembre e starà con noi circa tre mesi….”  aggiungendo un sorriso sincero e qualche dettaglio del perché e percome….visto che viene dal Sud America.

Ogni volta, puntualmente, i poveri malcapitati rispondevano con le solite battute commiserate alla “non ti invidio certo” oppure con espressioni schifate, o toni scherzosi con un misto fra condoglianze e compassione. Già la suocera è, per definizione, il diavolo incarnato, l’ultima persona che uno desidererebbe avere tra i piedi: è un dogma sociale, un atto di fede in cui tutti, ma proprio tutti, credono fermamente. Perché? Perché lo dicono tutti, ovvio. E se lo dicono tutti: la TV, la gente, i film, le barzellette: dunque deve essere così. Leggi tutto “80 giorni con la suocera”

Steve Jobs: santo laico o idolatra virtuoso?

Dopo la morte di Steve Jobs e il tanto clamore mediatico, come vedere le opere che questo uomo rappresenta con gli occhi della fede? Può essere definito un “santo laico”? Le sue virtù sembrano avere molte interessanti analogie con la fede cristiana e la testimonianza dei santi. Eppure non tutto sembra brillare, qualche dubbio viene.

Della morte di Steve Jobs se ne è parlato molto. Anche da un punto di vista della fede cristiana. In questa prospettiva ne ha parlato, tanto per fare qualche nome Famiglia Cristiana, Antonio Socci, La Bussola Quotidiana.  Condivido in particolare, per profondità di pensiero, il post sul blog di Antonio Spadaro, che ha rimarcato come la sua visione della vita e della morte sia assolutamente non banale. Per chi ha fede è non banale proprio perché detto da un non credente.

Al di la di certe polemiche, ci sono comunque parole (soprattutto nel ormai famoso discorso “siate affamati, siate folli”)  che possono suonare come vicine ad atteggiamenti simili a quella di certi santi. L’uomo credente non può non vedere in quelle parole  molti molti elementi cari proprio alla fede. Leggi tutto “Steve Jobs: santo laico o idolatra virtuoso?”

Una madre vera per una storia vera

Chiara “Luce” Badano e il volto di sua madre

Aggiornamento: vedi seguito nel post “La varecchina di Dio” (25.09.2010).

Venti anni fa a Chiara, una bellissima ragazza di 17 anni, unica figlia di due genitori, simpatica, amata da molti, le viene un giorno diagnosticato un tumore osseo e nel giro di pochi mesi…. muore.

Sua madre, tempo dopo, racconta davanti le telecamere sorridendo quella esperienza come felice e gioiosa. Leggi tutto “Una madre vera per una storia vera”

Libertà e felicità

Vendere un qualcosa con lo slogan della libertà è sempre un buon affare. Ma a cosa serve la libertà?

A essere più felici, dicono. Se la società e le leggi ci offrono più possibilità, ovvero ventagli di scelta quanto più ampi, allora dovremmo essere più felici. Dicono.

Una società più libera sarebbe tale tanto più è ampio il numero di “scelte” che l’individuo può fare: che rapporto c’è fra (questo tipo di) libertà e la felicità?

Siamo tutti d’accordo che la tirannia, il regolismo, la violazione della dignità umana, mortificano la nostra libertà e di conseguenza anche la nostra felicità.

Ma davvero più libertà di scelta ci da sempre e comunque, ipso facto più felicità? Se si, da quali dati sarebbe dimostrato? Se no, ha senso allora invocare sempre più libertà intesa come “avere maggiori possibilità ti scelta”? E che cosa allora ci rende davvero più felici?

Avere più scelte (o averne troppe) non può aumentare il disagio, lo stress e l’incertezza dovuto proprio alla scelta? Ovvero: serve davvero avere più scelte se poi non coltiviamo i parametri per poter effettuare certe scelte?

Il pensiero liberale radicale risponde a questa domanda asserendo che la legge (dello Stato) dovrebbe occuparsi di ampliare questo ventaglio di scelte mentre invece i criteri per orientare queste scelte debbono essere obiettivo del singolo, coltivando le propria filosofie, religione, etc…. In questo modo, dicono, saremo tutti più felici. Ma quali sono i presupposti di questa impostazione? Risposta: le scelte del singolo non sarebbero (o non dovrebbero essere) influenzate dalle scelte degli altri; l’uomo è visto come essere non gregario, un individuo senza relazioni in cui le scelte degli altri non lo influenzano mai. Purtroppo non è così: non tutte le persone e non in ogni circostanza sono così indipendenti o hanno voglia di esserlo in tutto e anzi la mancanza di dipendenza li fa sentire più soli, e più infelici. Pensare diversamente è segno di una falsa antropologia umana, perché non sorretta dalla realtà concreta e reale, ma solo idealizzata su ciò che si vorrebbe che l’uomo fosse (cioè sempre forte, indipendente e senza condizionamenti di nessun altro) e non su ciò che è veramente è (a volte debole, influenzabile, indifeso, non sempre sicuro di se).

La libertà intesa come “maggiore scelta” non rischia forse di essere poco rispettosa per quelle persone che, a causa dei loro limiti personali, intellettuali, culturali, si trovano in seria e imbarazzante difficoltà di dover fare una certa scelta? Insomma qualcuno potrebbe “non voler fare una scelta” ma potrebbe sentirsi più rassicurato e più felice se la collettività si fa carico di una certa scelta che egli non vuole prendere. Se a qualcuno questo ragionamento puzza di paternalismo, mi mostri piuttosto in che modo si può dimostrare, dati alla mano, che le società così dette “più libere” sono anche le più felici. Implicherebbe un poter “misurare” la felicità: ma si può fare?

Chi difende i “diritti” di queste persone? Nessuno mi pare: non certo i paladini della moderna libertà che ci vendono continuamente il dogma per cui:

“maggiori scelte”=”più libertà”=”più felicità”

E’ indubbio che nel corso dei secoli abbiamo sempre più guadagnato “libertà di scelta”, ma allora perché siamo sempre infelici come lo eravamo un tempo? L’uomo di oggi è veramente più felice di uno del medioevo? La domanda non è così innocente e semplice e la risposta non è così scontata. Oggi ad esempio i dipendenti sono “obbligati” a lavorare 8 ore al giorno. E nessuno si sognerebbe che non debba essere così. Chi si rifiuta può essere licenziato, indipendentemente dal lavoro svolto. Nel medioevo il contadino mezzadro rendeva si conto al padrone o al suo signore, ma lo faceva solo alla fine dell’anno con la raccolta: era impensabile che il signore obbligasse il contadino ad alzarsi ad un certo orario o lavorare in certi momenti o a controllare cosa facesse durante la giornata. Forse oggi un contadino del medioevo, con i suoi parametri, vedendo gli operai nelle moderne fabbriche o uffici, li vederebbe come massa di schiavi e penserebbe forse, che infondo infondo lui è più libero.

La felicità, non è un valore, ma uno stato: esso dipende invece dai valori, dipende cioè da che cosa è veramente importante nella nostra vita. Se percepiamo che nella nostra vita stiamo soddisfacendo l’esigenza dei nostri valori, allora siamo felici. Altrimenti siamo meno felici. La felicità, infondo, è dare senso a quello che facciamo. Dare senso alle scelte che facciamo.

E cosa c’entra questo con la libertà? Infondo c’entra perché siccome l’uomo moderno percepisce la libertà di scelta come un valore, allora si sente più felice se ha maggiore libertà. Tuttavia questo modo di concepire la libertà, impone di fatto delle scelte (in un senso o nell’altro) anche a chi avrebbe fatto volentieri a meno di scegliere. Con conseguente autocontraddizione: per essere più liberi, alcuni vengono resi meno felici.

Io, per esempio, potrei non volere il diritto di scegliere l’eutanasia, perché temo di poter fare una scelta sbagliata in un momento di debolezza mia o di sofferenza per i miei familiari. Come si concilia questa “libertà di scelta” con la mia felicità di oggi?

E ancora: in una società plurale, dove i valori possono essere diversi, come si può legiferare con un sistema inteso come bene comune in modo da non mortificare la felicità di qualcuno?

Sento di avere molte domande e poche risposte: sono confuso, tante cose non mi tornano…. e voi, vi sentite così sicuri con certi dogmi in stile moderno?

Forse dovremmo interrogarsi più seriamente su quale è il nesso fra “la felicità” e il “problema del senso”, che evidentemente nessuna legge può risolvere.