Salvezza da che cosa ?

Twitter ispira domande serie. Dalle esternazioni di MedBunker sul vino alle domande più serie di ‘Cristiano’. Da che cosa dobbiamo essere salvati?

Un paio di thread su Twitter mi portano a una riflessione più ampia per cui ho bisogno di più spazio e parole per argomentare meglio. Oltretutto una domanda – che ho avvertito come sincera – di un certo ‘Cristiano‘ mi ha indotto a fermarmi, meditare un poco, spendere qualche minuto in più per esprimermi. E lo ringrazio di questa opportunità.

Tutto è partito da una mia reazione – ad essere onesti polemica – al seguente tweet di un certo “Federico Ronchetti” che reagiva – a sua volta polemicamente – a un titolo di stampa (come al solito travisato dai giornalisti, ma sorvoliamo) sul “testamento spirituale” di Benedetto XVI (reperibile integralmente sul sito vaticano).

https://twitter.com/bzimageit/status/1609346347500544001?s=20&t=Y4YDH0qDoms0mfW0-fMTYg

In questo passaggio il Ronchetti mal comprendeva il concetto di “fallimento della scienza” di cui (avrebbe) parlato Benedetto, confondendolo con il metodo sperimentale che fa leva, anche e soprattutto, su fallimenti e approssimazioni successive che consentono l’avanzare della conoscenza secondo il paradigma scientifico moderno.

Oltretutto il defunto pontefice non ha usato quell’espressione, anche se il senso poteva starci, se però adeguatamente contestualizzato. In Italia il giornalismo ci ha purtroppo abituato a dei virgolettati completamente reinventati dai giornalisti, con le conseguenze che ben possiamo immaginare: vengono messe sistematicamente in bocca alle persone parole che non hanno detto. C’è da chiedersi perchè allora usino il virgolettato se le parole sono reinterpretate dal giornalista, ma su questo ci vorrebbe un post a parte.

Vediamo intanto cosa veramente Benedetto ha scritto nel passaggio che il giornalista ha reinterpretato in quel modo:

Spesso sembra che la scienza — le scienze naturali da un lato e la ricerca storica (in particolare l’esegesi della Sacra Scrittura) dall’altro — siano in grado di offrire risultati inconfutabili in contrasto con la fede cattolica. Ho vissuto le trasformazioni delle scienze naturali sin da tempi lontani e ho potuto constatare come, al contrario, siano svanite apparenti certezze contro la fede, dimostrandosi essere non scienza, ma interpretazioni filosofiche solo apparentemente spettanti alla scienza; così come, d’altronde, è nel dialogo con le scienze naturali che anche la fede ha imparato a comprendere meglio il limite della portata delle sue affermazioni, e dunque la sua specificità.

(Benedetto XVI, Il mio testamento spirituale, Agosto 2006 reso noto il giorno della sua morte 31.12.2022)

Dunque il pontefice emerito si riferiva al fallimento non della scienza, ma di un certo pensiero pseudoscientifico (usa infatti l’espressione “sembra che…”) che ammaliandosi di razionalità pretendeva – dall’illuminismo in poi e per tutto il XIX secolo, di falsificare tout-court la fede e i sui argomenti – soprattutto con l’ausilio delle scienze esatte e con una esegesi biblica basata su criteri esclusivamente storiografici – pensando di poter prima o poi essere in grado di dimostrare definitivamente la non sussistenza o infondatezza della fede stessa: in particolare quella cristiana che ha la pretesa di avere, nella figura del Cristo, un fondamento storico preciso. Questo non solo non è avvenuto, ma anzi le scienze naturali non hanno fatto che moltiplicare le domande di fondo rimanendo aperte tutte le domande esistenziali (teorie fisiche della Relatività, fisica quantistica per prime) mentre l’esegesi biblica anche fondata storicamente ha finito per confermare la fondatezza della chiave interpretativa della gran parte dei dati di fede, oppure li ha irrobustiti mediante una adeguata purificazione e reinterpretazione del concetto stesso di rivelazione (dei Verbum, Concilio Vaticano II). “Fondatezza della fede” non va presa come affermazione in senso scientifico-razionalista come se una retta ragione pretendesse di avere un ragionamento o di una dimostrazione razionale della fede: per il credente è infatti solo necessario che la ragione “non falsifichi” propriamente la fede, ovvero che lasci aperto uno spazio, un accesso, una “finestrella sufficiente”, per credere quella fede. La ragione può invalidare la fede solo quanto ha degli argomenti veramente robusti e inconfutabili per negarla, ma non può confermarla. Può solo lasciare uno spazio libero, comunque necessario per non rendere una fede irragionevole (fondamentalismo).

Così sono dunque da interpretare le parole del titolista di giornale che parla di “fallimento“: anche se Ratzinger non parla mai di “fallimento” ne tanto meno “della scienza” ma appunto denuncia e demistifica un pensiero filosofico-ideologico che ha tentato di usare la scienza per la propria agenda. Questa agenda, dice il pontefice, possiamo considerarla oggi fallita, anche se alcuni continuano a insistere con quegli argomenti; ma è indubbio che il loro tono è molto più ridimensionato e meno potente di quanto lo fosse decenni addietro, a causa del fatto che il positivismo razionalista, sebbene goda di importanti influenze pregresse stratificate nella cultura, ha ormai sempre meno spazio non solo nella filosofia, ma anche fra molti scienziati non certo credenti: la fede non è affatto messa all’angolo, ma è ancora qui con le sue domande e le sue questioni aperte.

Nel mio tweet di replica, che segue, ho cercato brevemente di sintetizzare questo concetto e un altro utente a firma “Cristiano” risponde garbatamente con una domanda da un fantastiglione di euro:

Già: salvezza da cosa?

La domanda si fa grossa assai. Impossibile rispondere esaustivamente, ma tentiamo comunque di farlo con qualche argomento spicciolo, a tentoni, senza troppe pretese, ma senza scadere in banalità e frasi fatte.

Partiamo un poco alla larga, prendendo spunto da un altro tweet di questi giorni di un noto “debunker” che si fa chiamare appunto @MedBunker, un ginecologo che da anni è impegnato su internet a sbufalare tutte le false credenze in medicina e che apprezzo moltissimo, e seguo, per il suo instancabile lavoro di corretta divulgazione scientifica (molto bello il suo blog medbunker.it). Come però fanno molte di queste persone, che credono molto nella scienza, finiscono a volte per crederci troppo. Cosa vuol dire? Vediamo un esempio, anche se un po’ banalotto.

Il nostro debunker reagiva a un tweet polemico di Matteo Salvini che polemizzava definendo “gravissima” l’iniziativa de l’Unione Europea che vorrebbe proporre l’imposizione su vino, birre e liquori di un’etichetta che li identifica come “pericolosi per la salute” (un po’ come avviene per le sigarette):

https://twitter.com/bzimageit/status/1614259060219543553?s=20&t=Y4YDH0qDoms0mfW0-fMTYg

Come si evince dalla mia risposta, facevo notare che l’aspetto puramente biologico-medico-chimico della questione è solo uno delle variabili: vi sono anche in gioco questioni sociologiche, culturali, molto diverse da paese a paese che dovrebbero essere prese in considerazione allo stesso modo, invece di pretendere di uniformare il tutto sotto la luce singola di un’unica variabile.

Popoli diversi hanno leggi e regole diverse perchè hanno culture, valori, comportamenti e convenzioni differenti: non si può affermare che una certa scelta sia moralmente superiore (come sembra supporre il nostro debunker) solo perchè sia “scientificamente fondata”. Quando invece la scelta di cosa fare di quel risultato scientifico non è affatto scientifica, ma squisitamente politica. Quando ho fatto notare questa questione la risposta è stata la seguente:

https://twitter.com/bzimageit/status/1614267319446044674?s=20&t=Y4YDH0qDoms0mfW0-fMTYg

ancora una volta il presupposto ideologico che c’è dietro questa argomentazione è che “la scienza” e suoi risultati hanno il completo diritto (in virtù di una supposta superiorità oggettiva e quindi morale) di una precedenza di qualche tipo su altre forme di valutazioni certo non negate, ma in quanto ritenute meno “scientifiche” (cultura, storia…) con meno legittimità argomentativa. Come a dire: “la scienza ha la precedenza e ha il diritto di scalzare gli altri”. Il problema di fondo è che in realtà non esistono “soluzioni scientifiche”, ma solo risultati. Le soluzioni invece sono solo argomenti etici ed in fin dei conti politici, rispetto alla tecnica possibile del momento. Notare come il nostro blogger dia valutazioni di carattere assolutamente morale quando dice “non è gravissimo; è giusto!” dando così definitivamente un valore etico-morale a decisioni presuppostamente ritenute “scientifiche” ma che invece scientifiche non sono affatto; un conto infatti è il risultato scientifico conseguente l’assunzione di alcool, un conto è la decisione su cosa vogliamo fare a valle di questi risultati: qualunque essa sia non avrà nulla di scientifico. La scienza ripete continuamente nei propri paradigmi che essa non può dare risposte né politiche né etiche né di morale né religiose. Eppure molti la usano proprio in quelle direzioni li. Il @MedBunker, ad esempio, dall’alto della sua supposta moralità superiore, non sembra preoccuparsene, e da giudizi morali ed etici sulla base di argomenti scientificamente solo apparenti.

Onestamente non saprei quanto valga la pena di mettere certe etichette sul vino: ma come il lettore avrà capito non è questo il punto.

E qui veniamo al punto, allora: abbiamo disperatamente bisogno di qualcosa, qualcuno, un’idea, una concezione che ci salvi… che ci faccia sentire che, seguendola, siamo, o saremo finalmente al sicuro. In posto di pace, tranquillità e serenità, gioia e felicità. Questa dimensione umana è irriducibile. Più cerchiamo di scansarla, più si ripresenta con tutta la sua forza. Cosa ci farà trovare tutto questo, o una sua parte? Può essere la scienza (una parte della cultura di oggi sembra volerci dire questo). O la tecnologia: il trans-umanesimo, l’intelligenza artificiale che ci darà nuove vie; la ricerca scientifica che ci darà l’immortalità; o l’esplorazione spaziale, che ci salverà fra migliaia di anni da una (presupposta) estinzione inevitabile etc…

Ma cosa centra tutto questo con la domanda del signor ‘Cristiano’ su cosa sia la Salvezza? Da cosa dobbiamo salvarci davvero?

Da cosa vogliamo veramente essere salvati? Infondo infondo, a ben vedere, vogliamo essere salvati dall’ingiustizia o da quello stato che noi percepiamo come ingiusto, distorto, in qualche modo sbagliato che ci sta intorno sempre, in ogni momento. Percepiamo istintivamente e inconfessabilmente che ci siano troppe cose sbagliate a questo mondo per poter essere accettabili. E non è così oggi, da adesso. E’ da sempre: dagli albori della civiltà: ogni nostro antenato, fino ai nostri nonni e ai nostri padri hanno sentito questa percezione; sempre. Ma perchè? Perché tutti percepiamo di essere contornati di una fondamentale ingiustizia? In famiglia, negli affetti, nella società, nello Stato, nella politica, nel mondo? Anche quando siamo davvero da soli non siamo mai soddisfatti: c’è sempre la sensazione costante che ci manca qualcosa di realmente e pienamente appagante. Sono pochi, davvero pochi i momenti di grande e piena gioria, felicità interiore, pace, senso di essere un tutto con tutto che ci circonda. Eppure non facciamo che desiderare continuamente di essere uniti al tutto che ci circonda, e però percepiamo nostro malgrado, di esserne costantemente separati. Gli amori terminano, a volte con delusioni enormi, gli affetti e in nostri sogni e convinzioni prima ritenuti solidi si infrangono miseramente difronte le nostre miserie e fragilità. Eppure sentiamo che questo non è ciò a cui siamo chiamati: desideriamo altro.

Insomma sentiamo profondamente l’esigenza di un Messia. Può essere qualsiasi cosa, o un qualcuno. Non ha importanza: un concetto, una idea, una ideologia politica, un fondamentalismo religioso, o un credo o una fede mite e pacifica, una pratica meditativa, o una attitudine mentale probabilmente inconsapevole come il nostro @MedBunker o la fede cieca nella scienza, nella tecnologia, nell’intelligenza artificiale. Ogni volta che attribuiamo a qualcosa una sorta di superpotere che va oltre le reali capacità di quel qualcosa lo stiamo implicitamente “messianizzando”, almeno in parte.

Oppure la guarigione da ogni malattia. Ad esempio un altro tweet un certo Maclarca mi rispondeva in questo modo qui:

https://twitter.com/bzimageit/status/1614284024343658497?s=20&t=Y4YDH0qDoms0mfW0-fMTYg

notare come la “cura del cancro” viene portato ad esemplificazione estremale di una condizione umana fondamentalmente insopportabile: la paura della morte. La madre di tutte le paure, di tutte le separazioni, di tutte le ingiustizie.

Non stiamo parlando del semplice decesso, quello dei polli, dei vermi o dei bisonti. Ma della morte: una abisso non solo biologico, ma misterioso, che solo l’uomo sperimenta davvero. Che solo l’uomo non vuole far altro che fuggire con disperazione. Non è il semplice “istinto di sopravvivenza” tipico degli animali: è qualcosa di fondamentalmente diverso, che lo include, ma lo supera.

Lo stato di separazione, distorsione, sostanziale ingiustizia in cui viviamo costantemente ha origine ultima e ontologica nella paura della morte. Non dal timore, che sarebbe sano e retto, ma dalla paura.

Il timore è conseguenza della ragione e dell’amore. La paura invece della distorsione e dell’irrazionalità. Rimanere nella paura ci fa permanere nello stato di separazione.

Le varie forme messianiche, i vari surrogati che l’uomo crea da solo, come la Torre di Babele, non possono che dare soluzioni effimere e parziali.

La sapienza orientale (buddismo) chiama questo stato misterioso di separazione “karma”. Mentre la rivelazione cristiana l’ha elaborato come “peccato originale”, usando un nome a dire il vero non proprio chiarissimo. “Caduta” per usare un termine più biblico.

Ecco: sentiamo di essere dei “caduti” che in realtà meritano qualcosa di più elevato, di più alto rispetto a quello che viviamo tutti i giorni. Sentiamo di non meritare quello stato di separazione, desideriamo l’unità, la pace, l’integrazione con il mondo piuttosto che l’esserne separati. Vogliamo essere uno con il mondo e con tutti; in una parola vogliamo amare. Ma non ci riusiamo veramente fino infondo.

La rivelazione ebraico-cristiana prova a portare un messaggio nuovo: che per uscire da questo stato bisogna iniziare prima a sentirsi amati (ovvero riconoscere la grazia nella mia vita). E che noi non siamo e non ci identifichiamo con i nostri peccati, cioè i nostri limiti e le nostre distorsioni, anche quando queste sono originate da noi.

Purtroppo abbiamo una concezione troppo moralistica del peccato e pensiamo che siano soltanto i semplici “atti che facciamo” oppure certe “cose sporche” e “sbagliate” che commettiamo. Purtroppo anche una certa pastorale tradizionale della Chiesa Cattolica, con una amministrazione del sacramento della confessione ancora limitato al “auricolare” degli atti non aiuta ad andare in profondità al senso profondo del peccato, rimanendo solo nella superficie, e con ciò perdendo una grossa opportunità pedagogica, di crescita personale e di autentica liberazione.

Il peccato è un qualcosa di molto più ampio e profondo. E’ fondamentalmente uno stato da cui vogliamo essere salvati. Quello stato sbagliato in cui sentiamo si permanere sebbene non vogliamo. Da esso si può uscire in tanti modi, non esclusi la preghiera, la meditazione profonda e altre pratiche ascetiche presenti in molte tradizioni iniziatiche.

Ma fondamentalmente è la fede. Quella in Gesù Cristo inaugura questo processo: io credo che sia un modo fondamentalmente credibile, non perchè l’abbia sperimentato fino infondo: ma attraverso le vie ascetiche e mistiche che con lui e mediante lui ho avuto modo di assaggiare molti antipasti di quel senso di liberazione, di salvezza, che è possibile almeno in parte vivere mediante la fede; già qui e ora, anche se non pienamente.

E’ questo in sostanza il kerigma del Cristo che l’evangelista Marco riassume così: «Il tempo è compiuto e il regno di Dio è vicino; convertitevi e credete al vangelo» (Mc 4,15)

  • Il tempo è compiuto; tradotto: è possibile sconfiggere nella nostra vita e nella storia l’era della distorsione, della separazione, della oppressione perchè ora qualcosa è cambiato.
  • Il Regno di Dio è vicino; tradotto: puoi uscire da questo stato di oppressione, distorsione, ingiustizia, fin da ora.
  • Convertitivi; tradotto: cambia modo di pensare, di ragionare e vedrai che il mondo inizierà a prendere una piega nuova.
  • …e credete al Vangelo; tradotto: buona notizia; quella gioia, quella felicità che tanto desideri viene dalla fede ed è possibile iniziare ad accederla. Qui e ora.

Non tutti i problemi saranno risolti, ma un orizzonte nuovo si aprirà davanti e quella vita eterna comincerà a sbocciare dentro di te per poi proseguire in chi ti sta attorno, e nell’eternità dei tempi.

E’ questo da cui dobbiamo essere salvati: l’abisso insopportabile della nostra finitezza.

Razza? Umana

Oggi ho fatto come quando Albert Enistein, arrivato in USA e dovendo compilare la modulistica per ottenere il passaporto di quel paese alla domanda “razza” indicò “umana”. Oggi in Europa/Italia ci facciamo influenzare da certe culture oltreoceano che non ci appartengono senza neanche applicare un filtro di contesto.

Oggi ho fatto come quando Albert Enistein, arrivato in USA e dovendo compilare la modulistica per ottenere il passaporto di quel paese alla domanda “razza” indicò “umana”. Oggi in Europa/Italia ci facciamo influenzare da certe culture oltreoceano che non ci appartengono senza neanche applicare un filtro di contesto.

Ho dovuto compilare un modulo per una indagine conoscitiva per mio figlio noto in letteratura come “QUESTIONARIO SUL COMPORTAMENTO DEL BAMBINO 6-18” di cui se ne trovano diverse versioni in rete. Pare derivi da un modello abbastanza standardizzato di provenienza statunitense, c’è anche una voce wikipedia.

A parte la ridicolaggine di catalogare come “bambino” un ragazzo di 18 anni (6-18 indica la fascia di età), due cose mi hanno alquanto colpito: a fianco ai soliti dati anagrafici vi era una domanda (vedi foto) testualmente “GRUPPO ETNICO O RAZZA DEL BAMBINO”. Mi si sgranano gli occhi! Razza? Ma stiamo scherzando?

Per chi conosce almeno un poco la devastata società statunitense, non ci vuole tanto a capire come questo modello sia stato tradotto letteralmente senza troppi complimenti e soprattutto senza nessuno spirito critico. Ne ho trovate in rete alcune versioni che hanno omesso o sostituito l’imbarazzante domanda, dunque qualcuno si è posto il problema.

Posso capire “gruppo etnico” e infatti ho risposto (spero ragionevolmente bene) “italiano“. Ma razza? No questa non ce la faccio proprio: e allora non ho potuto fare a meno di rispondere come il grande fisico, anzi ho voluto essere ancora più “scientifico”: Homo Sapiens. Che sarebbe a dire il vero la specie… vabbè.

Ora senza fare troppo il moralista bacchettone posso anche capire che nelle condizioni socio-politiche degli USA una domanda del genere non solo “non fa scandalo” ma può risultare del tutto ragionevole per una indagine appunto sociale e personale: per una società frammentata e problematica come quella USA appartenere a una certa “razza” o come la chiamano loro costituisce un elemento discriminatorio rilevante che quindi può avere senso mettere in un questionario. La la parola “razza” qui da noi ha un’altra significato. Per capirlo dobbiamo andare a vedere cosa dice l’articolo 3 della nostra Costituzione, che si porta dietro l’esperienza fascista. In Europa e in Italia che senso ha? Stiamo discutendo (e secondo me a ragione) se togliere o no dalla nostra Costituzione nell’art. 3 la parola razza (la questione se togliere questa parola dal testo della Costituzione è al momento dibattuta ma è in interessante osservare che lo fu anche durante i lavori della Costituente: molto interessante e di non banale soluzione.

Primo filtro mancato: quello del traduttore.

Secondo filtro mancato: quello dei professionisti che mi hanno messo in mano un tale questionario, senza nessuna revisioni, o spirito critico. A Roma, ne 2021; non nel Bronx.

Mi viene quindi anche un’ altro dubbio: che certi questionari copiati-incollati e tradotti pure male, presi dalla realtà americana, totalmente diversa dalla nostrana possano misurare malamente realtà sociali diverse. Se chi lo ha formulato lo ha fatto con una expertise sociologica americana, quelle domande non misureranno forse in modo distorto nella realtà sociologica Europea/Italiana ?

E infine un’ultima riflessione e domanda: nella psichiatria e psicologia siamo completamente riflessi in Europa degli eminenti “studiosi americani”. Non obietto sulla qualità di questi studi oltreoceano, ma non è che almeno dovremmo chiederci in modo critico se davvero ha senso usare certi strumenti? E non magari riadattarli a tutt’altro contesto socio-culturale? Certo è facile fare copia-incolla soprattutto se certi documenti provengono da “prestigiose università americane” o da “prassi consolidate oltreoceano” ma se fai questo solo perchè così è più facile e immediato spegnendo il tuo senso critico, per incensarti di essere all’avanguardia nell’uso dei “studiosi amerikani” non stai facendo altro che auto-denunciare la poca profondità del tuo modo di fare scienza.

Scienza e fede: dell’apostolo aggiunto porta il nome, collega e amico rispondo

Un amico e collega mi fa notare alcuni suoi punti di vista sul tema “scienza e fede”. Con me sfonda una porta aperta. Rispondo volentieri e lo ringrazio.

La questione del rapporto tra scienza e fede è da sempre cosa complicata. 

Vero. Questo perchè è una questione che – come nessun’altra – va in profondità su cosa voglia dire davvero “conoscere”.

Però non posso fare a meno di notare che è un rapporto che appassiona molto i ferventi credenti e molto poco i laici. 

Cosa assolutamente ovvia e pleonastica: se il tema della fede non ti interessa, non ti interesserà neanche il rapporto di qualsiasi altra cosa con la fede stessa. Io ad esempio non mi interesso di calcio e quindi non mi interesso di qualsiasi cosa che voglia “confrontarsi” con il calcio come per esempio il tema dello Stadio della Roma. Infatti questi “laici” di cui parli – di norma – rifiutano ogni dignità epistemica alla fede stessa perché altrimenti – riconoscendola – sarebbero obbligati a confrontarcisi, cosa che evidentemente non vogliono fare. Questi “laici” di norma quando parlano di fede oscillano tra (1) fare delle sparate che semplicemente denotano che non sanno di cosa stanno parlando (mi viene in mente una intervista a Margherita Hack in cui dichiarava cose così ingenue e imbarazzanti che mi chiesi se fosse lei o un ologramma a parlare) oppure (2) per chi ha più pudore si limita a tacere. Chi appartiene al primo gruppo in genere non fa altro che polemizzare perchè infondo non ha nient’altro da dire. In entrambi i casi il risultato è deludente.

Per fortuna però c’è un terzo gruppo di laici che invece ne sono interessati eccome e si confrontano costantemente; ad esempio Massimo Recalcati o Massimo Cacciari in Italia, Habermas al livello europeo e molti altri.

Leggi tutto “Scienza e fede: dell’apostolo aggiunto porta il nome, collega e amico rispondo”

[AltraScienza] Buco nero M87: Katie batte Doc

Un mio articolo sul blog [AltraScienza]

[vedilo sul blog AltraScienza]

Tutti l’abbiamo vista, la «foto astronomica del secolo», il buco nero centrale in Messier 87. Per la prima volta nella storia. Paragrafo

«Fotografato» si fa per dire: non c’è nessuna pellicola, nessun obiettivo, nessuna stampa, nessuna banda elettromagnetica nella regione ottica, che è il visibile dell’occhio umano. Eppure si palra di «foto». Dovremmo parlare meglio di «immagine» giacché di questo si tratta: una elaborazione di una montagna di dati, tutti presi nello stesso momento, da decine di radiotelescopi (non «telescopi» dunque!) sparsi per il mondo, e molto, molto ben coordinati fra loro. Una impresa titanica.

Al posto della luce degli uomini, bande millimetriche.
Al posto dell’obiettivo, radioantenne grandi come case.
Al posto della pellicola, petabyte di dati.
Al posto della stampa, immagini j-peg,
e il frenetico andare rimbalzoso nel web.
Al posto dell’individuo, il gruppo,
al posto di una nazione, molte nazioni.
Mai come oggi è antico stereotipo Emmet Brown [vedi foto].

Questa immagine ha l'attributo alt vuoto; il nome del file è ritorno-al-futuro-1024x768.jpg
Una scena de “Ritorno al futuro”: Emmett Brown, a destra, detto “Doc”, è la figura stereotipata dello scienziato-genio che compie opere uniche e straordinarie in piena autonomia e con pochi soldi. Figura ormai meno che novecentesca, addirittura retaggio dell’immagine dello scienziato in voga fra il seicento e l’ottocento.

Oh.. come è novecentesco e desueto anche il Premio Nobel!
Non la genialità di uno, ma la disciplina studiosa di molti.
Non è tutto in una formula il segreto.
Non è tutto nell’ego di un genio solitario,
immaginato magari – chissà perchè – pazzoide o schizzato.
Il vero non è in questa letteratura,
che proietta le paure e le angosce di una umanità impaurita.
Il vero è invece nel sudore che viene dalla carne di uomini
che vincono la fatica con il proprio entusiasmo.
Da esso viene la fecondità,
Il brivido di viverlo in gruppo,
un’emozione di grandezza.
La gioia di essere parte di una squadra
in cammino con l’entusiasmo verso la scoperta.
Il singolo realizza se stesso nelle relazioni feconde
che nascono dalla passione per la scoperta.
In questo – oggi più di ieri – si realizza oggi la Nuova Umanità,
quel nascente in questo remoto e misterioso pianeta
per cui nulla di grandemente nuovo sarà più frutto di uno.
Cosa è, questo, per lo spirito umano?
Un altro gradino, faticoso e maestoso,
verso l’unità sempre agognata dai primordi della storia.
Non è certo questo il primo
dei progetti di tal specie,
eppure è segno di quel tendere
ormai ineluttabile,
che da sempre aneliamo:
All’unità.
All’integrità.
Al fare insieme.
All’essere uno.

Così, proprio così, ci mostra la giovane Katie Bouman,
ricercatrice del team internazionale, che scrive su internet: «Guardo incredula la prima immagine che io abbia mai fatto di un buco nero mentre stava per essere ricostruita»

Questa immagine ha l'attributo alt vuoto; il nome del file è katie-bouman.png
Un sorriso che ha già incantato il mondo…

Nel suo sorriso, nei suoi occhi, nel suo volto vediamo i segni di una nascente e sempre più unita umanità: chi la vorrebbe ancora divisa, in guerra, in conflitto perenne, non sa che tutto questo, se non è già stato spazzato via dalla storia, lo sarà presto.

Lasciamo la conclusione alla nostra testimone dell’umanità nascente, questa giovane e brillante ricercatrice di 29 anni, divenuta per un giorno famosa in tutto il mondo, che pubblicando una foto di tutto il suo team scrive sul proprio profilo:

Sono così felice …. L’immagine mostrata oggi è la combinazione di immagini prodotte con più metodi. Nessuno algoritmo o persona ha creato questa immagine, ha richiesto il sorprendente talento di un team di scienziati di tutto il mondo e anni di duro lavoro per sviluppare lo strumento, l’elaborazione dei dati, i metodi di imaging e le tecniche di analisi necessarie per realizzare questa impresa apparentemente impossibile. È stato davvero un onore, e sono così fortunata ad aver avuto l’opportunità di lavorare con tutti voi.

Il nostro ringraziare è sempre dentro una relazione: Katie ringrazia. E’ felice perchè non solo è brava, ma soprattutto perchè non è sola.

[vedilo sul blog AltraScienza]

[vedi anche l’articolo correlato su GruppoLocale.it]

Il moralismo laico e il caso Alfie Evans

il caso ci obbliga a ripensare i nostri schemi di pensiero al di la del fatto in se. La scienza può determinare scelte morali? No: lo dice proprio il princpio di laicità della scienza.

 

Molto viene scritto in queste ore su questo caso e, come a solito, le posizioni sono polarizzate.

Ma io qualche domanda ce l’ho. Leggi tutto “Il moralismo laico e il caso Alfie Evans”

La superstizione scientifica

Parole profetiche di Antonio Gramsci:
“È da notare che accanto alla più superficiale infatuazione per le scienze, esiste in realtà la più grande ignoranza dei fatti e dei metodi scientifici, cose molto difficili e che sempre più diventano difficili per il progressivo specializzarsi di nuovi rami di ricerca. La superstizione scientifica porta con sé illusioni così ridicole e concezioni così infantili che la stessa superstizione religiosa ne viene nobilitata. Leggi tutto “La superstizione scientifica”

Fascino e stupore per tutti: quan{d|t}o Dio ci vizia!

Lo stupore, bambino e adulto, ignorante o istruito difronte alla grandezza del cosmo e agli sforzi titanici che facciamo per osservarlo sempre di più. Un filmato bello e affascinante.

Questo video, divulgativo e spettacolare allo stesso tempo [1], ha il merito di mostrare in modo intuitivo, per rappresentazioni comparative, le grandezze relative di vari oggetti celesti, partendo dalla Luna, l’oggetto a noi più familiare, per raggiungere la scala globale di tutto l’universo osservabile.

Mio figlio, di 4 anni, mentre lo vedeva stupito e mentre gli spiegavo cosa erano gli oggetti che osservava era affascinato di come vi fossero sempre oggetti più grandi e poi ancora più grandi…  mi ha chiesto di rivederlo svariate volte. Sono certo affascinerebbe tantissimo anche bimbi più grandi tanto alle scuole elementari, che ragazzi di medie o giovani alle superiori che si rendono meglio conto di cosa si sta parlando.

In effetti il filmano ha affascinato anche me, e sono certo affascina allo stesso modo anche chi abbia fatto studi di fisica o di astronomia, perché suscita stupore sia per come è complesso e grande l’universo sia per come riusciamo ad osservalo nonostante tale grandezza.

Le musiche di Vangelis, altamente riconoscibili e apprezzate per filmati di questo tipo, hanno fatto il resto….

Non ho potuto non rivolgendomi a Dio con un deciso «che gran sprecone che sei! ‘Sti figli li vuoi proprio viziare di stupore, eh!?»

[1] fonte: LaStampa.it

    Cosa ne pensi?

    manda un fast feedback in modalità anonima. Puoi farlo anche se non hai letto tutto l'articolo.
    troppo lungopoco chiaronon ci avevo mai pensato
    L'argomento trattato ti interessa?
    Quanto condividi questo articolo?