Società liquida

breve favola sulla “società liquida” di questi tempi

Una roccia che passava la sua vita sul bordo dei flutti del mare disse un giorno al dio Poseidone:

com’è triste la vita nella mia rigidità, forma contratta e immutabile, senza libertà senza espressione e variazione. Come sarebbe bello cambiare forma, tutta malleabile e gaia. Non è la staticità il mio desiderio di libertà ma nel plasmarmi libera e soave senza questi vincoli strutturali, perché sempre uguali a se stessi.

Ogni volta che vedo le onde muoversi liberamente penso alla mia libertà perduta al mio essere ferma, senza cambiamenti. Oh come invidio, Poseidone, l’acqua dei tuoi mari sconfinati! Come sarebbe bello assumere forme ogni volta diverse!

Il mondo cambia sempre e così posso cambiare io con lui, e così essere in armonia con tutto il resto; basta questa durezza e questa immutabilità così antica e oppressiva! Voglio essere libera! Come l’acqua, e assumere la forma ogni volta diversa e finalmente godere senza vincoli! Ti prego, o Poseidone, tu che comandi le acque, trasformami in acqua pura!

E così fu: la roccia fu tramutata in acqua che si disciolse in tutto il mare e con essa si confuse.

Ma qui conobbe tante altre antiche rocce, ossa, legni e diamanti che come lei erano state tramutate dal potente dio in acqua, poiché avevano fatto la stessa preghiera al dio del mare, lo stesso desiderio di libertà.

E tutti dissero all’antica roccia: oh se sapessi cosa ci attende! Tutti in un miscuglio confuso e tremendo! Non abbiamo vera libertà di assumere alcuna forma, perchè la forma che dobbiamo avere è quella decisa dal contenitore che ci contorna. Se presi in un secchio abbiamo la forma di un secchio, poi gettati di nuovo nel mare, e poi tornare nella confusione e nel miscuglio. Se presi in un bicchiere dobbiamo assumere la forma di un bicchiere, se presi in un barile la forma di un barile. Se in un lago la forma di quel lago, se nel mare l’immensa forma del mare. Non c’è nessuna libertà in questo stato!

Questo dio Poseidone dice subito di si, ma poi è un padre severo!

Salvezza da che cosa ?

Twitter ispira domande serie. Dalle esternazioni di MedBunker sul vino alle domande più serie di ‘Cristiano’. Da che cosa dobbiamo essere salvati?

Un paio di thread su Twitter mi portano a una riflessione più ampia per cui ho bisogno di più spazio e parole per argomentare meglio. Oltretutto una domanda – che ho avvertito come sincera – di un certo ‘Cristiano‘ mi ha indotto a fermarmi, meditare un poco, spendere qualche minuto in più per esprimermi. E lo ringrazio di questa opportunità.

Tutto è partito da una mia reazione – ad essere onesti polemica – al seguente tweet di un certo “Federico Ronchetti” che reagiva – a sua volta polemicamente – a un titolo di stampa (come al solito travisato dai giornalisti, ma sorvoliamo) sul “testamento spirituale” di Benedetto XVI (reperibile integralmente sul sito vaticano).

https://twitter.com/bzimageit/status/1609346347500544001?s=20&t=Y4YDH0qDoms0mfW0-fMTYg

In questo passaggio il Ronchetti mal comprendeva il concetto di “fallimento della scienza” di cui (avrebbe) parlato Benedetto, confondendolo con il metodo sperimentale che fa leva, anche e soprattutto, su fallimenti e approssimazioni successive che consentono l’avanzare della conoscenza secondo il paradigma scientifico moderno.

Oltretutto il defunto pontefice non ha usato quell’espressione, anche se il senso poteva starci, se però adeguatamente contestualizzato. In Italia il giornalismo ci ha purtroppo abituato a dei virgolettati completamente reinventati dai giornalisti, con le conseguenze che ben possiamo immaginare: vengono messe sistematicamente in bocca alle persone parole che non hanno detto. C’è da chiedersi perchè allora usino il virgolettato se le parole sono reinterpretate dal giornalista, ma su questo ci vorrebbe un post a parte.

Vediamo intanto cosa veramente Benedetto ha scritto nel passaggio che il giornalista ha reinterpretato in quel modo:

Spesso sembra che la scienza — le scienze naturali da un lato e la ricerca storica (in particolare l’esegesi della Sacra Scrittura) dall’altro — siano in grado di offrire risultati inconfutabili in contrasto con la fede cattolica. Ho vissuto le trasformazioni delle scienze naturali sin da tempi lontani e ho potuto constatare come, al contrario, siano svanite apparenti certezze contro la fede, dimostrandosi essere non scienza, ma interpretazioni filosofiche solo apparentemente spettanti alla scienza; così come, d’altronde, è nel dialogo con le scienze naturali che anche la fede ha imparato a comprendere meglio il limite della portata delle sue affermazioni, e dunque la sua specificità.

(Benedetto XVI, Il mio testamento spirituale, Agosto 2006 reso noto il giorno della sua morte 31.12.2022)

Dunque il pontefice emerito si riferiva al fallimento non della scienza, ma di un certo pensiero pseudoscientifico (usa infatti l’espressione “sembra che…”) che ammaliandosi di razionalità pretendeva – dall’illuminismo in poi e per tutto il XIX secolo, di falsificare tout-court la fede e i sui argomenti – soprattutto con l’ausilio delle scienze esatte e con una esegesi biblica basata su criteri esclusivamente storiografici – pensando di poter prima o poi essere in grado di dimostrare definitivamente la non sussistenza o infondatezza della fede stessa: in particolare quella cristiana che ha la pretesa di avere, nella figura del Cristo, un fondamento storico preciso. Questo non solo non è avvenuto, ma anzi le scienze naturali non hanno fatto che moltiplicare le domande di fondo rimanendo aperte tutte le domande esistenziali (teorie fisiche della Relatività, fisica quantistica per prime) mentre l’esegesi biblica anche fondata storicamente ha finito per confermare la fondatezza della chiave interpretativa della gran parte dei dati di fede, oppure li ha irrobustiti mediante una adeguata purificazione e reinterpretazione del concetto stesso di rivelazione (dei Verbum, Concilio Vaticano II). “Fondatezza della fede” non va presa come affermazione in senso scientifico-razionalista come se una retta ragione pretendesse di avere un ragionamento o di una dimostrazione razionale della fede: per il credente è infatti solo necessario che la ragione “non falsifichi” propriamente la fede, ovvero che lasci aperto uno spazio, un accesso, una “finestrella sufficiente”, per credere quella fede. La ragione può invalidare la fede solo quanto ha degli argomenti veramente robusti e inconfutabili per negarla, ma non può confermarla. Può solo lasciare uno spazio libero, comunque necessario per non rendere una fede irragionevole (fondamentalismo).

Così sono dunque da interpretare le parole del titolista di giornale che parla di “fallimento“: anche se Ratzinger non parla mai di “fallimento” ne tanto meno “della scienza” ma appunto denuncia e demistifica un pensiero filosofico-ideologico che ha tentato di usare la scienza per la propria agenda. Questa agenda, dice il pontefice, possiamo considerarla oggi fallita, anche se alcuni continuano a insistere con quegli argomenti; ma è indubbio che il loro tono è molto più ridimensionato e meno potente di quanto lo fosse decenni addietro, a causa del fatto che il positivismo razionalista, sebbene goda di importanti influenze pregresse stratificate nella cultura, ha ormai sempre meno spazio non solo nella filosofia, ma anche fra molti scienziati non certo credenti: la fede non è affatto messa all’angolo, ma è ancora qui con le sue domande e le sue questioni aperte.

Nel mio tweet di replica, che segue, ho cercato brevemente di sintetizzare questo concetto e un altro utente a firma “Cristiano” risponde garbatamente con una domanda da un fantastiglione di euro:

Già: salvezza da cosa?

La domanda si fa grossa assai. Impossibile rispondere esaustivamente, ma tentiamo comunque di farlo con qualche argomento spicciolo, a tentoni, senza troppe pretese, ma senza scadere in banalità e frasi fatte.

Partiamo un poco alla larga, prendendo spunto da un altro tweet di questi giorni di un noto “debunker” che si fa chiamare appunto @MedBunker, un ginecologo che da anni è impegnato su internet a sbufalare tutte le false credenze in medicina e che apprezzo moltissimo, e seguo, per il suo instancabile lavoro di corretta divulgazione scientifica (molto bello il suo blog medbunker.it). Come però fanno molte di queste persone, che credono molto nella scienza, finiscono a volte per crederci troppo. Cosa vuol dire? Vediamo un esempio, anche se un po’ banalotto.

Il nostro debunker reagiva a un tweet polemico di Matteo Salvini che polemizzava definendo “gravissima” l’iniziativa de l’Unione Europea che vorrebbe proporre l’imposizione su vino, birre e liquori di un’etichetta che li identifica come “pericolosi per la salute” (un po’ come avviene per le sigarette):

https://twitter.com/bzimageit/status/1614259060219543553?s=20&t=Y4YDH0qDoms0mfW0-fMTYg

Come si evince dalla mia risposta, facevo notare che l’aspetto puramente biologico-medico-chimico della questione è solo uno delle variabili: vi sono anche in gioco questioni sociologiche, culturali, molto diverse da paese a paese che dovrebbero essere prese in considerazione allo stesso modo, invece di pretendere di uniformare il tutto sotto la luce singola di un’unica variabile.

Popoli diversi hanno leggi e regole diverse perchè hanno culture, valori, comportamenti e convenzioni differenti: non si può affermare che una certa scelta sia moralmente superiore (come sembra supporre il nostro debunker) solo perchè sia “scientificamente fondata”. Quando invece la scelta di cosa fare di quel risultato scientifico non è affatto scientifica, ma squisitamente politica. Quando ho fatto notare questa questione la risposta è stata la seguente:

https://twitter.com/bzimageit/status/1614267319446044674?s=20&t=Y4YDH0qDoms0mfW0-fMTYg

ancora una volta il presupposto ideologico che c’è dietro questa argomentazione è che “la scienza” e suoi risultati hanno il completo diritto (in virtù di una supposta superiorità oggettiva e quindi morale) di una precedenza di qualche tipo su altre forme di valutazioni certo non negate, ma in quanto ritenute meno “scientifiche” (cultura, storia…) con meno legittimità argomentativa. Come a dire: “la scienza ha la precedenza e ha il diritto di scalzare gli altri”. Il problema di fondo è che in realtà non esistono “soluzioni scientifiche”, ma solo risultati. Le soluzioni invece sono solo argomenti etici ed in fin dei conti politici, rispetto alla tecnica possibile del momento. Notare come il nostro blogger dia valutazioni di carattere assolutamente morale quando dice “non è gravissimo; è giusto!” dando così definitivamente un valore etico-morale a decisioni presuppostamente ritenute “scientifiche” ma che invece scientifiche non sono affatto; un conto infatti è il risultato scientifico conseguente l’assunzione di alcool, un conto è la decisione su cosa vogliamo fare a valle di questi risultati: qualunque essa sia non avrà nulla di scientifico. La scienza ripete continuamente nei propri paradigmi che essa non può dare risposte né politiche né etiche né di morale né religiose. Eppure molti la usano proprio in quelle direzioni li. Il @MedBunker, ad esempio, dall’alto della sua supposta moralità superiore, non sembra preoccuparsene, e da giudizi morali ed etici sulla base di argomenti scientificamente solo apparenti.

Onestamente non saprei quanto valga la pena di mettere certe etichette sul vino: ma come il lettore avrà capito non è questo il punto.

E qui veniamo al punto, allora: abbiamo disperatamente bisogno di qualcosa, qualcuno, un’idea, una concezione che ci salvi… che ci faccia sentire che, seguendola, siamo, o saremo finalmente al sicuro. In posto di pace, tranquillità e serenità, gioia e felicità. Questa dimensione umana è irriducibile. Più cerchiamo di scansarla, più si ripresenta con tutta la sua forza. Cosa ci farà trovare tutto questo, o una sua parte? Può essere la scienza (una parte della cultura di oggi sembra volerci dire questo). O la tecnologia: il trans-umanesimo, l’intelligenza artificiale che ci darà nuove vie; la ricerca scientifica che ci darà l’immortalità; o l’esplorazione spaziale, che ci salverà fra migliaia di anni da una (presupposta) estinzione inevitabile etc…

Ma cosa centra tutto questo con la domanda del signor ‘Cristiano’ su cosa sia la Salvezza? Da cosa dobbiamo salvarci davvero?

Da cosa vogliamo veramente essere salvati? Infondo infondo, a ben vedere, vogliamo essere salvati dall’ingiustizia o da quello stato che noi percepiamo come ingiusto, distorto, in qualche modo sbagliato che ci sta intorno sempre, in ogni momento. Percepiamo istintivamente e inconfessabilmente che ci siano troppe cose sbagliate a questo mondo per poter essere accettabili. E non è così oggi, da adesso. E’ da sempre: dagli albori della civiltà: ogni nostro antenato, fino ai nostri nonni e ai nostri padri hanno sentito questa percezione; sempre. Ma perchè? Perché tutti percepiamo di essere contornati di una fondamentale ingiustizia? In famiglia, negli affetti, nella società, nello Stato, nella politica, nel mondo? Anche quando siamo davvero da soli non siamo mai soddisfatti: c’è sempre la sensazione costante che ci manca qualcosa di realmente e pienamente appagante. Sono pochi, davvero pochi i momenti di grande e piena gioria, felicità interiore, pace, senso di essere un tutto con tutto che ci circonda. Eppure non facciamo che desiderare continuamente di essere uniti al tutto che ci circonda, e però percepiamo nostro malgrado, di esserne costantemente separati. Gli amori terminano, a volte con delusioni enormi, gli affetti e in nostri sogni e convinzioni prima ritenuti solidi si infrangono miseramente difronte le nostre miserie e fragilità. Eppure sentiamo che questo non è ciò a cui siamo chiamati: desideriamo altro.

Insomma sentiamo profondamente l’esigenza di un Messia. Può essere qualsiasi cosa, o un qualcuno. Non ha importanza: un concetto, una idea, una ideologia politica, un fondamentalismo religioso, o un credo o una fede mite e pacifica, una pratica meditativa, o una attitudine mentale probabilmente inconsapevole come il nostro @MedBunker o la fede cieca nella scienza, nella tecnologia, nell’intelligenza artificiale. Ogni volta che attribuiamo a qualcosa una sorta di superpotere che va oltre le reali capacità di quel qualcosa lo stiamo implicitamente “messianizzando”, almeno in parte.

Oppure la guarigione da ogni malattia. Ad esempio un altro tweet un certo Maclarca mi rispondeva in questo modo qui:

https://twitter.com/bzimageit/status/1614284024343658497?s=20&t=Y4YDH0qDoms0mfW0-fMTYg

notare come la “cura del cancro” viene portato ad esemplificazione estremale di una condizione umana fondamentalmente insopportabile: la paura della morte. La madre di tutte le paure, di tutte le separazioni, di tutte le ingiustizie.

Non stiamo parlando del semplice decesso, quello dei polli, dei vermi o dei bisonti. Ma della morte: una abisso non solo biologico, ma misterioso, che solo l’uomo sperimenta davvero. Che solo l’uomo non vuole far altro che fuggire con disperazione. Non è il semplice “istinto di sopravvivenza” tipico degli animali: è qualcosa di fondamentalmente diverso, che lo include, ma lo supera.

Lo stato di separazione, distorsione, sostanziale ingiustizia in cui viviamo costantemente ha origine ultima e ontologica nella paura della morte. Non dal timore, che sarebbe sano e retto, ma dalla paura.

Il timore è conseguenza della ragione e dell’amore. La paura invece della distorsione e dell’irrazionalità. Rimanere nella paura ci fa permanere nello stato di separazione.

Le varie forme messianiche, i vari surrogati che l’uomo crea da solo, come la Torre di Babele, non possono che dare soluzioni effimere e parziali.

La sapienza orientale (buddismo) chiama questo stato misterioso di separazione “karma”. Mentre la rivelazione cristiana l’ha elaborato come “peccato originale”, usando un nome a dire il vero non proprio chiarissimo. “Caduta” per usare un termine più biblico.

Ecco: sentiamo di essere dei “caduti” che in realtà meritano qualcosa di più elevato, di più alto rispetto a quello che viviamo tutti i giorni. Sentiamo di non meritare quello stato di separazione, desideriamo l’unità, la pace, l’integrazione con il mondo piuttosto che l’esserne separati. Vogliamo essere uno con il mondo e con tutti; in una parola vogliamo amare. Ma non ci riusiamo veramente fino infondo.

La rivelazione ebraico-cristiana prova a portare un messaggio nuovo: che per uscire da questo stato bisogna iniziare prima a sentirsi amati (ovvero riconoscere la grazia nella mia vita). E che noi non siamo e non ci identifichiamo con i nostri peccati, cioè i nostri limiti e le nostre distorsioni, anche quando queste sono originate da noi.

Purtroppo abbiamo una concezione troppo moralistica del peccato e pensiamo che siano soltanto i semplici “atti che facciamo” oppure certe “cose sporche” e “sbagliate” che commettiamo. Purtroppo anche una certa pastorale tradizionale della Chiesa Cattolica, con una amministrazione del sacramento della confessione ancora limitato al “auricolare” degli atti non aiuta ad andare in profondità al senso profondo del peccato, rimanendo solo nella superficie, e con ciò perdendo una grossa opportunità pedagogica, di crescita personale e di autentica liberazione.

Il peccato è un qualcosa di molto più ampio e profondo. E’ fondamentalmente uno stato da cui vogliamo essere salvati. Quello stato sbagliato in cui sentiamo si permanere sebbene non vogliamo. Da esso si può uscire in tanti modi, non esclusi la preghiera, la meditazione profonda e altre pratiche ascetiche presenti in molte tradizioni iniziatiche.

Ma fondamentalmente è la fede. Quella in Gesù Cristo inaugura questo processo: io credo che sia un modo fondamentalmente credibile, non perchè l’abbia sperimentato fino infondo: ma attraverso le vie ascetiche e mistiche che con lui e mediante lui ho avuto modo di assaggiare molti antipasti di quel senso di liberazione, di salvezza, che è possibile almeno in parte vivere mediante la fede; già qui e ora, anche se non pienamente.

E’ questo in sostanza il kerigma del Cristo che l’evangelista Marco riassume così: «Il tempo è compiuto e il regno di Dio è vicino; convertitevi e credete al vangelo» (Mc 4,15)

  • Il tempo è compiuto; tradotto: è possibile sconfiggere nella nostra vita e nella storia l’era della distorsione, della separazione, della oppressione perchè ora qualcosa è cambiato.
  • Il Regno di Dio è vicino; tradotto: puoi uscire da questo stato di oppressione, distorsione, ingiustizia, fin da ora.
  • Convertitivi; tradotto: cambia modo di pensare, di ragionare e vedrai che il mondo inizierà a prendere una piega nuova.
  • …e credete al Vangelo; tradotto: buona notizia; quella gioia, quella felicità che tanto desideri viene dalla fede ed è possibile iniziare ad accederla. Qui e ora.

Non tutti i problemi saranno risolti, ma un orizzonte nuovo si aprirà davanti e quella vita eterna comincerà a sbocciare dentro di te per poi proseguire in chi ti sta attorno, e nell’eternità dei tempi.

E’ questo da cui dobbiamo essere salvati: l’abisso insopportabile della nostra finitezza.

Il «buio» medioevo: si, mediatico e culturale (1)

Lezione di filosofia nella scuola di Roma da un affresco del pittore fiorentino Benozzo Gozzoli (secolo xv). chiesa di Sant'Agostino a San Gimignano (Siena).
Lezione di filosofia nella scuola di Roma da un affresco del pittore fiorentino Benozzo Gozzoli (secolo xv). chiesa di Sant’Agostino a San Gimignano (Siena).

Pausa pranzo. Argomento matematica e storia. Si finisce affermando che lo sviluppo europeo della matematica riprende nel Vecchio Continente solo con Tartaglia e Fibonacci mentre prima i grandi progressi sono fatti da Arabi e Indiani granzie anche a traduzioni dal greco mentre in Europa si continuava a far di conto con i numeri romani. Un illustre collega esordisce affermando che a suo avviso il millenarismo medievale – ossia la credenza religiosa che la fine del mondo fosse imminente – fosse stato il principale ostacolo allo sviluppo medioevale, a un sostanziale disinteresse per le cose della natura e che abbia sostanzialmente “fermato” il progresso per lunghi secoli.

A me è sembrato subito un cliché alimentato da un pregiudizio comune che vede il medioevo come «epoca buia» in qualche modo molto veicolato dai media ma poco presente, anzi smentito, nei trattati di storia almeno recenti che abbiano un certo spessore scentifico e non solo divulgativo. L’ho sospettato perchè questa visione mi sembrava cozzasse completamente con la Storia della Chiesa (di cui so qualcosa), con la Tradizione cattolica, con la dottrina Patristica e i confronti-scronti con le varie eresie lungo i secoli. Non fidandomi troppo di me stesso mi sono dato a una ricerca di fonti affidabili sulla filosofia medioevale e non ha evidenziato nessun peso rilevante al millenarsimo. Anzi è emerso tutt’altro. Leggi tutto “Il «buio» medioevo: si, mediatico e culturale (1)”

Abbiamo confini, non limiti

un cartellone a Roma recita “Libero stato del Gay Village. Abbiamo confini, non limiti”.

gayvillage-cartellone

Davanti a una scuola ho fotografato questo cartellone (cliccare sull’immagine per ingrandire). E’ una campagna pubblicitaria del Gay Village.
Mi ha colpito il messaggio che questo manifesto vuole trasmettere. Mostra abbastanza chiaramente quali sono i presupposti culturali e ideologici di questo “mondo”. Il mondo gay, che è appunto una agenda politico-economico-culturale, e non rappresenta gli omosessuali tout-court. Leggi tutto “Abbiamo confini, non limiti”

Il Potere senza Verità

Nuove forme di dittatura, sottile e subdola, avanza indisturbata nelle nostre democrazie occidentali.Si ammantata di democrazia, libertà e giustizia, come sempre. Il Potere con una falsa verità è dittatura probabile. Il Potere senza verità è dittatura certa.

In una realtà sociale in cui il sacro (tra)scendente non esiste più, rimane solo la possibilità di sacralizzare l’immanente. E nella disperata ricerca di rassicurazione, la più potente e la più seducente di queste possibilità non può che essere il conformismo dell’opinione dominante. O di quella che sa apparire e convincere meglio di essere tale. Chi non lo è viene discriminato, fatto apparire come un appestato, un irragionevole, un vecchio retrogrado.

E’ un potere senza identità e senza volto, al quale sarà difficile ribellarsi, proprio perchè anonimo, senza nomi e cognomi come invece lo erano gli antichi tiranni.

Nuove forme di dittatura, sottile e subdola, avanza indisturbata nelle nostre democrazie occidentali. Si ammantata di democrazia, libertà e giustizia, come sempre. Leggi tutto “Il Potere senza Verità”

L’antropologia del «vecchio comunista togliattiano»

L’accusa di individualismo viene oggi lanciata alla cultura “laica” di sinistra di fatto dominante, che a detta di vecchi comunisti, è in netta contraddizione con i valori storici più autentici di quella tradizione politica.

Palmiro Togliatti

«Per quanto riguarda la difficoltà di arrivare a una mediazione legislativa in queste materie [Dat o unioni civili, NdR], penso che forse varrebbe la pena di provare a confrontarsi su cosa debba essere la famiglia, oppure partendo dall’estremo più estremo: l’eutanasia. Anche rispetto al senso morale comune, è difficile affermare che la disponibilità sulla mia vita sia un mio diritto individuale, poiché non mi sono autogenerato. Non conosco vite autogenerate, come non conosco morti solitarie, che non coinvolgano cioè la comunità. Lo stesso vale per le coppie omosessuali. È la Costituzione a definire cosa sia la famiglia, riconoscendole la finalità prioritaria della generazione. L’amore, l’affetto, la solidarietà sono importanti, ma quello che definisce la famiglia è la generazione e il diritto dei nati ad essere generati da un padre e una madre». [1] Leggi tutto “L’antropologia del «vecchio comunista togliattiano»”

Lettera aperta agli atei: non vi credo, ma credo in voi

Caro amico ateo:

Un mio lettore ha commento [1] (grassetto mio):

anche se [la Religione] all’inizio dei tempi ha contribuito a far “uscire gli uomini dalle caverne”, ormai sul piano sociale e umano, è sempre e comunque nociva.

E’ una affermazione che sento ripetere spesso in ambienti atei o “laici” che dir si voglia, insieme ad altre affermazioni, quasi tutte concordi, sul giudicare cosa è male in queste cose.

Consentimi di trarre spunto da questo commento, per rivolgerti una domanda generale: cosa sarebbe per l’uomo sempre e comunque buono? Saresti in grado di spiegarlo? Cosa è il buono, il bene, il vero? Se infatti sei così certo di poter dire quando una certa cosa è male, è perché il tuo riferimento di bene sta evidentemente da un’altra parte: dove esattamente? Sei in grado di spiegarlo? Quale è questo bene?
Se non sei in grado di fare questo, scusa ma ogni tua critica rispetto a ciò che giudichi essere male, cade miseramente. Leggi tutto “Lettera aperta agli atei: non vi credo, ma credo in voi”

Se Manini non è codardo siamo tutti meno liberi

La vicenda di Michelangelo Manini è incomprensibile per il mondo di oggi. Dietro certi giudizi ingenui si nasconde una concezione del concetto di libertà umana che falsifica la realtà. Preferisco altri modelli…

Michelangelo Manini, proprierario della FAAC, muore senza eredi e lascia un patrimonio miliardario alla Curia di Bologna; un gestro “strano” e inatteso. I giornali ne parlano. Mi ha colpito questo estratto di Deborah Dirani sul Sole24ore online:

aveva appena 50 anni ed è morto dopo una lunga malattia. Ancora: non è stato nemmeno, il suo, un gesto dettato dalla paura della morte e di quello che potrebbe esserci nell’Aldilà, pentimento generoso e un po’ codardo di qualche terreno peccatore. No, no Manini aveva fatto testamento nel 1992, 20 anni fa, e mai da allora aveva rimesso mano alle sue ultime volontà.
Semplicemente aveva deciso che, passato lui, le cose sue passavano alla Chiesa. E così è stato.

Dunque secondo la Dirani, il Manini non è stato codardo. Leggi tutto “Se Manini non è codardo siamo tutti meno liberi”

Invigorisciti, o amico, a volere la verità

parole senza tempo di Silvio Pellico. Sembrano scritte oggi. E a te?

Queste parole senza tempo, mi sono parse scritte oggi. E a te ?

“il primo de’ nostri doveri si è l’amore della verità, e la fede in essa. La verità è Dio. Amare Dio ed amare la verità sono la stessa còsa. Invigorisciti, o amico, a volere la verità, a non lasciarti abbagliare dalla falsa eloquènza di que’ melanconici e rabbiosi sofisti che s’industriano a gettar dubbi sconfortanti sopra ogni còsa. La ragione a nulla sèrve, e anzi nuòce, quando si vòlge a combattere il vero, a screditarlo, a sostenere ignobili supposizioni; quando traèndo disperate conseguènze dai mali ond’è sparsa la vita, nega la vita èssere un bène (…) Ciò riconosciuto, diamo arditamente bando allo scetticismo, al cinismo, a tutte le filosofie degradanti; imponiamoci di credere al vero, al bèllo, al buòno”.

Silvio Pellico, Dei doveri degli uomini

 

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    troppo lungopoco chiaronon ci avevo mai pensato
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