Il mondo al contrario, o il Regno: dal saio di S. Francesco alle medaglie del Generale

di ritorno da Assisi una contemplazione sulle reliquie del Santo mi porta a pensare l’oggi polarizzante che mi provoca un certo disagio interiore.

Oggi sono stato ad Assisi. Da turista, più che da pellegrino, ad essere sinceri. Nella stupenda Basilica Inferiore, mentre mi preparo a scendere giù i gradini per la rituale visita alla tomba del Santo mia moglie mi indica una stanza laterale dove, mi dice, è presente un reliquario, dove vi sarebbe anche il saio originale di S. Francesco.

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«Verranno i russi e staremo meglio»

Riporto, senza commenti ulteriori, un accadimento di oggi che mi ha molto colpito: l’incontro e una battuta fugace con una signora “russa di Odessa”.

Oggi sono andato al lago di Albano con la famiglia e i bambini. Bagno, pranzo al sacco; giornata tranquilla, serena. Nel pomeriggio arrivano nella nostra piccola “spiaggetta” due signore bionde con un ragazzino sui 10 anni, biondissimo anche lui.

“Saranno ucraini”, mi suggerisce mio fratello, “qui ci sono molti profughi ucraini”. Infatti poco dopo sento il bambino dire a una delle donne “spasiba” dopo che gli aveva passato una tavoletta galleggiante in acqua. “E’ il grazie in russo, ma potrebbe essere anche ucraino”, penso, “visto che le lingue sono molto simili”. Passa il tempo, noi continuiamo la nostra gita, qualche sorriso fugace scambiato con le vicine.

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Basta non si piange

poesia ispirata da un evento di oggi

Basta non si piange!
Si guarda avanti!

Ma ti prego convieni con me
che di lacrime ce ne son due tipi.

Le prime:

quelle che tolgono la vita,
riportano al mitico passato
per un presente senza senso,
un futuro disperato.
Quelle represse negli occhi
ma che gridano sempre nel cuore
il perché del non senso del tutto.
rami secchi di disperazione,
abissi senza risalita:
realtà più nere
di una singolarità spaziotemporale.

Le seconde:

accolte benevolmente
senza moralista vergogna
di grondare fiumose
dalla carne dolente del corpi,
dagli occhi gonfi e arrossati,
occhi specchio di una mente e un cuore
che guardano avanti fiduciosi:
il senso c’è, contro ogni evidenza,
dove il dato sperimentale
non è adatto a una pubblicazione su Nature,
ma esiste, c’è, possiamo sentirlo forte;
perché ci sostiene infondo all’abisso.
Non può che essere una qualche fede,
indimostrata e indimostrabile,
vero motore di ogni umano pensiero,
che alberga nel cuore e che ci sussurra
con delicatezza e discrezione
che quel senso c’era, c’è, e ci sarà;
che siamo più grandi delle nostre miserie,
della nostra morte.

Salvezza da che cosa ?

Twitter ispira domande serie. Dalle esternazioni di MedBunker sul vino alle domande più serie di ‘Cristiano’. Da che cosa dobbiamo essere salvati?

Un paio di thread su Twitter mi portano a una riflessione più ampia per cui ho bisogno di più spazio e parole per argomentare meglio. Oltretutto una domanda – che ho avvertito come sincera – di un certo ‘Cristiano‘ mi ha indotto a fermarmi, meditare un poco, spendere qualche minuto in più per esprimermi. E lo ringrazio di questa opportunità.

Tutto è partito da una mia reazione – ad essere onesti polemica – al seguente tweet di un certo “Federico Ronchetti” che reagiva – a sua volta polemicamente – a un titolo di stampa (come al solito travisato dai giornalisti, ma sorvoliamo) sul “testamento spirituale” di Benedetto XVI (reperibile integralmente sul sito vaticano).

https://twitter.com/bzimageit/status/1609346347500544001?s=20&t=Y4YDH0qDoms0mfW0-fMTYg

In questo passaggio il Ronchetti mal comprendeva il concetto di “fallimento della scienza” di cui (avrebbe) parlato Benedetto, confondendolo con il metodo sperimentale che fa leva, anche e soprattutto, su fallimenti e approssimazioni successive che consentono l’avanzare della conoscenza secondo il paradigma scientifico moderno.

Oltretutto il defunto pontefice non ha usato quell’espressione, anche se il senso poteva starci, se però adeguatamente contestualizzato. In Italia il giornalismo ci ha purtroppo abituato a dei virgolettati completamente reinventati dai giornalisti, con le conseguenze che ben possiamo immaginare: vengono messe sistematicamente in bocca alle persone parole che non hanno detto. C’è da chiedersi perchè allora usino il virgolettato se le parole sono reinterpretate dal giornalista, ma su questo ci vorrebbe un post a parte.

Vediamo intanto cosa veramente Benedetto ha scritto nel passaggio che il giornalista ha reinterpretato in quel modo:

Spesso sembra che la scienza — le scienze naturali da un lato e la ricerca storica (in particolare l’esegesi della Sacra Scrittura) dall’altro — siano in grado di offrire risultati inconfutabili in contrasto con la fede cattolica. Ho vissuto le trasformazioni delle scienze naturali sin da tempi lontani e ho potuto constatare come, al contrario, siano svanite apparenti certezze contro la fede, dimostrandosi essere non scienza, ma interpretazioni filosofiche solo apparentemente spettanti alla scienza; così come, d’altronde, è nel dialogo con le scienze naturali che anche la fede ha imparato a comprendere meglio il limite della portata delle sue affermazioni, e dunque la sua specificità.

(Benedetto XVI, Il mio testamento spirituale, Agosto 2006 reso noto il giorno della sua morte 31.12.2022)

Dunque il pontefice emerito si riferiva al fallimento non della scienza, ma di un certo pensiero pseudoscientifico (usa infatti l’espressione “sembra che…”) che ammaliandosi di razionalità pretendeva – dall’illuminismo in poi e per tutto il XIX secolo, di falsificare tout-court la fede e i sui argomenti – soprattutto con l’ausilio delle scienze esatte e con una esegesi biblica basata su criteri esclusivamente storiografici – pensando di poter prima o poi essere in grado di dimostrare definitivamente la non sussistenza o infondatezza della fede stessa: in particolare quella cristiana che ha la pretesa di avere, nella figura del Cristo, un fondamento storico preciso. Questo non solo non è avvenuto, ma anzi le scienze naturali non hanno fatto che moltiplicare le domande di fondo rimanendo aperte tutte le domande esistenziali (teorie fisiche della Relatività, fisica quantistica per prime) mentre l’esegesi biblica anche fondata storicamente ha finito per confermare la fondatezza della chiave interpretativa della gran parte dei dati di fede, oppure li ha irrobustiti mediante una adeguata purificazione e reinterpretazione del concetto stesso di rivelazione (dei Verbum, Concilio Vaticano II). “Fondatezza della fede” non va presa come affermazione in senso scientifico-razionalista come se una retta ragione pretendesse di avere un ragionamento o di una dimostrazione razionale della fede: per il credente è infatti solo necessario che la ragione “non falsifichi” propriamente la fede, ovvero che lasci aperto uno spazio, un accesso, una “finestrella sufficiente”, per credere quella fede. La ragione può invalidare la fede solo quanto ha degli argomenti veramente robusti e inconfutabili per negarla, ma non può confermarla. Può solo lasciare uno spazio libero, comunque necessario per non rendere una fede irragionevole (fondamentalismo).

Così sono dunque da interpretare le parole del titolista di giornale che parla di “fallimento“: anche se Ratzinger non parla mai di “fallimento” ne tanto meno “della scienza” ma appunto denuncia e demistifica un pensiero filosofico-ideologico che ha tentato di usare la scienza per la propria agenda. Questa agenda, dice il pontefice, possiamo considerarla oggi fallita, anche se alcuni continuano a insistere con quegli argomenti; ma è indubbio che il loro tono è molto più ridimensionato e meno potente di quanto lo fosse decenni addietro, a causa del fatto che il positivismo razionalista, sebbene goda di importanti influenze pregresse stratificate nella cultura, ha ormai sempre meno spazio non solo nella filosofia, ma anche fra molti scienziati non certo credenti: la fede non è affatto messa all’angolo, ma è ancora qui con le sue domande e le sue questioni aperte.

Nel mio tweet di replica, che segue, ho cercato brevemente di sintetizzare questo concetto e un altro utente a firma “Cristiano” risponde garbatamente con una domanda da un fantastiglione di euro:

Già: salvezza da cosa?

La domanda si fa grossa assai. Impossibile rispondere esaustivamente, ma tentiamo comunque di farlo con qualche argomento spicciolo, a tentoni, senza troppe pretese, ma senza scadere in banalità e frasi fatte.

Partiamo un poco alla larga, prendendo spunto da un altro tweet di questi giorni di un noto “debunker” che si fa chiamare appunto @MedBunker, un ginecologo che da anni è impegnato su internet a sbufalare tutte le false credenze in medicina e che apprezzo moltissimo, e seguo, per il suo instancabile lavoro di corretta divulgazione scientifica (molto bello il suo blog medbunker.it). Come però fanno molte di queste persone, che credono molto nella scienza, finiscono a volte per crederci troppo. Cosa vuol dire? Vediamo un esempio, anche se un po’ banalotto.

Il nostro debunker reagiva a un tweet polemico di Matteo Salvini che polemizzava definendo “gravissima” l’iniziativa de l’Unione Europea che vorrebbe proporre l’imposizione su vino, birre e liquori di un’etichetta che li identifica come “pericolosi per la salute” (un po’ come avviene per le sigarette):

https://twitter.com/bzimageit/status/1614259060219543553?s=20&t=Y4YDH0qDoms0mfW0-fMTYg

Come si evince dalla mia risposta, facevo notare che l’aspetto puramente biologico-medico-chimico della questione è solo uno delle variabili: vi sono anche in gioco questioni sociologiche, culturali, molto diverse da paese a paese che dovrebbero essere prese in considerazione allo stesso modo, invece di pretendere di uniformare il tutto sotto la luce singola di un’unica variabile.

Popoli diversi hanno leggi e regole diverse perchè hanno culture, valori, comportamenti e convenzioni differenti: non si può affermare che una certa scelta sia moralmente superiore (come sembra supporre il nostro debunker) solo perchè sia “scientificamente fondata”. Quando invece la scelta di cosa fare di quel risultato scientifico non è affatto scientifica, ma squisitamente politica. Quando ho fatto notare questa questione la risposta è stata la seguente:

https://twitter.com/bzimageit/status/1614267319446044674?s=20&t=Y4YDH0qDoms0mfW0-fMTYg

ancora una volta il presupposto ideologico che c’è dietro questa argomentazione è che “la scienza” e suoi risultati hanno il completo diritto (in virtù di una supposta superiorità oggettiva e quindi morale) di una precedenza di qualche tipo su altre forme di valutazioni certo non negate, ma in quanto ritenute meno “scientifiche” (cultura, storia…) con meno legittimità argomentativa. Come a dire: “la scienza ha la precedenza e ha il diritto di scalzare gli altri”. Il problema di fondo è che in realtà non esistono “soluzioni scientifiche”, ma solo risultati. Le soluzioni invece sono solo argomenti etici ed in fin dei conti politici, rispetto alla tecnica possibile del momento. Notare come il nostro blogger dia valutazioni di carattere assolutamente morale quando dice “non è gravissimo; è giusto!” dando così definitivamente un valore etico-morale a decisioni presuppostamente ritenute “scientifiche” ma che invece scientifiche non sono affatto; un conto infatti è il risultato scientifico conseguente l’assunzione di alcool, un conto è la decisione su cosa vogliamo fare a valle di questi risultati: qualunque essa sia non avrà nulla di scientifico. La scienza ripete continuamente nei propri paradigmi che essa non può dare risposte né politiche né etiche né di morale né religiose. Eppure molti la usano proprio in quelle direzioni li. Il @MedBunker, ad esempio, dall’alto della sua supposta moralità superiore, non sembra preoccuparsene, e da giudizi morali ed etici sulla base di argomenti scientificamente solo apparenti.

Onestamente non saprei quanto valga la pena di mettere certe etichette sul vino: ma come il lettore avrà capito non è questo il punto.

E qui veniamo al punto, allora: abbiamo disperatamente bisogno di qualcosa, qualcuno, un’idea, una concezione che ci salvi… che ci faccia sentire che, seguendola, siamo, o saremo finalmente al sicuro. In posto di pace, tranquillità e serenità, gioia e felicità. Questa dimensione umana è irriducibile. Più cerchiamo di scansarla, più si ripresenta con tutta la sua forza. Cosa ci farà trovare tutto questo, o una sua parte? Può essere la scienza (una parte della cultura di oggi sembra volerci dire questo). O la tecnologia: il trans-umanesimo, l’intelligenza artificiale che ci darà nuove vie; la ricerca scientifica che ci darà l’immortalità; o l’esplorazione spaziale, che ci salverà fra migliaia di anni da una (presupposta) estinzione inevitabile etc…

Ma cosa centra tutto questo con la domanda del signor ‘Cristiano’ su cosa sia la Salvezza? Da cosa dobbiamo salvarci davvero?

Da cosa vogliamo veramente essere salvati? Infondo infondo, a ben vedere, vogliamo essere salvati dall’ingiustizia o da quello stato che noi percepiamo come ingiusto, distorto, in qualche modo sbagliato che ci sta intorno sempre, in ogni momento. Percepiamo istintivamente e inconfessabilmente che ci siano troppe cose sbagliate a questo mondo per poter essere accettabili. E non è così oggi, da adesso. E’ da sempre: dagli albori della civiltà: ogni nostro antenato, fino ai nostri nonni e ai nostri padri hanno sentito questa percezione; sempre. Ma perchè? Perché tutti percepiamo di essere contornati di una fondamentale ingiustizia? In famiglia, negli affetti, nella società, nello Stato, nella politica, nel mondo? Anche quando siamo davvero da soli non siamo mai soddisfatti: c’è sempre la sensazione costante che ci manca qualcosa di realmente e pienamente appagante. Sono pochi, davvero pochi i momenti di grande e piena gioria, felicità interiore, pace, senso di essere un tutto con tutto che ci circonda. Eppure non facciamo che desiderare continuamente di essere uniti al tutto che ci circonda, e però percepiamo nostro malgrado, di esserne costantemente separati. Gli amori terminano, a volte con delusioni enormi, gli affetti e in nostri sogni e convinzioni prima ritenuti solidi si infrangono miseramente difronte le nostre miserie e fragilità. Eppure sentiamo che questo non è ciò a cui siamo chiamati: desideriamo altro.

Insomma sentiamo profondamente l’esigenza di un Messia. Può essere qualsiasi cosa, o un qualcuno. Non ha importanza: un concetto, una idea, una ideologia politica, un fondamentalismo religioso, o un credo o una fede mite e pacifica, una pratica meditativa, o una attitudine mentale probabilmente inconsapevole come il nostro @MedBunker o la fede cieca nella scienza, nella tecnologia, nell’intelligenza artificiale. Ogni volta che attribuiamo a qualcosa una sorta di superpotere che va oltre le reali capacità di quel qualcosa lo stiamo implicitamente “messianizzando”, almeno in parte.

Oppure la guarigione da ogni malattia. Ad esempio un altro tweet un certo Maclarca mi rispondeva in questo modo qui:

https://twitter.com/bzimageit/status/1614284024343658497?s=20&t=Y4YDH0qDoms0mfW0-fMTYg

notare come la “cura del cancro” viene portato ad esemplificazione estremale di una condizione umana fondamentalmente insopportabile: la paura della morte. La madre di tutte le paure, di tutte le separazioni, di tutte le ingiustizie.

Non stiamo parlando del semplice decesso, quello dei polli, dei vermi o dei bisonti. Ma della morte: una abisso non solo biologico, ma misterioso, che solo l’uomo sperimenta davvero. Che solo l’uomo non vuole far altro che fuggire con disperazione. Non è il semplice “istinto di sopravvivenza” tipico degli animali: è qualcosa di fondamentalmente diverso, che lo include, ma lo supera.

Lo stato di separazione, distorsione, sostanziale ingiustizia in cui viviamo costantemente ha origine ultima e ontologica nella paura della morte. Non dal timore, che sarebbe sano e retto, ma dalla paura.

Il timore è conseguenza della ragione e dell’amore. La paura invece della distorsione e dell’irrazionalità. Rimanere nella paura ci fa permanere nello stato di separazione.

Le varie forme messianiche, i vari surrogati che l’uomo crea da solo, come la Torre di Babele, non possono che dare soluzioni effimere e parziali.

La sapienza orientale (buddismo) chiama questo stato misterioso di separazione “karma”. Mentre la rivelazione cristiana l’ha elaborato come “peccato originale”, usando un nome a dire il vero non proprio chiarissimo. “Caduta” per usare un termine più biblico.

Ecco: sentiamo di essere dei “caduti” che in realtà meritano qualcosa di più elevato, di più alto rispetto a quello che viviamo tutti i giorni. Sentiamo di non meritare quello stato di separazione, desideriamo l’unità, la pace, l’integrazione con il mondo piuttosto che l’esserne separati. Vogliamo essere uno con il mondo e con tutti; in una parola vogliamo amare. Ma non ci riusiamo veramente fino infondo.

La rivelazione ebraico-cristiana prova a portare un messaggio nuovo: che per uscire da questo stato bisogna iniziare prima a sentirsi amati (ovvero riconoscere la grazia nella mia vita). E che noi non siamo e non ci identifichiamo con i nostri peccati, cioè i nostri limiti e le nostre distorsioni, anche quando queste sono originate da noi.

Purtroppo abbiamo una concezione troppo moralistica del peccato e pensiamo che siano soltanto i semplici “atti che facciamo” oppure certe “cose sporche” e “sbagliate” che commettiamo. Purtroppo anche una certa pastorale tradizionale della Chiesa Cattolica, con una amministrazione del sacramento della confessione ancora limitato al “auricolare” degli atti non aiuta ad andare in profondità al senso profondo del peccato, rimanendo solo nella superficie, e con ciò perdendo una grossa opportunità pedagogica, di crescita personale e di autentica liberazione.

Il peccato è un qualcosa di molto più ampio e profondo. E’ fondamentalmente uno stato da cui vogliamo essere salvati. Quello stato sbagliato in cui sentiamo si permanere sebbene non vogliamo. Da esso si può uscire in tanti modi, non esclusi la preghiera, la meditazione profonda e altre pratiche ascetiche presenti in molte tradizioni iniziatiche.

Ma fondamentalmente è la fede. Quella in Gesù Cristo inaugura questo processo: io credo che sia un modo fondamentalmente credibile, non perchè l’abbia sperimentato fino infondo: ma attraverso le vie ascetiche e mistiche che con lui e mediante lui ho avuto modo di assaggiare molti antipasti di quel senso di liberazione, di salvezza, che è possibile almeno in parte vivere mediante la fede; già qui e ora, anche se non pienamente.

E’ questo in sostanza il kerigma del Cristo che l’evangelista Marco riassume così: «Il tempo è compiuto e il regno di Dio è vicino; convertitevi e credete al vangelo» (Mc 4,15)

  • Il tempo è compiuto; tradotto: è possibile sconfiggere nella nostra vita e nella storia l’era della distorsione, della separazione, della oppressione perchè ora qualcosa è cambiato.
  • Il Regno di Dio è vicino; tradotto: puoi uscire da questo stato di oppressione, distorsione, ingiustizia, fin da ora.
  • Convertitivi; tradotto: cambia modo di pensare, di ragionare e vedrai che il mondo inizierà a prendere una piega nuova.
  • …e credete al Vangelo; tradotto: buona notizia; quella gioia, quella felicità che tanto desideri viene dalla fede ed è possibile iniziare ad accederla. Qui e ora.

Non tutti i problemi saranno risolti, ma un orizzonte nuovo si aprirà davanti e quella vita eterna comincerà a sbocciare dentro di te per poi proseguire in chi ti sta attorno, e nell’eternità dei tempi.

E’ questo da cui dobbiamo essere salvati: l’abisso insopportabile della nostra finitezza.

Auguri di buon onomastico (S. Fabriciano)

una coppia di sposi e fratelli nella fede, una santa coppia davvero, oggi mi invia su WhatsApp questo messaggio:

Tanti auguri di buon onomastico!

Wow! Incredibile! E’ la prima volta nella vita che qualcuno mi fa gli auguri di buon onomastico. Io stesso non sono particolarmente “devoto” al santo che porta il mio nome, e tanto meno non sono solito fare auguri di onomastico ne in generale ne ad altri fratelli nella fede.

E però una volta mi ricordo mi sono interrogato sul senso di tutto questo.

La mia risposta su WhatsApp è stata questa:

Ah ah…. è la prima volta in assoluto che qualcuno mi fa gli autori di S. Fabriciano (o Fabriziano). Grazie!
Il mio nome è così sfigato che mi tocca ripiegare su uno simile, neanche uguale.
Le fonti stesse sull’esistenza di questo personaggio sono dubbie.
Tra l’altro si sa così poco di lui, forse vescovo a Toledo nel III secolo. che praticamente è la sola tradizione che l’ha tramandato. Chissà chi fosse veramente.
Cosa ci dice questa storia?
Che la storia della Chiesa non è iniziata nella gloria e nella fama, nella potenza di chi invece lascia decine e decine di tracce storiche come le lapidi per i potenti imperatori.
La Chiesa delle origini, dei santi sconosciuti nasce nella fatica di una comunità che non si preoccupava di tramandare ai posteri più di tanto con opere indelebili, ma con la forza dello Spirito che ne fa memoria del ricordo. Come gli apostoli della resurrezione.
E pazienza se in questo certi dettagli si sono persi. Pazienza se chi è venuto dopo ha sentito il bisogno forse ingenuo ma genuino di “riempire” quel vuoto con leggende e racconti spesso fantasiosi.
E’ proprio in questa precarietà che la Chiesa e la sua storia è più vera, perchè davvero incarnata nelle umane vicende, nei limiti e nelle pieghe arrugginite di una umanità che chiede solo di essere salvata dal suo Signore dal non senso e dalla disperazione.
A me questa storia dice che anche la mia storia forse non passerà alla “Storia” ma lascerà spero un segno nel cuore di Dio: le offerte, il silenzioso cammino verso di lui; con questo segno sarò allora davvero pienamente me stesso. Questa è la mia speranza e la mia preghiera.
Questo mi basta essere: un santo anonimo, ancora meno di S. Fabriziano.
Buon S. Fabriziano !

Che all’epoca tanto anonimo non doveva essere, visto che comunque morì come martire, durante le “grandi” persecuzioni.

Fonti: sito santiebeati

Razza? Umana

Oggi ho fatto come quando Albert Enistein, arrivato in USA e dovendo compilare la modulistica per ottenere il passaporto di quel paese alla domanda “razza” indicò “umana”. Oggi in Europa/Italia ci facciamo influenzare da certe culture oltreoceano che non ci appartengono senza neanche applicare un filtro di contesto.

Oggi ho fatto come quando Albert Enistein, arrivato in USA e dovendo compilare la modulistica per ottenere il passaporto di quel paese alla domanda “razza” indicò “umana”. Oggi in Europa/Italia ci facciamo influenzare da certe culture oltreoceano che non ci appartengono senza neanche applicare un filtro di contesto.

Ho dovuto compilare un modulo per una indagine conoscitiva per mio figlio noto in letteratura come “QUESTIONARIO SUL COMPORTAMENTO DEL BAMBINO 6-18” di cui se ne trovano diverse versioni in rete. Pare derivi da un modello abbastanza standardizzato di provenienza statunitense, c’è anche una voce wikipedia.

A parte la ridicolaggine di catalogare come “bambino” un ragazzo di 18 anni (6-18 indica la fascia di età), due cose mi hanno alquanto colpito: a fianco ai soliti dati anagrafici vi era una domanda (vedi foto) testualmente “GRUPPO ETNICO O RAZZA DEL BAMBINO”. Mi si sgranano gli occhi! Razza? Ma stiamo scherzando?

Per chi conosce almeno un poco la devastata società statunitense, non ci vuole tanto a capire come questo modello sia stato tradotto letteralmente senza troppi complimenti e soprattutto senza nessuno spirito critico. Ne ho trovate in rete alcune versioni che hanno omesso o sostituito l’imbarazzante domanda, dunque qualcuno si è posto il problema.

Posso capire “gruppo etnico” e infatti ho risposto (spero ragionevolmente bene) “italiano“. Ma razza? No questa non ce la faccio proprio: e allora non ho potuto fare a meno di rispondere come il grande fisico, anzi ho voluto essere ancora più “scientifico”: Homo Sapiens. Che sarebbe a dire il vero la specie… vabbè.

Ora senza fare troppo il moralista bacchettone posso anche capire che nelle condizioni socio-politiche degli USA una domanda del genere non solo “non fa scandalo” ma può risultare del tutto ragionevole per una indagine appunto sociale e personale: per una società frammentata e problematica come quella USA appartenere a una certa “razza” o come la chiamano loro costituisce un elemento discriminatorio rilevante che quindi può avere senso mettere in un questionario. La la parola “razza” qui da noi ha un’altra significato. Per capirlo dobbiamo andare a vedere cosa dice l’articolo 3 della nostra Costituzione, che si porta dietro l’esperienza fascista. In Europa e in Italia che senso ha? Stiamo discutendo (e secondo me a ragione) se togliere o no dalla nostra Costituzione nell’art. 3 la parola razza (la questione se togliere questa parola dal testo della Costituzione è al momento dibattuta ma è in interessante osservare che lo fu anche durante i lavori della Costituente: molto interessante e di non banale soluzione.

Primo filtro mancato: quello del traduttore.

Secondo filtro mancato: quello dei professionisti che mi hanno messo in mano un tale questionario, senza nessuna revisioni, o spirito critico. A Roma, ne 2021; non nel Bronx.

Mi viene quindi anche un’ altro dubbio: che certi questionari copiati-incollati e tradotti pure male, presi dalla realtà americana, totalmente diversa dalla nostrana possano misurare malamente realtà sociali diverse. Se chi lo ha formulato lo ha fatto con una expertise sociologica americana, quelle domande non misureranno forse in modo distorto nella realtà sociologica Europea/Italiana ?

E infine un’ultima riflessione e domanda: nella psichiatria e psicologia siamo completamente riflessi in Europa degli eminenti “studiosi americani”. Non obietto sulla qualità di questi studi oltreoceano, ma non è che almeno dovremmo chiederci in modo critico se davvero ha senso usare certi strumenti? E non magari riadattarli a tutt’altro contesto socio-culturale? Certo è facile fare copia-incolla soprattutto se certi documenti provengono da “prestigiose università americane” o da “prassi consolidate oltreoceano” ma se fai questo solo perchè così è più facile e immediato spegnendo il tuo senso critico, per incensarti di essere all’avanguardia nell’uso dei “studiosi amerikani” non stai facendo altro che auto-denunciare la poca profondità del tuo modo di fare scienza.

Paraguay: dal commercio equo e solidale ai SUV americani, passando per Kyoto

Testimonianza diretta e considerazioni a valle di una chiacchierata riguardo le cooperative agricole in Paraguay. Il commercio equo e solidale non sempre realizza i sogni di questa gente; La conversione a soia trasgenica devasta l’ambiente, piuttosto che tutelarlo come asserisce il famigerato protocollo di Kyoto. Anche la cultura e le tradizioni ne vengono ferite.

Calendario di una cooperativa di contadini per la produzione di zucchero di canna in Paraguay
Calendario di una cooperativa di contadini per la produzione di zucchero di canna in Paraguay

A casa di una cugina di famiglia, qui in Paraguay, mi ha attirato l’attenzione questa immagine (cliccarci sopra per ingrandire), che ho fotografato da un calendario in casa.
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Buonanotte Google

Screenshot from 2015-12-20 00:12:23
il doodle di Google nel giorno del proprio compleanno

Passata la mezzanotte della sera del 19 dicembre, ecco cliccando su “Home Page” del browser, per tornare alla barra di ricerca di Google, mi appare il doodle che mi fa gli auguri di buon compleanno.

Insomma i primi auguri dei 40 anni me li ha fatti Google!!

Non male per un informatico di professione; “Carino“, ho pensato; però, a dire il vero, non è che mi sia emozionato chissà quanto…. sapendo poi che dietro c’è un programma, peraltro pure banale, che personalizza la home page nel giorno del proprio compleanno; ovviamente se l’utente è registrato e autenticato, come me appunto. Insomma tecnologicamente banale, e diciamo pure abbastanza scontata come idea: quasi quasi ci si meraviglierebbe se la grande G (che ci ha abituato a molte belle e originali sorprese non solo con i doodle) non facesse una cosa del genere.

Sarà diverso domani mattina.quando moglie e pargoletti mi abbracceranno, magari portandomi qualche regalino e cantando il classico “tanti auguri…”.

Non sempre chi arriva primo vince davvero: buonanotte Google!

Andiamo in centro, per uno di noi

Oggi sono andato alla marcia per la vita a Roma. Con moglie e figli al seguito. Il sole, la gioia, la stanchezza, ma alla fine si è fatta una cosa giusta.

marciaperlavitaOggi ho portato la mia famiglia, moglie, figlio di 2 anni, figlia 6 mesi, alla marcia per la vita, http://www.marciaperlavita.it/.

I bimbi sono stati bravi, anzi bravissimi. Perfino sono riuscito a darle il biberon alla piccola mentre si camminava. Il tempo ha tenuto.

Noi ci siamo un po’ stancati, ma ne è valsa la pena. Solo esserci. Per dire che la vita è vita e va difesa. Leggi tutto “Andiamo in centro, per uno di noi”