Il moralismo laico e il caso Alfie Evans

il caso ci obbliga a ripensare i nostri schemi di pensiero al di la del fatto in se. La scienza può determinare scelte morali? No: lo dice proprio il princpio di laicità della scienza.

 

Molto viene scritto in queste ore su questo caso e, come a solito, le posizioni sono polarizzate.

Ma io qualche domanda ce l’ho. Leggi tutto “Il moralismo laico e il caso Alfie Evans”

Cacciatore di bufale accecato da una mitra

la home page di attivissimo.net
la home page di attivissimo.net

Rispondo pubblicamente a Paolo Attivissimo (e non è la prima volta [1] [2] ) al suo farneticante post:

Vescovo svizzero cita pena di morte biblica per gli omosessuali. E per chi mangia gamberetti

Paolo Attivissimo è giornalista molto serio nel campo dell’Informatica, Astronautica e della scienza in genere, noto cacciatore (e demistificatore) di bufale soprattutto online, anticomplottista. Lo stimo tanto che è nel blogroll di questo sito e fra i miei siti preferiti. Quanto però parla di religione non solo cade in strafalcioni grossolani ma tradisce i suoi stessi principi, linee guida e metodi che di solito ne fanno un ottimo, scrupoloso e serio giornalista. Leggi tutto “Cacciatore di bufale accecato da una mitra”

Je Ne Suis Pas (Exactement) Charlie

je-suois-charlieTraduco dall’inglese un articolo che ho trovato in rete e che condivido, e provo a spiegare perché secondo me lo slogan “je suis Charlie” scelto dopo i tragici e gravissimi fatti di Parigi, se da un lato vuole sintetizzare una emozione, uno sdegno più che giusto, anzi sacrosanto, dall’altro non è proprio una scelta così felice, perché infondo infondo i motivi per dissentire da una tale adesione ci sono eccome. Possono essere diversi, da quello ideologico di un Le Pen, che afferma che quel giornale non aveva alcuna morale politica in quanto anarco-trotskista e perché aveva chiesto lo scioglimento del suo partito, il Fronte Nazionale. Non mi paiono proprio delle ragioni alte…. ma solo per dire che ce ne possono assere anche di molto diverse dalla mia sensibilità. Se ne possono trovare molte altre in rete, ma quella più seria e acuta, mi è sembrata essere l’articolo di Remy M. Maisel [1] «Je Ne Suis Pas Exactement Charlie» [Non sono (esattamente) Charlie]; sottotitolo: «why I condemn the killings in Paris—but don’t endorse the mockery of Islam», cioè: perchè condanno la strage di Parigi – ma non approvo la derisione dell’Islam.

Devo dire infatti che l’espressione “je suis Charlie” è un po’ infelice perché si presta anche a una interpretazione per cui chi vuole esprimere il giusto sgomento per un atto così barbaro, finisce per approvare o far credere che possa approvare anche il contenuto e le modalità con le quali questo giornale aveva deciso di esprimere la libertà di stampa. Nel mondo mussulmano hanno trovato mi pare uno slogan più condivisibile ed efficacie: not in my name.

Traduco dall’inglese [2] omettendo alcuni passaggi, troppo legati alla realtà statunitense: (la traduzione non è ovviamente rivista ne approvata dall’autore). In colore marrone ho messo i passaggi della cui traduzione non sono sicuro oppure che non condivido personalmente. I grassetti sono miei.

[Inizio traduzione]

L’attacco terroristico al giornale satirico francese Charlie Hebdo ha portato una diffusa condanna della violenta repressione della libertà di parola, così come il supporto generale per il concetto di satira. Ma mentre è giusto che la nostra disapprovazione alla violenza sia incondizionata, forse dovremmo esaminare il particolare tipo di satira di Charlie Hebdo, prima che tutti noi cambiamo le nostre foto nei nostri profili e  dire “Je suis Charlie“.

Anche se va da se che nessuno dovrebbe sentirsi o essere minacciato per aver esercitato il proprio diritto alla libera espressione, indipendentemente da quello in cui si crede, ad ogni modo diciamolo comunque. Nonostante la nostra predilezione nel beffarci dei francesi e mangiare troppe patatine della Libertà [gioco di parole intraducibile: “patatine francesi” negli USA vuol dire “patatine fritte”, NdT], l’America e la Francia sono nati con ideali simili, e si aiutavano a vicenda grazie alle rivoluzioni che ci hanno generato. Quindi la libertà di parola e di stampa è un ideale illuministico che le nostre nazioni condividono. Come la citazione famosa attribuita erroneamente a Voltaire Disapprovo quello che dici, ma difenderò fino alla morte il tuo diritto di dirlo“. E, infine, è da considerare nobile il desiderio dell’editor di Charlie Hebdo Stéphane Charbonnier dimorire in piedi [piuttosto] che vivere in ginocchio , che ha espresso dopo la che pubblicazione fu incendiato nel 2011.

Là. Lo abbiamo detto. Terroristi cattivi. Charlie Hebdo buona. Je suis Charlie. Nous sommes tous Charlie.

Ma lo siamo davvero? Charlie Hebdo è un settimanale che contiene vignette e contenuti che sono noti per essere molto irriverenti ed estremamente antireligiosi. Pubblica una sorta di satira, ma di che tipo? È vera satira, o è pseudosatira? E qui sta una distinzione importante.

La vera satira ha solo benefici, contribuendo a mantenere una democrazia funzionante, incoraggiando il pensiero critico e un ragionato impegno politico e sociale. Soprattutto negli Stati Uniti, la satira ha avanzato largamente il nostro dialogo politico ed ha educato il nostro elettorato. […]

[…]

Non tutto ciò che si autoproclama satira è veramente tale.

La satira americana è uno spettro graduato, e all’estremità opposta di spettacoli come The Daily Show vi sono spettacoli come South Park e Family Guy. Essi sono spesso divertenti e usano lo stile ironico della vera satira come The Daily Show, ma non hanno un intento focalizzato. Sono puro intrattenimento, e sempre a spese di chi viene deriso. Ad esempio, mentre Stephen Colbert (un devoto cattolico) deride l’abuso di autorità religiose, South Park prende in giro solo il religioso, o il concetto di religione.

Ed è quello che Charlie Hebdo fa tipicamente. Spesso, l’obiettivo delle vignette di Charlie Hebdo sono le persone che sono caricaturate e ridicolizzate; è semplicemente il religioso. Altre volte, l’obiettivo è chiaro, l’ultimo Tweet prima che l’attacco è stato un cartone animato del capo dell’ ISIS che offre desideri di vacanza politicamente corretti. I musulmani già affrontano la discriminazione in Europa come in America e prendersi beffa di loro non è ne coraggioso ne benefico. Le vignette hanno rappresentato tutte le religioni, ma il porsi come una trasgressione per pari-opportunità è anche parte di ciò che lo rende un generatore di pseudosatira. Non c’è proprio niente di coraggioso su secolari uomini bianchi che deride tutti gli altri. Non si può satirizzare l’ intolleranza essendo intollerante.

La vera satira, che dovrebbe essere sana e benefica, deve essere distinta da quello che nei termini di Russell Peterson è la semplice presa in giro nella pseudosatira. La vera satira non tira mai colpi verso il basso; l’obiettivo deve essere sempre qualcuno in una posizione alta, sopra il satirico, non qualcuno con meno privilegi. Così, mentre potrebbe essere divertente, alla pseudosatira mancano i benefici sociali della vera satira, che comprendono una maggiore consapevolezza politica e l’impegno tra i telespettatori. Invece, la pseudosatira promuove il cinismo, l’apatia, l’ intolleranzaproprio quelle cose che la vera satira combatte.

Parte di ciò che ha reso The Colbert Report così notevole è stata la sua capacità di creare coinvolgimento pubblico attraverso la satira, spesso utilizzando i social media. Ad esempio, Colbert HA incoraggiato gli spettatori a unirsi a lui in tweeting nello stile del senatore Chuck Grassley utilizzando #IGotTheTweetsLikeGrassley per evidenziare la relativa inefficacia dei repubblicani al rafforzamento delle relazioni con gli elettori attraverso i social media. Ma non abbiamo bisogno sempre di essere sollecitati da un professionista. Durante lo shutdown del governo degli Stati Uniti, il pubblico ha preso a Twitter per postare #ShutdownPickupLines che hanno evidenziato sia il ridicolo della situazione e il modo in cui essa comprometterebbe cittadini medi, con il valore aggiunto di essere divertente.

Per Charlie Hebdo è famosa, tra le altre cose, la pubblicazione di una serie di vignette danesi raffiguranti il profeta Maometto, la Vergine Maria con il naso di un maiale e un cane di fare sesso con il presidente francese Francois Hollande. La pseudosatira usa ironia e umorismo in molto simile alla vera satira, ma con differenze cruciali che alterano drasticamente l’effetto al momento della fruizione. La maggior parte delle paure infondate che le persone hanno sulla satira, e il fatto che i giovani sembrano preferire al mainstream, i metodi tradizionali di consumo di notizie, sono in realtà i timori di pseudosatira e il cinismo e l’intolleranza si riproduce. Questo è quello che Charlie Hebdo, francamente, fa spesso.

 [fine della traduzione]

Un’altra considerazione che mi sovviene è che, no Charlie Hebdo, non rappresentata affatto i valori illuministi, che anzi sono i primi a essere stati da loro traditi (e non voglio mancare di rispetto alle povere vittime). Ancora più tradito è proprio il dogma transalpino di Liberté, Égalité, Fraternité. Chissà perchè tutti i giornali parlano oggi (basta dare una sfogliata in giro) solo di violazione della Libertè. Il motto ci ricorda che le tre cose vanno insieme: non si può reclamare la libertà schiacciando e umiliando la dignità dell’altro quando questo altro è un tipo-umano generico (e non un potente come ci fa giustamente notare il blogger statunitense): insomma Charlie Hebdo reclamava solo una libertà a senso unico, ma di fatto non vuole prendere sul serio altri pilastri e finiva per disstruggere e minare proprio la Fraternité che la  societas necessita per un sano convivere civile. E non voglio certo insinuare “se la son cercata…”: i fatti di Parigi sono scontatamente di una gravità tale che neanche voglio troppo soffermi a puntualizzarlo, visto che di inchiostro ce ne è già abbastanza. Infondo nell’emozione del momento lo slogan siffatto, per sintesi ed efficacia immediata, si può pure tollerare. Ma è appunto una tolleramza, la mia, più che una piena adesione.

Ma anche su questo che oggi dobbiamo interrogarci: per ora tutti continueranno a dire “Je suis Charlie” a causa della forte onda emotiva. Ma poi, dopo la sbornia, verrà il momento della riflessione.

L’Europa sta tradendo i suoi più alti principi: lo sta facendo contro il meglio che l’illuminismo ci ha dato. Figuriamoci poi se vuole prendere sul serio altri pilastri, come per esempio quello giudaico-cristiano, contro l’inserimento del quale in una bozza di Trattato per una Costituzione Europea, proprio la Francia ha dato aspra e ideologica battaglia, negando ogni evidenza storica.

I i miei cinque lettori, che ne pensano?

    Cosa ne pensi?

    manda un fast feedback in modalità anonima. Puoi farlo anche se non hai letto tutto l'articolo.
    troppo lungopoco chiaronon ci avevo mai pensato
    L'argomento trattato ti interessa?
    Quanto condividi questo articolo?

    [1] Remy M. Maisel è un blogger e co-autore, con Sophia A. McClennen, di Is Satira Risparmio nostra nazione? Derisione e American Politics (Palgrave 2014).
    [2] con l’aiuto del traduttore di Google Translate.

    Le bastonate della cultura del provvisorio

    «la cultura del provvisorio ci bastona tutti» dice Papa Francesco. Che implicazioni ha la fedeltà con la società post-moderna e le esigenze del mercato di oggi?

    homoconsumisticus«…rimprovero questa cultura del provvisorio, che ci bastona tutti, perché non ci fa bene: perché una scelta definitiva oggi è molto difficile. Ai miei tempi era più facile, perché la cultura favoriva una scelta definitiva sia per la vita matrimoniale, sia per la vita consacrata o la vita sacerdotale. Ma in questa epoca non è facile una scelta definitiva. Noi siamo vittime di questa cultura del provvisorio». [1]

    Così Papa Francesco ai giovani in cammino vocazionale. Ma in che senso ci bastona?

    L’equazione è presto fatta: Il consumismo ha bisogno sempre di nuovi  bisogni, nuove necessità da indurre in un mondo sempre più velocemente mutevole. Chi fa una scelta definitiva, di qualunque tipo essa sia, oggi è un eversivo, perché è contro il potere del conformismo che vuole solo soggetti pronti a cambiare scelte in nome di una vita sempre mutevole, sempre dinamica. Relativismo sociale: tutto è mutevole, le relazioni, la vita, le scelte. Non c’è posto per la fedeltà, scelta liberamente: è pericolosa perché eversiva. In un sistema dove il soggetto è innanzitutto soggetto di consumo la fedeltà fa rallentare i processi: chi fa scelte definitive immobilizza il mercato, perché si radica per tutta la vita in abitudini o convinzioni dalle quali non è disposto a tornare indietro: un pessimo consumatore; il provvisorio dunque è il contrario della fedeltà. Il mercato ha bisogno di mutevolezza, più si muta velocemente più cambiano i bisogni più si creano nuovi mercati che i volponi della sociologia e gli statistici dei trend con rapidità intercettano prima di altri. Questo è il dogma di ciò che il potere chiama progresso. Chi si oppone è un inetto, un retrogrado, un bigotto [2], e altre etichette simili.

    Non è facile rendersi conto come molti dei bisogni economici e di un certo concetto di benessere richiedano una ridefinizione di principi etici: manipolazione genetica ed embrionale, mercato della fecondazione in vitro per la produzione in serie di esseri umani etc…

    E’ un bastone che fa poco male, anzi somiglia molto a una carota. Perché in un mondo dove tutto è provvisorio si ha sempre l’illusione di poter fare un’altra scelta, dunque di essere più liberi.  La libertà viene misurata con il numero di scelte possibili che l’uomo si trova difronte; equazione banalissima:

    numero di scelte maggiore = + libertà

    con la cultura del provvisorio questa misurazione è perfetta! La libertà si mostra come massimizzata. Ti vengono così proposte infinite scelte tranne una: essere fedeli a se stessi.

    Quando però ci si interroga su quali siano gli strumenti per fare le giuste scelte in questo marasma di possibilità che la vita liquida post-moderna ci propone, allora iniziano i guai. E l’uomo si trova solo. E forse qualcuno inizia a chiedersi di che tipo di libertà stiamo parlando davvero: c’è davvero bisogno di un Papa per ricordarcelo? Ma dove sono gli intellettuali liberi di una volta?

     

    [1] da www.news.va

    [2] miei precedenti post qui.

    Abbiamo confini, non limiti

    un cartellone a Roma recita “Libero stato del Gay Village. Abbiamo confini, non limiti”.

    gayvillage-cartellone

    Davanti a una scuola ho fotografato questo cartellone (cliccare sull’immagine per ingrandire). E’ una campagna pubblicitaria del Gay Village.
    Mi ha colpito il messaggio che questo manifesto vuole trasmettere. Mostra abbastanza chiaramente quali sono i presupposti culturali e ideologici di questo “mondo”. Il mondo gay, che è appunto una agenda politico-economico-culturale, e non rappresenta gli omosessuali tout-court. Leggi tutto “Abbiamo confini, non limiti”

    Beato Andrè

    Blitz “all’acqua santa” delle Femen contro l’arcivescovo Bruxelles, Andrè Joseph Leonard.

    Femen-vescovo- Bruxelles|

    Blitz “all’acqua santa” delle Femen contro l’arcivescovo Bruxelles, Andrè Joseph Leonard, titolano le testate online. Il prelato ha reagito rimanendo in silenzio, fermo, pregando.

    Consultimo ora un’altro libro. il Vangelo di Matteo al capitolo 5:

    11 Beati voi quando vi insulteranno, vi perseguiteranno e, mentendo, diranno ogni sorta di male contro di voi per causa mia. 12 Rallegratevi ed esultate, perché grande è la vostra ricompensa nei cieli. Così infatti hanno perseguitato i profeti prima di voi. […]

    43 Avete inteso che fu detto: Amerai il tuo prossimo e odierai il tuo nemico; 44 ma io vi dico: amate i vostri nemici e pregate per i vostri persecutori,

     

    Il Potere senza Verità

    Nuove forme di dittatura, sottile e subdola, avanza indisturbata nelle nostre democrazie occidentali.Si ammantata di democrazia, libertà e giustizia, come sempre. Il Potere con una falsa verità è dittatura probabile. Il Potere senza verità è dittatura certa.

    In una realtà sociale in cui il sacro (tra)scendente non esiste più, rimane solo la possibilità di sacralizzare l’immanente. E nella disperata ricerca di rassicurazione, la più potente e la più seducente di queste possibilità non può che essere il conformismo dell’opinione dominante. O di quella che sa apparire e convincere meglio di essere tale. Chi non lo è viene discriminato, fatto apparire come un appestato, un irragionevole, un vecchio retrogrado.

    E’ un potere senza identità e senza volto, al quale sarà difficile ribellarsi, proprio perchè anonimo, senza nomi e cognomi come invece lo erano gli antichi tiranni.

    Nuove forme di dittatura, sottile e subdola, avanza indisturbata nelle nostre democrazie occidentali. Si ammantata di democrazia, libertà e giustizia, come sempre. Leggi tutto “Il Potere senza Verità”

    L’antropologia del «vecchio comunista togliattiano»

    L’accusa di individualismo viene oggi lanciata alla cultura “laica” di sinistra di fatto dominante, che a detta di vecchi comunisti, è in netta contraddizione con i valori storici più autentici di quella tradizione politica.

    Palmiro Togliatti

    «Per quanto riguarda la difficoltà di arrivare a una mediazione legislativa in queste materie [Dat o unioni civili, NdR], penso che forse varrebbe la pena di provare a confrontarsi su cosa debba essere la famiglia, oppure partendo dall’estremo più estremo: l’eutanasia. Anche rispetto al senso morale comune, è difficile affermare che la disponibilità sulla mia vita sia un mio diritto individuale, poiché non mi sono autogenerato. Non conosco vite autogenerate, come non conosco morti solitarie, che non coinvolgano cioè la comunità. Lo stesso vale per le coppie omosessuali. È la Costituzione a definire cosa sia la famiglia, riconoscendole la finalità prioritaria della generazione. L’amore, l’affetto, la solidarietà sono importanti, ma quello che definisce la famiglia è la generazione e il diritto dei nati ad essere generati da un padre e una madre». [1] Leggi tutto “L’antropologia del «vecchio comunista togliattiano»”

    Lettera Aperta alla “Precisina”

    Lettera Aperta alla “Precisina”

    il sito della mia intelocutrice (http://1310bijoux.blogspot.it)

    Auguri innanzitutto per i suoi 40 anni (più un mese e qualche giorno).

    Le sue affermazioni che ho trovato qui (nickname The Precise One commenti numero #9 e #14) mi sembrano gravi e mi ha colpito in quanto rivolte in modo generalizzato verso un particolare gruppo religioso; viste le recenti tristi (e reali) vicende della Chiesa di quel paese, non mi pare che in questo momento quella chiesa abbia bisogno di fantasie per poter essere criticata.

    Ma siccome penso che lei sia una persona seria… e precisa, confido che certe affermazioni gravi lei le sappia documentare.

    Lei dovrebbe spiegare In che modo questa applicazione talebana avrebbe causato l’arretratezza della ginecologia irlandese…può farlo? Soprattutto in che modo pratico si attuerebbe tale “applicazione talebana” e che le relazioni precise ha con tutte le gravi limitazioni della medicina ginecologica di quel paese. Leggi tutto “Lettera Aperta alla “Precisina””

    Se Manini non è codardo siamo tutti meno liberi

    La vicenda di Michelangelo Manini è incomprensibile per il mondo di oggi. Dietro certi giudizi ingenui si nasconde una concezione del concetto di libertà umana che falsifica la realtà. Preferisco altri modelli…

    Michelangelo Manini, proprierario della FAAC, muore senza eredi e lascia un patrimonio miliardario alla Curia di Bologna; un gestro “strano” e inatteso. I giornali ne parlano. Mi ha colpito questo estratto di Deborah Dirani sul Sole24ore online:

    aveva appena 50 anni ed è morto dopo una lunga malattia. Ancora: non è stato nemmeno, il suo, un gesto dettato dalla paura della morte e di quello che potrebbe esserci nell’Aldilà, pentimento generoso e un po’ codardo di qualche terreno peccatore. No, no Manini aveva fatto testamento nel 1992, 20 anni fa, e mai da allora aveva rimesso mano alle sue ultime volontà.
    Semplicemente aveva deciso che, passato lui, le cose sue passavano alla Chiesa. E così è stato.

    Dunque secondo la Dirani, il Manini non è stato codardo. Leggi tutto “Se Manini non è codardo siamo tutti meno liberi”