Lettera e Preghiera per Vittorio Arrigoni “Vik”

Caro Vittorio “Vik”,

Ora che contempli l’assoluto, quell’assoluto che forse non intravedevi quaggiù, sai molto meglio di noi cosa vuol dire “Beati gli operatori di pace, perché saranno chiamati figli di Dio”. Aspettando che a noi tutti meglio ancora lo contempleremo nel mondo ricreato che insieme attendiamo quando il Signore ci svelerà ogni cosa. Leggi tutto “Lettera e Preghiera per Vittorio Arrigoni “Vik””

Voglio anch’io un ministro così

Shahbaz Bhatti, 1968-2011. Ministro per le minoranze religiose in Pakistan assassinato il 2 marzo.

Come molti sanno quest’uomo, ministro per le minoranze religiose in Pakistan è stato assassinato in questi giorni dai fondamentalisti perchè si è pronunciato a favore di Asia Bibi e contro la legge sulla blasfemia in quel paese.

Questo è il suo testamento.

«Il mio nome è Shahbaz Bhatti. Leggi tutto “Voglio anch’io un ministro così”

Ben Gurion in pericolo

“Se ci portano via di qui, in pericolo sarà l’aeroporto internazionale Ben Gurion”

Sembra una minaccia pronunciata da qualche “dirigente di Hamas” o qualche altro “terrorista palestinese”.

E invece questa frase è pronunciata da coloni israeliani che vivono negli avamposti dei controversi insediamenti, ben oltre la linea verde. Leggendo un interessante reportage [1] viene fuori il tipo di mentalità che muove la vita di queste persone, di fatto anarchiche.

Pensavo di sapere quasi tutto sulla questione israelo-palestinese visti i numerosi libri e articoli al riguardo che vado leggendo ormai dal 1993, quando assassinarono Rabin. E invece questa testimonianza ha aperto in me una visione che mi fornisce una nuova chiave di lettura secondo cui uno dei problemi di Israele sarebbe anche quello di fronteggiare l’eventuale terrorismo interno nel caso di una fine definitiva agli insediamenti (come oggi chiesto -almeno ufficialmente- da Obama): è più comodo affrontare il “terrorismo palestinese” che quello “ebraico”: il primo compatta l’opinione pubblica, il secondo sarebbe un vero shock nazionale che obbligherebbe la società israeliana a interrogarsi seriamente su se stessa e sulla propria storia: cosa che potrebbe mettere in crisi lo stesso stato ebraico e forse financo la sua sopravvivenza, vista la sua composita natura interna. L’dentità religiosa non sarebbe più quel collante sufficiente a tenere insieme quella società. Sembrerebbe dunque che lo stato ebraico attualmente non sia in grado di esistere senza la guerra: una trappola mortale per se stesso in un disperato tentativo di sopravvivenza.

E’ sempre comodo vedere il male al di fuori di se, proiettato “nell’altro” e nel “diverso” ed è invece sempre doloroso vederlo “nel se”, scoprirlo nel proprio giardino di casa.

Per quanto potrà durare? La storia prima o poi presenta il conto: più passa il tempo, più sarà salato.

Deve esserci un’altra strada, ma quale?

[1] http://chiesa.espresso.repubblica.it/articolo/1339692

IRAN: ISO 9001, quando lo stato garantisce


il 16 gennaio scroso intorno alle 18 ascoltai su Radio 1 un intervista ad un Iraniano di Teheran che parlava perfettamente italiano (non so se fosse qualche diplomatico, ma piu probabilmente qualcuno operante nel turismo) che spiegava circa la cultura, le diverse religioni minoritarie in Iran (cristianesimo, ebraismo, zoroastrismo). Dei centri archeologici importantissimi. In particolare si vantava di come il monoteismo sia nato li proprio con lo zoroastrismo. Diceva che in una via del centro di Theeran ogni 200 metri era possibile vedere dei centri culturari di queste religioni.

Dal sito della Iran Air [1] in una breve presentazione su “Lo Stato” alla religione mussulmana sono dedicate 83 parole, mentre ben 68 parole per soli 35 mila ebrei, 123 per 100 mila cristiani, e come se non bastasse altre 151 al tema “I diritti delle minoranze religiose in Iran”. Su un totale di 983 parole, una bella quota! A leggerlo direi proprio che lo stato dell’Iran abbia davvero a cuore le garanzie dei propri cittadini.

Il giorno dopo leggo su “Nessuno Tocchi Caino News” [2] [3]

IRAN: MAGISTRATURA CONFERMA LAPIDAZIONE DUE UOMINI
13 gennaio 2009: la magistratura iraniana ha confermato essere due gli uomini lapidati per adulterio a Mashhad “circa 20 giorni fa”.

Un terzo uomo – ha detto ai giornalisti il portavoce della magistratura Ali Reza Jamshidi – ha salvato la propria vita riuscendo ad uscire dalla buca in cui era stato interrato. Il giornale Etemad Melli ha identificato uno dei due giustiziati come Houshang Kh., ed il sopravvissuto come Mahmoud, di nazionalità afghana.
In base al codice penale iraniano, l’uomo salvatosi non potrà essere lapidato una seconda volta.
In caso di lapidazione, il condannato viene avvolto da capo a piedi in un sudario bianco e interrato (la donna fino alle ascelle, l’uomo fino alla vita); un carico di pietre viene portato sul luogo e funzionari incaricati o in alcuni casi semplici cittadini autorizzati dalle autorità, compiono l’esecuzione. L’art. 104 del Codice Penale stabilisce che “le pietre non devono essere così grandi da provocare la morte con uno o due colpi”, in modo che la morte sia lenta e dolorosa.

Incredibiie: hai perfino la garanzia di poter essere graziato non prima, ma durante l’esecuzione della pena! “Graziato” se riesci a dissotterrarti! Sei sei uomo magari sei anche piu forte, e poi perchè ti interrano solo “fino alla vita”; Se invece sei donna “fino alle ascelle”; ma anche qui lo stato ti offre garanzie: ti colpiranno solo alla testa, quindi soffrirai meno. Me lo immagino l’incaricato funzionario dello stato che come un notaio “sceglie le pietre della grandezza giusta”, le certifica, magari ci mette anche il bollino e in una comoda cariola le conduce a dei “semplici cittadini autorizzati dalle autorità”. Si perchè in Iran il cittadino è garantito dal fatto che quello che ti tira le pietre non è una persona qualunque, o peggio la parte lesa dei tuoi crimini (per carità la vendetta è una cosa barbara che lo Stato assolutamente garantisce di evitare!), ma è un cittadino autorizzato dallo Stato. Dunque pietre di qualità, solo tirate da cittadini di qualità.

L’ Iran è certamente un grande paese di garanzie: non solo ebrei e cristiani sono “garantiti”, ma perfino le pietre e il contollo di chi te le tira è garantito dallo Stato!

[1] http://www.iranair.it/italiano/turismo/lo-stato.shtml
[2] Nessuno Tocchi Caino News
[3] Notizia del washingtonpost.

Reset palestina

Il medioriente ha bisogno di un paio di RESET.

La palestina è sull’orlo di una guerra civile. Forse essa è già iniziata, è sotto gli occhi di tutti, ma nessun politco sulla scena si azzarda ad ammetterlo, perchè avrebbe effetti devastanti.

Un popolo sofferente, calpestato nella dignità e nella giustizia, che deve pagare anche l’umiliazione della debolezza interna, pagata con la contrapposizione politica e ideologica. Questo popolo, se non trova unità, sarà doppiamente beffato: dalla ingiustizia della loro terra e diritti rubati, ma anche dalle ambizioni personali di logiche tribali di leaders ormai senza alcuna autorità, presi solo dai propri interessi di potere. Non dunque nell’interesse di una causa e del proprio popolo, ma nel promuovere la propria fazione, il proprio lotto di potere.

Non solo dunque ingiustizia dallo stato di Israele, ma ingiustizia e umiliazione dalla stessa leadership interna: Hamas, che illude la gente disperata che la distruzione di Israele è l’unica soluzione di giustizia per cui valga la pena lottare e basa la propria forza politica alimentata dall’odio, e Fatah che corrotta fino al midollo, è credibile solo agli occhi di occidentali e sauditi che continuano a finanziarla per puri equilibri e calcoli politici. Il popopo palestinese è vittima due, tre… infinite volte.

Vittime del Sionismo, vittime di Hamas, vittime di Fatah, vittime dell’ Occidente e vittime di altri ipocriti paesi arabi.

Mai nessun popolo è stato piu martine del popolo palestinese.

Il popolo d’Israele (quando ancora questo nome non denotava uno Stato) è stato spesso vittima molte volte nella storia da parte di piu soggetti, in tempi e spazi diversi. Essi sono stati dei perseguitati ripetuti.

I palestinesi, invece, con singolare parallelismo, ma non meno gravità, hanno collezzionato nello stesso tempo e nello stesso spazio e vicenda storica, una molteplicità e una sovrapposizione dell’essere perseguitati, che non ha eguali per accanimento e beffardo stillicidio.
Essi sono quindi dei perseguitati concentrati e in modo multiplo.

Purtroppo il popolo palestinese, ubriaco delle sofferenze del proprio eroico martirio, non è cosciente ne si accorge di questa propria condizione. Le sofferenze di un popolo sono come una droga inebriante, che acceca la ragione e toglie il sonno. Nessuna lucidità per prendere coscienza del fatto che bisogna ricominciare da zero.

Un “RESET” al sistema, e pensare a idee nuove, a una ventata di aria fresca disintossicante.

P.S. il prossimo (secondo) RESET sarà dedicato al sionismo e alla società israeliana.

Turchia in Europa?

EU flag Turkey flag

In questi giorni non si parla d’altro che della Turchia, del processo di adesione all’Unione e della visita del Papa nei prossimi giorni.

La Turchia chiede da anni di entrare nell’Unione Europea. E’ un paese proiettato verso la modernità, con voglia di cambiare e tante speranze per il futuro. Fra i paesi mussulmani è certamente quello che più di tutti è “vicino” alla storia e alla cultura europea. Ma essere vicino, non vuol dire essere europeo: è un paese di confine, da tutti i punti di vista. Il fatto che sia un paese mussulmano non è il vero problema: è un paese che ha fatto della laicità quasi una religione di stato (cosa oltremondo anomala).

L’ Unione Europea, con il suo grande mercato, competitività, e soprattutto pace, è un progetto interessante, un esperimento riuscito unico al mondo, con un forte carico ideale, nonostante le tante difficoltà. E noi europei siano al contempo felici e coscienti di questo. Il desiderio di altri paesi di voler entrare ci onora.

Entrare in Europa, però, non vuol dire solo entrare in un club economico. Vuol dire condividere valori comuni. E su questi non ci sono sconti.

La UE pone a questo paese molte giustissime condizioni per poter entrare. Eccone alcune:

  • pieno riconoscimento di Cipro
  • limitazione del potere dei militari sul potere politico
  • abolizione della pena di morte
  • maggiore tutela per i detenuti e riforma delle procedure penali (nelle carceri turche si pratica ancora la tortura)
  • pieno riconoscimento delle libertà religiose, ancora parziali e imperfette
  • riconoscimento, rispetto e tutela delle minoranze, ad esempio quella curda
  • riconoscimento della “questione Armena
  • maggiore libertà di espressione e di stampa: ad esempio abolizione del reato “attentato alla turchità”, una forma fortemente rafforzata di “vilipendio alla nazione” che di fatto lascia ampio spazio interpretativo per la repressione delle idee e limitazione della libertà di stampa

su tutte queste cose, sia il governo che la società turca non sembrano molto entusiaste. Sembrano o non accettarle o accettarle a forza, giusto per “accontentare” l’Europa e poter entrare. Non sono pronti nel profondo della propria coscienza ad accogliere queste condizioni, con entusiasmo e speranza, ma come un “boccone amaro” da mandar giù. Questo perchè evidentemente non condividono questi punti.

Inoltre i turchi hanno un fortissimo orgoglio e senso nazionale: ma qualcuno dovrebbe spiegare loro che uno dei valori fondamentali dell’Europa è proprio il superamento dei valori nazionali a favore di valori sovranazionali e che necessariamente alcuni dei primi dovrebbero essere rivisti.

Noi europei non dobbiamo imporre alla società turca questi cambiamenti se essi non sono “sentiti” dal basso. Diversamente si rischierebbe un fallimento dei valori europei e anche di quelli turchi. Saremmo tutti insoddisfatti. Il popolo turco deve essere ben informato e cosciente che entrare in Europa vuol dire cambiare alcune cose della loro società.

Da parte sua l’ Euorpa non può continuare a prendere in giro la Turchia: se essa non è in condizioni di entrare, bisogna dirlo chiaramente. Nel frattempo la società turca deve interrogarsi su cosa vuol fare. Mi perplime molto che in tuchia non si parli di sottoporre queste “riforme” complessive a un referendum popolare: comunque vada il risultato, sarebbe una vittoria di tutti. E invece sembra che in quel paese il governo voglia seguire delle logiche sue. L’ Europa dovrebbe invece pretendere un tale referendum.

Non si possono considerare solo motivi di ordine militare-difensivo ed economico (gli unici veri motivi che spingono fortemente la Turchia in Europa) e per questo sacrificare in nome di essi i principi fondamentali dell’Europa.

Finiamola con questa farsa dell’entrata della Turchia in Europa: i tempi non sono maturi: sembrano essersene accorti tutti, tranne le diplomazie che formalmente continuano a rincorrersi, giusto perchè nessuno vuole accollarsi la “colpa” di aver fatto fallire il processo, scaricando la controparte.

Ma cosa fare per uscire dallo stallo ? Una Tuchia definitivamente fuori non sarebbe d’interesse per nessuno. Penso di avere un proposta risolutiva in tal senso… ma ne parlerò in un altro post, perchè riguarda più l’Europa in se, che la “questione turca”.

I soldati israeliani "riflettono" ?

Leggo nel Corriere.it online del 24 c.m. queste parole pronunziate dal Capo di Stato Maggiore israeleiano:

“Durante i combattimenti, oltre ai successi abbiamo osservato falle in alcune aree, in particolare nella logistica, nella gestione delle operazioni e nel comando”

e inviterebbe in una lettera l’esercito tutto a “riflettere”.

Che l’animo dei soldati di quel paese stia cambiando? Forse la grinta non è più quella di una volta? Se così davvero è, vuol dire che le nuove generazioni stanno cambiando. Forse la riflessione cui si riferisce il Capo di Stato Maggiore ha intenti diversi da quello che la gente si aspetta davvero? Lo spero.

Considerando che l’ultima vera guerra di Israele è degli anni ’80, possiamo affermare che gli attuali soldati appartangano ad un’altra generazione rispetto all’ultima guerra effettuata, quindi forse inizia ad esserci un poco di disaffezione a certe logiche? Una differenza generazionale fra percezione del vecchio Capo di Stato Maggiore (appartenente alla vecchia generazione) e le attuali truppe (nuove generazioni)? Forse qualcosa sta cambiando lentamente nei cuori e nella coscienza collettiva, e questo ne è un piccolo e timido segnale.

Forse i giovani non sono più così disposti come i loro padri e nonni ad essere assuefatti dalla guerra (mio post precedente). Forse inizia ad esserci una latente, seppur inconscia, scanchezza. Potrebbe essere un segnale positivo visto che in quel paese l’esercito ha veramente una rappresentatità democratica, in virtù del modo in cui esso è storicamente costituito.

Lo spero di cuore.

Santità, Beirut vi aspetta

Benedetto XVI
Se fossi il Papa andrei a Beirut.

Adesso.

Sotto bombardamenti.

Stare vicino a chi soffre ingiustamente e pregare con loro e invocare la pace. Subito e senza condizioni.

Un leader come lui questo dovrebbe fare: esporsi in prima persona. Non dice solo “fate”. Ma dare anche il buon esempio.

Voglio vedere se non lo faranno atterrare il suo aereo! Voglio vedere se con lui a Beirut e con gli occhi puntati da tutto il mondo, con lo stupore di tutti, continueranno a bombardare!

Ecco…. oggi bisogna stupire per ottenere risultati. Fare cose inattese per polarizzare la direzione degli eventi in un’altra direzione; essere l’imprevisto per chi ha pianificato a tavolino questa perversa escalation. Ma solo le persone con una grande statura morale possono farlo. E di questi tempi, haimè non ce ne sono molte di persone autorevoli…

Santità, perchè non va a Beirut ?

(scusatemi, se sono troppo audace a dire a un Papa cosa dovrebbe fare…)

Generazioni assuefatte dalla guerra

La strage di Cana. 60 morti di cui molti bambini.
Perchè?
La risposta è incredibilmente semplice; basta raccogliere nelle news alcune ultime dichiarazioni.
L’ambasciatore israeliano:

«Terribile, ma Cana era un covo di Hezbollah»

Peretz (Premio Nobel per la pace!)

«Civili usati come scudi umani»

Il ministero degli Esteri israeliano:

«Israele esprime il suo rammarico per la morte di civili innocenti. Non vogliamo che dei civili siano coinvolti nella guerra tra Israele e Hezbollah»

Mi chiedo come è possibile una tale ipocrisia. Non solo. Fosse solo quella, sarebbe cosa tipica di tutta la politica. Ma qui c’è decisamente qualcosa di più, che non va. Supponiamo che fosse vero che Hezbollah si faccia scudo dei civili, come dicono. Foss’anche così, sarebbe una giustificazione procedere in questo senso ?

E’ come dire che “se devo giustiziare due assassini in mezzo a cento sospettati, e non riesco a scovarli, giustizio tutti e cento e faccio prima. E’ più facile“. Semplicemente assurdo. Al di la di ogni limite. Di ogni comprensione.

Qui c’è una barbarie profonda, così profonda che non si esprime tanto nel numero di morti che contiamo in questi giorni e nel modo in cui vengono uccisi, si esprime in ciò che un governo così detto democratico (ma forse invece dobbiamo meditare sul significato di questa parola) reputa ammissibile e cosa non reputa ammissibile (forse nulla?). Il discrimine. Il Limite. Ciò che è concesso da ciò che non è concesso. La massima misura cuì è possibile spingersi.

In tal senso la giustificazione “ma Cana era un covo di Hezbollah” non è una scusante, ma un’aggravante. Che mette in primo piano il ragionamento perverso, profondo e radicato del malessere di una società assuefatta dalla guerra e dalla violenza. La guerra, da quelle parti, serve anche ai politici a far carriera.

In Europa abbiamo conosciuto molte guerre. Tremende e terribili, ma sono tutte finite. Nel tempo sono ricominciate e poi terminate ancora. Questo alternarsi di guerra e pace ha fatto si che si concepisse la guerra come una parentesi, pur difficile, della storia. Le generazioni hanno vissuto periodi di guerra, ma anche periodi di pace. Questo ha portato a concepire lo “stato di guerra” come eccezzionale e provvisorio nella nostra società.
Li è diverso: una guerra ininterrotta da 50 anni. Dall’anno zero (1948) fino a oggi, generazioni di persone hanno vissuto solo uno stato di guerra, nonostante molti conducano una vita “normale” lavorando, accompagnando i figli a scuola, oppure giocare a calcio o andare in bicicletta… il tutto con tragica assuefazione, fra una chiamata alle armi e un’altra. Fra un turno da riservista e un’altro.

Le nuove generazioni sono cresciute con la guerra. I loro nonni hanno fatto la guerra. I loro padri hanno fatto la guerra, è quindi normale che anche loro facciano la guerra: questa è la condizione di un mio coetaneo (e coetanea!), trentenne.

Nessun Europeo, per nessuna ragione, può comprendere ne accettare una tale concezione della realtà, della guerra, della politica, anche in un contesto di quel tipo.

Purtroppo, bisogna dirlo e mi raddolora: questo alimenta anche un certo tipo di antisemitismo e antisionismo nel vecchio continente, anche se non ne è la causa. Sopratutto il primo dei due, che ha radici buie, vergognose e lontante.

Libano: come andrà a finire

Mentre stavo in auto, riflettevo sulla situazione in Libano. Come mai Israele ha deciso di usare una mano così pesante? Così “sproporzionata” come il nostro ministro l’ha definita? Non è la prima volta che rapiscono dei soldati da quelle parti…
A meno di 72 ore dall’inizio della ormai prossima in pompa magna “Conferenza di Roma” già si parla di missione Onu (ma Israele preferisce la Nato).

Facciamo un analisi a ritroso, e chiediamoci “cui prodest?”; ecco come andrà a finire secondo me, da cui si capisce anche tutto il senso di questa operazione di guerra: Israele, dopo aver mostrato bei muscoli chiamando perfino i riservisti, si ritirerà benevolmente e inaspettatamente, mostrando increbile buon senso. La politica è fatta anche di questi effetti a sopresa, si sa.

Una forza di interposizione a comando Nato e mandato dell’ ONU si posizionerà con regole di ingaggio stavolta abbastanza precise che abbiano come chiaro scopo esecutivo quello di limitare le azioni di Hezbollah se non addirittura di disarmarlo. L’ONU farà da cappello formale e la Nato, cioè l’Occidente, farà il vero lavoro.

Ecco gli innumerevoli vantaggi di cui tutto l’Occidente (e Israele) beneficerà sul piano geopolitico:

  1. Israele farà “bella figura” accettando per una volta una forza internazionale e rinunciando a fare tutto da solo, mostrrando diciamo “buona volontà” e minimizzando quell’alone di intento imperialista che alcuni vogliono affibbiargli
  2. Hezbollah sarà meno pericoloso e in una prospettiva di medio-lungo periodo forze smantellato o comunque meno in grado di nuocere
  3. Un messaggio implicito al Libano (e a tutti gli stati che hanno una politica ambigua nei confronti di movimenti come Hezbollah): “ecco cosa succede a chi non sa o non vuole tenere a bada certi gruppi”
  4. Per Israele non sarà male spostare i costi dell’operazione sulla sua sicurezza dal contribuente israeliano alla comunità internazionale (con anche le mie tasse!!). Inoltre avere ua forza Nato a due passi non gli dispiace affatto.
  5. Uno smacco all’Iran, che con le sue aspirazioni nucleari è il vero nemico sullo scacchiere mediorientale
  6. Uno smacco alla Siria, altro nemico nel contesto geopolitico
  7. Gli USA, dopo lo stallo in Iraq, potranno finalmente vantare di essere stati i protagonisti di una operazione diplomatica di alto livello, altrimenti a cosa serviva il viaggio-sceneggiata di Miss.Condoleeza in questi giorni? Un evidente impegno concreto a favore della pace, recuperando terreno anche sul piano della credibilità in tal senso. E potranno anche dire “vedete? Non siamo così guerrafondai se ogni tanto portiamo avanti iniziative di pace e ci impegnamo pure a farle davvero” e poi ancora “vedete quanto siamo stati bravi a convincere i nostri amici israeliani a ritirarsi?”
  8. Si è parlato più volte dell’ingresso di Israele nell’Alleanza Atlantica: questo sarà il primo passo di avvicinamento. Anzi questo è il vero obiettivo di lungo periodo di tutta questa incredibile operazione: far entrare Israele nella NATO; una volta infatti che gli obiettivi di sicurezza delle due entità Israele-NATO saranno state abilmente portate a coincidere, tutto sarà facile e naturale, soprattutto per le opinioni pubbliche occidentali, e non solo per loro. Questo consentirà all’Occidente di incunearsi definitivamente in Medio Oriente.
  9. Anche l’Europa potrà giocare il suo ruolo di protagonista, anche se di secondo livello (come ormai fa da anni! – vedi guerra in Bosnia) visto che le truppe saranno interamente, se non esclusivamente, europee: difficile infatti immaginare un dispiegamento di soldati americani da quelle parti
  10. I libanesi potranno finalmente tornare nelle loro case e piangere i loro morti, senza in effetti essersi resi conto di cosa stava succedendo
  11. Anche l’Italia avrà di che vantarsi, con una riuscitissima conferenza a Roma, capolavoro diplomatico della “comunità internazionale”, con buona pace di tutti, di D’Alema, di Prodi, e perchè no anche di Berlusconi-Fini-Follini. E naturalmente del buon Presidente Napolitano! Financo loro, i superpacifisti-radicali-comunisti-noglobal, o come cavolo si chiamano, esulteranno perchè il governo “di sinistra” sarà stato così bravo a concorrere a mandare un corridoio umanitario in Libano e fermare le odiate bombe.

Insomma alla fine davvero tutti contenti ! Perchè non dovrebbe dunque andare proprio così? Vedremo fra 2-3 giorni se avrò indovinato.

Ma non ci siamo ancora resi conto della tremenda ipocrisia di tutto questo? Davvero è possibile immaginare che una operazione di questo tipo non sia stata abilamente pianificata a tavolino almeno fra i due attori principali (USA+Israele)? Davvero pensiamo che Israle possa aver fatto questo tutto da solo senza fare una telefonatina all’amico Bush? Davvero pensavamo che a Israele importassero quei due soldati rapiti? A proposito… chissà che fine faranno, poveretti, illusi di aver difeso con onore un grande ideale chiamato sionismo e che invece risulta di fatto una bella ideologia al servizio dei potenti. Davvero a qualcuno importano le 300 vittime civili (forse più) Libanesi?

Ma no dai! L’importante è trovare la soluzione, no ? Diversamente come si faceva a giustificare l’entrata di Israele nella NATO ? E non è escluso che altri paesi, anche arabi, in futuro prossimo facciano altrettanto: penso ad esempio all’Egitto o alla Giordania, tutti nella NATO nella grande famiglia degli amici dell’Occidente! Già vedo lo slogan: “NATO: se ci sei dentro, non rischi!”

E intanto la gente muore sotto le bombe…complimenti!