Nate sotto il segno della scienza, ma non della scuola

Sintesi di una partecipazione a un evento scolastico astronomico con i miei figli.

Scuola dei miei figli “Rita Levi Moncalcini” . Roma. Con una circolare di qualche giorno fa si proponeva la partecipazione a un evento aperto a genitori e studenti “Nate sotto il segno della scienza” nell’ambito della “settimana dell’astronomia”.

Oggi prendo perfino un permesso dal lavoro a fine pomeriggio per passare un po’ di tempo coi miei figli, e dare loro un buon esempio, sperando nella qualità e interesse per l’evento. E poi visti gli studi che ho fatto, il lavoro che svolgo, la passione per la scienza che mi porto dietro fin dall’adolescenza, il lavoro che faccio con il gruppo Altrascienza, tutto questo poteva forse esimermi dall’andare? Certo che no….

L’evento volutamente rimarcava la versione tutta al femminile, ben sapendo purtroppo come sia sottorappresentato questo sesso nel mondo della ricerca. Interventi di: Pia Astone, dirigente di Ricerca INFN; Edwige Pezzulli, astrofisica e divulgatrice italiana. Martina Cardillo, ricercatrice dell’Istituto di Astrofisica e Planetologia Spaziali; moderati da: Federica Duras, divulgatrice INAF.

Purtroppo il risultato è stato ampiamente deludente.

Sorvoliamo sull’aula magna, non molto magna rispetto al numero di partecipanti generando un caldo asfissiante per l’affollamento; ma questo è infondo un buon segnale: segno che l’evento interessa! Sorvoliamo anche sul pessimo audio certamente frutto delle croniche e scarse risorse alla scuola. Ma vendiamo al merito.

Le relatrici mentre mostravano le slide parlavano molto molto velocemente: senza dare fiato ne contesto a quello che si diceva; sembrava proprio che avessero imparato la pappardella a memoria.

Le slide erano zeppe di informazioni, che sembravano messe li senza una logica, cercando di riempire i vuoti; molto spesso erano contenuti scorrelati fra loro, fra una slide e l’altra.

Strano che le relatrici non sapessero che le slide invece dovrebbero tendere all’essenziale per focalizzare pochi concetti base e dovrebbero avere una sequenza logica rispetto a un “racconto” che qui mancava del tutto. Quelle slide potevano invece essere mischiate in un ordine qualunque, e la relatrice avrebbe potuto dire le stesse cose.

Molte frasi e concetti erano letteralmente “sparati li”, in modo assiomatico, perfino dogmatico, senza spiegare il contesto, il perchè, senza dare una spiegazione, cosa paradossale visto che si parla proprio di scienza. Senza raccontare nessuna storia. Sembrava di ascoltare il TG che riassumeva telegraficamente le conoscenza scientifiche di secoli in pochi minuti. Con voci velocissime e dizione pessima. Talmente tanta la carne al fuoco che era impossibile approfondire nulla: da Galileo, al Telescopio James Web alla stazione spaziale, a Samantha Cristoforetti, da Marte al Sole… così “senza senso”. Tutto in un grande minestrone di cui non si capisce il gusto finale. Frasi buttate li senza un contesto. Tra l’altro si sono messi insieme temi di spazio con temi di astronomia mescolando in modo confuso scienza e tecnologia.

La prima relatrice parlava addirittura in romanesco, perfino le slide avevano contenuti dialettali (io non le ho notate, ma i miei figli si)! Ora va bene certo fare delle uscite in dialetto, qua e le, per dare un po’ di leggerezza oratoria e “riprendere” l’attenzione del pubblico, ma parlare quasi tutto in dialetto ad un evento scolastico, preteso essere “culturale”, è proprio un registro errato e diseducativo. Ad un evento del genere mi aspetto che i relatori parlino in italiano; anzi un buon italiano. Se non altro perchè siamo in una scuola. Se volessi sentire un monologo in romanesco vado al teatro dialettale, non in un evento scolastico dove si parla di scienza.

Ero tentato di rimanere fino alla fine proprio per manifestare nelle domande finali il mio disappunto. Ma complice il caldo e la noia a metà del secondo intervento ho proposto ai miei figli di andarcene, viste anche le loro facce annoiate e per nulla interessate.

Chissà come è andato il terzo intervento che non ho proprio ascoltato, ne se vi sia stata effettivamente la “tavola rotonda” che era stata annunciata nella circolare. Ciò che ho visto non sembrava proprio una tavola rotonda, ma più una mera “spiegazione” (si fa per dire) di slide pre-masticate. Comunque non sono rimasto fino alla fine. E meno male.

Invito davvero le organizzatrici e la Dirigente Scolastica a riflettere seriamente sul risultato finale e sulla reale efficacia educativa di queste scelte, che a me sono risultate molto molto dubbie. Per non dire altro.

Spero almeno che la scrittura di questo post dia un senso al permesso di uscita anticipata dal lavoro, che avevo preso con entusiasmo e curiosità.

Un commento su “Nate sotto il segno della scienza, ma non della scuola”

  1. Grazie caro Fabrizio.

    Conosco le due relatrici, Martina e Federica, sono serie professioniste e sono anche molto brave (ho avuto modo di riconoscerlo in molte occasioni). Il che ovviamente non implica che questo specifico evento sia stato progettato e svolto non al meglio. Parte della situazione problematica chiaramente non si riferisce al personale INAF (di cui non voglio fare una difesa di ufficio: a che pro tentarla?), ma alle condizioni della sala. Mi viene da pensare che se fossero state migliori anche la ricezione sarebbe stata più gradevole e forse interessante.

    Riguardo al dialetto, Martina conduce una fortunata pagina Facebook (deliberatamente in romanesco)

    https://www.facebook.com/RomaCaputAstri

    dove, tra l’altro, vedo un resoconto dello stesso evento (mi pare) da un’ottica un po’ differente.

    Ci sta, nessun problema. Non credo sia questione di ragioni e torti. Si tratta piuttosto, credo, di comporre le visioni al meglio per muoversi verso realizzazioni ancora più centrate e più utili alle ragazze ed ai ragazzi presenti.

    Non essendoci stato, ovviamente non arrischio giudizio. In generale, però, colgo l’ottimo aggancio, caro Fabrizio, che inserisci quando parli di “racconto”. Lì sento davvero che hai centrato il punto. Tutto infatti deve essere passato nella forma di racconto, solocosì si comunica ed arriva veramente. Più vado avanti nella vita più capisco la verità della frase della poetessa Muriel Rukeyser, “L’Universo è fatto di Storie, non di atomi”.

    Che poi è il motto stesso del “Gruppo Storie” di INAF al quale – con grande gioia – appartengo da un po’. Che intende divulgare l’astronomia appunto, attraverso il racconto. Attraverso infinite “storie”.

    Che le Storie siano tutto, che al nucleo del reale non vi sia una “particella” ma la “relazione” (cioè un storia e non degli oggetti), forse è questo. O anche, io credo, il fatto che siamo figli di una grande Storia, i cui eco arrivano a tutte le piccole e meno piccole storie che fioriscono nel nostro universo.

    In ultima analisi, benissimo ragionare su questi eventi. Analizzarne pro e contro. Solo così cresciamo.

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