Noi possiamo! Il Federalismo Europeo (brevemente) spiegato a un amico

Incontro ieri un caro amico a Piazza Esedra a Roma, partecipa a una manifestazione organizzata per “la difesa della costituzione”, credo anche l’uscita dall’euro. Tanti tricolori. Dopo una discussione provo a spiegargli quale è l’alternativa federalista…

…e mentre attraversavo quei tricolori in strada per dirigermi verso il mio amico che mi attendeva, mi è tornato in mente un mio vecchio post che scrissi qui nel lontano 2006 “Tanti noi in noi“. E mi chiesi: se io fossi qui a manifestare porterei in spalla non solo il tricolore italiano, ma anche la bandiera blu europea, e sicuramente anche quella della mia città. Forse anche altre… riferite magari alle mie convinzioni religiose, territoriali, culturali, politiche… ma per semplicità diciamo solo queste tre.

A una successiva discussione su WhatsApp che ne è nata con questo mio amico, ho optato, invece di rispondere nella chat ho pensato di articolare qui un pensiero più ampio così anche i miei altri quattro lettori potranno beneficiarne.

Si parla di “Perdita di sovranità nazionale”: è il grido della grande rivendicazione nel nome della strenua difesa all’erosione dei diritti che ha creato la cattiva globalizzazione. Problema vero e senz’altro grave, ma che la sovranità sia la vera questione è molto discutibile. Anzi credo proprio sia falso. La questione viene presentata come fosse un problema. Ma è un falso problema: il valore vero non è la sovranità, che in realtà non è affatto un valore. Questa per esempio può anche essere dispotica (monarchie antiche, dittature moderne). È piuttosto la perdita di democrazia il vero problema, non certo di sovranità.

Il federalismo non nega la sovranità, anzi spesso asserisce che la vera sovranità è quella della persona umana (mi viene in mente un certo Nazareno quando dice “io sono re” e “voi siete dei”) ma la distribuisce, con il diritto nel diritto, su più livelli distribuendo le competenze: è il principio detto di sussidiarietà, che tra l’altro immagino tu non sai che fu per la prima volta enunciato nella famosa Rerum Novarum di Leone XIII.

Pensaci un attimo, caro amico:

è meglio una democrazia con sovranità distribuite, o una sovranità “piena” senza democrazia?

Se ci ragioni un attimo la sovranità non significa proprio nulla senza una piena legittimità democratica. Ergo la sovranità in senso assoluto non serve, è un falso problema: è solo perché noi siamo abituati in Occidente (quasi per inerzia mentale, ma è un errore) a pensarla insieme alla democrazia e allora ci suona come una “cosa buona”, ma in principio la sovranità era quella dell’imperatore o del sovrano da cui prende il nome. Niente a che fare con la democrazia. La stessa nostra Costituzione non fa della sovranità un principio astratto, ma la subordina proprio all’esercizio democratico (Art. 1).

La proposta che ho sentito dalle nostre discussioni e dalle tue posizione mi pare di riassumerla così “Siccome l’unico luogo dove posso esercitare la democrazia è lo Stato Sovrano Nazionale, allora rivendico quel paradigma come unica àncora di salvezza per difendere i miei diritti di lavoratore, cittadino, genitore etc… dai poteri tecnofinanziari mondiali che hanno eroso la nostra libertà e in nostri diritti”.

Ma è una assunzione errata, e lasciami dire, molto naiv, nonché una visione antistorica che non ha futuro. Detto in un certo linguaggio psicologico e di autoconoscimento è solo frutto della paura, quella di proiettarsi in una realtà nuova e sfide grandi, insomma è frutto del piccolo ego che preferisce tenersi le cose su cui pensa ancora di poter contare e che pensa di conoscere perchè gli appare come familiare (la sovranità nel piccolo stato nazionale) solo perché le conosce meglio le sente “più vicine”, mentre il mondo fuori cambia più velocemente di quanto siamo disposti a farlo noi.

E tu, che come me sei cristiano, non pensi che il buon Dio mette in capo agli uomini le sfide che sono in grado di sostenere? Ecco uscire da noi stessi piuttosto che chiuderci nel cortiletto di casa forse aiuterebbe. Perché aver paura di una democrazia sovranazionale? Forse perchè pensiamo che non sia alla nostra portata, non pensiamo di essere all’altezza. Depressi.

E invece lo è. Credimi. Ma non è così che ci vogliono quei poteri? Depressi e che pensano di non essere all’altezza. Sono semmai proprio quei poteri globali a volerci far pensare che una democrazia sovranazionale non sia alla nostra portata: così possono meglio continuare a fare i loro comodi. Infatti nel frattempo i grandi della finanza se ne infischiano delle rivendicazioni di sovranità, anzi avere tante piccole realtà deboli gli facilita il lavoro, piuttosto che avere a che fare con democrazie compiute su larga scala che potrebbero essere le uniche a contrastarle con rapporti di forza a loro paragonabili.

Insomma il controllo di poteri globali non statuali passa necessariamente attraverso poteri altrettanto globali sovrastatuali. Queste istituzioni prima o poi verranno, che piaccia o no, non perché qualcuno le architetta a tavolino complottando verso i deboli, ma semplicemente perché è la storia stessa a imporlo, a richiederlo.

Provo a riepilogare. Possiamo scegliere come popolo varie strade:

  1. negazione: il popolo nega e boicotta le realtà sovranazionali pensando che gli effetti negativi della globalizzazione possono essere contenuti difendendo il piccolo ego nazionale, illuso che questo possa essere un baluardo efficace contro poteri più grandi che sostanzialmente sono fuori controllo. Questo scenario può avere due possibili sotto-scenari:
    1. regresso: Le strutture sovranazionali (per es. Unione Europea) non si svilupperanno oltre e gli stati nazionali faranno quello che possono per arginarne le influenze negative esterne; ma potranno fare molto poco in realtà per via dei differenti rapporti di forza ormai enormi fra poteri globali e poteri nazionali. In questo scenario i poteri così detti “tecno-finanziari globali” non avranno grossi problemi perchè continueranno a beneficiare proprio di quello che gli ha consentito loro di crescere in modo disordinato fino adesso: con tanti staterelli ininfluenti e deboli faranno meglio i loro interessi e eserciteranno più efficacemente le loro influenze.
    2. sviluppo non democratico: Le strutture sovranazionali (per es. Unione Europea) si consolideranno in ogni caso nonostante l’assenza di controllo democratico in quanto “il popolo” ha deciso che la democrazia è solo quella nazionale. E’ uno scenario molto disastroso in quanto veramente si rischia non tanto una sovranità puramente simbolica, ma una perdita di democrazia netta e allora si che accadrebbe che queste istituzioni sarebbero lasciate in mano a quei “poteri”. Non vogliamo certo questo.
  2. sviluppo democratico: il terzo scenario è che, essendo l’esigenza di strutture sovranazionali ormai inevitabile questi diventino anche ben controllati democraticamente. Ma per fare questo è necessaria una rivoluzione, che come sai può avvenire solo se il popolo, la gente, iniziare a pensare diversamente. A cambiare il proprio modo di pensare.

E come deve pensare? Semplice: se vuole veramente fondare una Europa bisogna iniziare a “pensare europeo” con una prospettiva Europea. E non certo parlando solo di economia, per esempio.

I federalisti propongono, oltre a un assetto appunto federale, anche una costituzione emanata da un parlamento democraticamente leggittimato, fra le altre cose.

Quando fu creata l’Italia nel 1861 non esistevano gli italiani, non esisteva la politica italiana, non esisteva la prospettiva italiana, non esisteva la nazione italiana etc… tutte queste cose sono venute dopo. Famoso il detto “fatta l’Italia bisogna fare gli italiani” (M. D’Azieglio).

Credo sia già una grande rivoluzione che questa Unione Europea, con i molti e molti difetti che si porta dietro, non si è creata con nessuna guerra. Anzi sulle ceneri di guerre e con l’obiettivo dichiarato di evitare ogni guerra.

Perfino l’euro è nato per evitare una riproposizione della “questione tedesca” nel cuore dell’Europa. Quindi per motivi essenzialmente geopolitici, di equilibri interni, non certo puramente finanziari. E non c’era ancora il “cattivo” Prodi. Poi certo, qualcosa non ha funzionato come doveva e sappiamo perchè, ma in quel momento c’era una urgenza di risolvere un problema che nessuno aveva previsto fino a pochi mesi prima: l’implosione improvvisa del comunismo e la veloce annessione de facto della Germania Est. Le cancellerie europee, all’epoca in fibrillazione, dissero a Helmut Kohl: “ok amico, noi riconosciamo questa annessione, ma voi tedeschi rinunciate per sempre al Marco in modo da non germanizzare l’Europa con l’arma monetaria”. E fu così, ancora una volta, disarmata la Germania. Ma stavolta senza fucili, senza bombe e con il consenso di tutti. Si chiama libertà. In un altra epoca ci sarebbe scappata una bella guerra, senza troppe storie.

Credimi: anche se l’euro avrà pure dei problemi contingenti (che tutti sappiamo e io certo non nego) è importante capire che la sua prospettiva storica e lasciami dire anche profetica, è chiara, ed è certamente la seguente:

L’Unione Europea è l’unica realtà geopolitica mai creata al mondo nella storia intera dell’umanità ad essersi formata non solo senza usare la violenza, ma con il preciso obiettivo di evitare ogni possibile violenza futura.

Ci siamo riusciti e su questo siamo un faro per tutta l’umanità tanto che ad oggi altre regioni continentali ci stanno imitando (Sud America, Unione Africana, e altre).

Questa cosa non si è MAI ripeto MAI vista prima sulla faccia della terra. Credimi è già una rivoluzione, e credo che sia anche un segno nella storia: anche se ovviamente incompiuto. Per ora.

E’ il Già e non ancora: ti dice qualcosa?

Il prezzo dell’Euro è stato insopportabilmente troppo alto per gli italiani? E’ un discorso parziale, ma lasciami dire: se anche fosse vero, sono ben felice di fare questo sacrificio per i miei figli e i figli dei miei figli: lo faccio volentieri. Perché la pace duratura e un futuro non ha prezzo. Ma non abbiamo finito di lottare, siamo solo all’inizio.

Se noi lo vogliamo possiamo rendere compiuto questo progetto se crediamo nella nostre capacità ed energie e la finiamo di piangerci addosso nascondendoci in sovranismi anti storici, egoici e conservatorismi senza futuro.

Noi possiamo.

4 pensieri riguardo “Noi possiamo! Il Federalismo Europeo (brevemente) spiegato a un amico”

  1. Caro Fabrizio,

    lasciami dire, sono davvero tanto contento per questo tuo articolo. Che bella e chiara enunciazione di alcune verità semplici ma “oscurate” da una certa propaganda che vorrebbe far passare il “sovranismo” come la panacea per tutti i nostri mali (sociali, ma non solo, ahimè, perché sappiamo come siano operanti anche le tentazioni di ramificazioni spirituali in questa visione). Questa articolazione di pensiero sarebbe tanto necessaria anche a chi, magari frettolosamente, è salito a bordo di questo treno vedendoci in esso – con un’ottica perlomeno opinabile – prospettive inedite di liberazione umana.e

    Avevo provato tempo fa ad articolare qualche mio disagio su certe prospettive di diffidenza programmativa verso il sogno/progetto europeo (http://blog.marcocastellani.me/2019/05/la-mia-europa-lavorare-il-sogno.html) ma il tuo articolo, lo dico senza alcun problema, arriva ad un livello di persuasiva ragionevolezza che io non avevo colto, fermandomi – in parte volontariamente – su alcune sensazioni, che peraltro trovano legittimazione nel tuo pezzo.

    Grazie, come dice qualcuno, c’è bisogno di pensiero, in quest’epoca terminale.

    Questo è pensiero che evita gli slogan e non ha paura della complessità dell’epoca moderna, che alla fine, se ben spiegata, diventa semplice e liberante. Sì, noi possiamo. Anche evitare le strettoie del pensiero piccolo, sovrano solo di sé stesso e del suo cortile, e dunque tragicamente irrelato al tutto. Possiamo “federarci” all’altro, in una dinamica di scambio e di dono, che sia un mutuo vantaggio e un’apertura verso una nuova epoca, una nuova umanità (davvero).

    Se venissero altre riflessioni, sull’argomento, saranno per me veramente benvenute.

    Un caro saluto!

    1. Caro Marco, quello che chiamiamo sovranismo è una espressione emotiva di un disagio che non riesce a trovare coaguli efficaci in questa società complessa.

      Ci si rinchiude in schemi “semplicistici” perchè sono gli unici che pensiamo di “capire a nostra misura” per il fatto che siamo avvezzi a maneggiare certi oggetti politici e non altri: la nostra vecchia Italia, nata nel 1861 piuttosto che la nuova Europa nata nel dopoguerra. Nel nuovo Regno d’Italia non pochi abitanti di questa penisola si trovarono spiazzati e non si riconoscevano, nonostante il Risorgimento, ad esempio in una “piemotesizzazione” forzata che poi tutti gli storici hanno riconosciuto essere stata appunto una forzatura. Ma erano tempi diversi: la maggior parte della gente non votava. La differenza è che oggi il mondo è molto molto diverso.

      Comunque l’amico (anzi gli amici) al quale ho dedicato questo post e anche il successivo non li definirei affatto sovranisti nel senso mediatico del termine, tuttavia esprimono un disagio altrettanto comprensibile che ho cercato di orientare in qualche modo cercando di far capire che la via da seguire non è il restringimento, ma la dilatazione del nostro io e delle nostre identità (identità al plurale, non al singolare, sennò diventa chiusura).

      Grazie per il tuo commento.

  2. Ho letto con interesse e partecipazione l’analisi di Fabrizio, che condivido nelle sue linee generali. Auspico l’avvendo di una grande democrazia mondiale che possa gestire i problemi globali, come la crisi climatica, e lo strapotere tossico della finanza neoliberista. Segnalo che esiste una religione (la fede Bahai, nata nel 1800 in Persia) il cui obiettivo è la costituzione di una Federazione mondiale delle nazioni, intesa come “retta via” indicata dalla Sapienza divina per costituire l’unità e la pace mondiale… la direzione che propone ci coinvolge tutti, nel nome di un Dio creatore ed educatore di tutta la fratellanza umana.
    Alcune osservazioni nel merito dell’articolo: ribadire la necessità di democrazia in opposizione alla necessità di sovranità non mi sembra legittimo, dato che anche l’articolo 1 della nostra Costituzione cita entrambe, e mi sembra interessante anche citare la dottrina della Chiesa, che riconosce il sacerdozio regale come una delle prerogative dei cristiani.
    In secondo luogo, sebbene concordi pienamente con l’idea che l’ambito democratico vada esteso a tutto il mondo, va preso in considerazione che l’obiettivo non è una democrazia formale, bensì una democrazia reale, che per poter sussistere possiederà una sua fisiologia, che in parte dipenderà dalle circostanze geografiche e sociali, ma che nelle sue linee generali dovrà necessariamente essere vicina alla persona umana e informata al principio di sussidiarietà (come dice l’articolo). Questo significa che la sua fioritura sarà alimentata dallo sviluppo e dall’allargamento di legami locali e paritari, non certo calata dall’alto o imposta come purtroppo un certo numero di “europeisti” hanno cercato di fare, provocando giustificata irritazione ai livelli che si è cercato di soggiogare. Questo fenomeno storico va riconosciuto, perché altrimenti non si avrà mai l’appoggio dei singoli e delle nazioni per creare i livelli più ampi di democrazia. Io vedo la democrazia mondiale come un albero, che per diventare alto e florido ha necessità di avere radici ben profonde, collegate ai territorio e nel senso di democrazia dei singoli e dei territori locali, gli unici che hanno il diritto di legittimarlo.
    Infine, anche gli organismi viventi possiedono una struttura “democratica” nei quali diversi livelli organizzativi cooperano e collaborano armoniosamente. Sarebbe davvero molto saggio che chi si occupa di politica imparasse a capire queste organizzazioni, che sono state individuate e studiate scientificamente solo negli ultimi decenni. La natura ha davvero ancora molto da insegnarci. A questo proposito cito il capitolo di Plant Nation di Stefano Mancuso, che parla dell’organizzazione decentralizzata dei sistemi vegetali come modello per l’organizzazione umana decentralizzata, e più in generale gli studi sulle olocrazie e i super-organismi.

    1. Grazie Christian per le tue osservazioni.
      Ti ricordo soltanto che, haimé, le strutture formali precedono sempre quelle sostanziali, purtroppo. Quindi se vuoi avere le seconde, devi passare per le prime.
      Le stesse nazioni si sono sempre formate con le guerre e con la violenza (imposizione di una cultura, di un lingua…) con pochissime eccezioni. L’Europa per non aver usato la violenza è già di per se qualcosa di rivoluzionario: che si sia formata fra mille contraddizioni lo ritengo quasi fisiologico. Ma è proprio su quelle contraddizioni che il processo democratico deve avanzare.

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