Il catechismo delle parrocchie, da fucìne di atei a una nuova pastorale

Compilazione della scheda di iscrizione al primo anno di Catechismo in parrocchia: una domanda sulla partecipazione alla messa mi mette molto a disagio, ma fa riflettere. A 50 anni dal Concilio le prassi pastorali sono ancora radicate nel moralismo vecchio stile, senza libertà e senza attrazione magnetica dei misteri. E si continua così “perchè si è sempre fatto così” …

Fra le altre domande e soliti dati anagrafici da compilare nella scheda di iscrizione al Catechismo di mio figlio leggo una domanda:

E’ consapevole che momento fondamentale della catechesi è la partecipazione alla liturgia festiva?

Vista la tenera età dei bambini lo intendo riferito al genitore. Tradotto vuol dire:

non penserai mica di portare tuo figlio a catechismo parcheggiandolo per un oretta alla settimana solo perchè ci vanno tutti gli altri compagnetti, senza poi partecipare ne il bambino ne la famiglia regolarmente alla messa!!?? Vero?

Il che, apparentemente non fa una piega, visto anche che, haimé, molti genitori fanno esattamente questo; da un punto di vista “logico” il comportamento che si vorrebbe deprecare sarebbe l’incoerenza, l’opportunismo, quindi meglio mettere le mani avanti per poi magari poter riprendere chi non è venuto a messa o i loro genitori. Sembra filare, come ragionamento, no?

Apparentemente.

Ma riflettendo e a cercando nelle fonti e riferimenti mi è sovvenuta una critica radicale a una pastorale superficiale e fondamentalmente moralista che va avanti da decenni senza che nessuno si chieda se ha portato o no i frutti sperati.

L’assunzione che “bisogna andare a messa” sennò non va bene, sennò non rispetti il terzo comandamento, sennò non sei coerente oppure “sennò la Madonna e Gesù piangono” infondendo pure sensi di colpa nei piccoli bambini, su che cosa si basa? Si basa sul presupposto che il bambino che chiede di frequentare il catechismo (e forse anche la sua famiglia) abbia – o abbiano – già una fede formata. Ma con il catechismo viene fatta proprio una richiesta di iniziazione alla fede cristiana, che evidentemente non poteva esserci stata al momento del battesimo, e che si presume non ci sia ancora. Dunque questa fede non può essere data per scontata. Va invece aiutata (fides quae) a essere suscitata nella misteriosa dinamica della grazia (fides qua).

Diciamoci chiaramente: che cosa è la partecipazione alla celebrazione liturgica (1 h circa di rito) se non c’è una fede adeguata? E’ una autentica noia mortale. Mica solo per i bambini: lo vediamo ai funerali, ai matrimoni, alle stesse Comunioni o Cresime dove gente ammorbata o chiacchierona non sa come passare quell’ora di castigo, manco fosse frustata. Ha nel proprio inconscio l’idea che la partecipazione è una qualche forma di obbligo e magari si immola per riguardo non tanto a Dio, ma per rispetto sociale o per chi li ha invitati. Tornando agli iniziandi, mi chiedo: perchè ammorbare la gente che la fede ancora non ce l’ha costringendola con ogni sorta di argomenti, spesso sottointesi o addotti, moralistici e non fondati assolutamente ne sul Vangelo ne sul Magistero ne sulla Sacra Tradizione?

Tenere un bambino fermo un ora costringendolo ad assistere a cose di cui non capisce il senso è una ottima condizione per iniziare a fargli detestare quell’esperienza, invece di fargliela vivere con gioia. Da grande infatti ricorderà solo quel detestare.

Andiamo a vedere cosa si legge nel Vangelo e il Magistero Cattolico a questo proposito. Partiamo dalle Parole del Signore: «Il sabato è stato fatto per l’uomo e non l’uomo per il sabato!» (Mc 2,27). Già qui ci sarebbe da chiedersi cosa ne penserebbe il Signore, e già la risposta non mi risuona con la prassi pastorale ordinaria.

Ma che cosa è la messa, per davvero? Non è forse la partecipazione del popolo credente? Perché si continua a pretendere che persone assolutamente non iniziate partecipano alla Santa Eucarestia come un fatto moralista o di riguardo per qualcosa o qualcuno? Davvero Cristo Gesù ci chiede questo? O non cerca forse Egli adoratori in Spirito e Verità? E quale Spirito e Verità può esserci in persone partecipanti con queste pressioni?

Ma andiamo avanti: la COSTITUZIONE SULLA SACRA LITURGIA SACROSANCTUM CONCILIUM parla chiaramente di iniziazione e precisa:

infatti, prima che gli uomini possano accostarsi alla liturgia, bisogna che siano chiamati alla fede e alla conversione.

(SC 9)

Dunque a che titolo si pretende che una persona (bambino o adulto che sia) debba partecipare all’Eucarestia se questa presuppone invece la fede e la conversione, che sono esattamente il tipo di dinamica che si intende suscitare con il catechismo e il percorso iniziatico che si avvia con esso?

E prosegue con il celeberrimo e citatissimo passaggio:

Nondimeno la liturgia è il culmine verso cui tende l’azione della Chiesa e, al tempo stesso, la fonte da cui promana tutta la sua energia.

(SC 10)

Ora il culmine, comunque lo si intenda, è un punto d’arrivo, non un punto di partenza, quindi come si può chiedere la partecipazione alla Eucarestia se non si suscita prima non dico una fede solida, ma almeno la curiosità e l’attrazione magnetica per il rito, per il mistero, il voler attingere alla fonte dell’acqua viva che zampilla per la vita eterna (Gv 4, 14). Come ci ricorda instancabilmente Papa Francesco:

La Chiesa non cresce per proselitismo ma «per attrazione».

(EG 14)

dunque non tanto la partecipazione che si intende ottenere in un percorso iniziatico, semmai il desiderio per questa partecipazione. Il resto viene da se con la libertà.

Insomma una buona pastorale catechistica non si misura vedendo quante persone “vanno a messa” durante questa fase, ma quante effettivamente avranno questo desiderio alla fine dell’iniziazione. Iniziazione la cui prima fase termina con la Confermazione passando per Confessione e Comunione. E’ quando inizia questa seconda fase che ci si aspetta che il desiderio di partecipazione al mistero attragga in modo tale da suscitare spontaneamente un desiderio del mistero che viene celebrato. Questo si è un buon indicatore di una buona pastorale.

Naturalmente non sostengo certo che una partecipazione alla Eucarestia non dovrebbe essere in qualche modo incoraggiata, consigliata, invogliata o in qualche modo introdotta, con tutti gli strumenti pedagogici possibili: canti, coinvolgimenti di ogni tipo adatti all’età etc… Tuttavia c’è da chiedersi seriamente se sia rispettoso dell’autentico significato della Sacra Eucarestia chiedere all’ iniziando tale partecipazione come requisito piuttosto che come obiettivo libero a lunga scadenza, un orizzonte di arrivo. Questo si che farebbe della liturgia un culmine: se è un culmine, come afferma il Concilio, allora vuol dire che è come una vetta, alla quale si arriva per gradi, passando per altezze intermedie, senza costrizioni ne forzature. Insomma a me pare che si continui a confondere gli obiettivi da raggiungere, con i mezzi per farlo.

Un aspetto molto interessante del SACROSANCTUM CONCILIUM è che ogni volta che si cita l’espressione “partecipazione” riferita alla Sacra Liturgia viene sempre usata accanto all’aggettivo “attiva”. Questo deve essere dunque il presupposto: ma come può esserci partecipazione attiva se non c’è prima un sano desiderio, una sana attrazione personale e libera, per quei misteri?

e prosegue:

I pastori d’ anime curino con zelo […] la partecipazione attiva dei fedeli, […] secondo la loro età, condizione, […]. Assolveranno così uno dei principali doveri del fedele dispensatore dei misteri di Dio. E in questo campo cerchino di guidare il loro gregge non solo con la parola ma anche con l’esempio.

(SC 19)

Ecco il punto cruciale: la partecipazione attiva (di cui sono responsabili i pastori – ma direi anche i catechisti) viene prima dell’assoluzione del “dovere del fedele”. Nella prassi invece abbiamo invertito questi fattori: mettiamo l’assoluzione del dovere temporalmente prima e la partecipazione attiva dopo, sperando sia questa a suscitare l’attrattiva in qualche modo. Non ci si rende conto che è proprio l’aver invertito questi termini che rende tutto più difficile.

Qualcuno potrebbe obiettare che in realtà la partecipazione è necessaria in quanto pedagogicamente si insegna anche attraverso il mistero stesso, i segni etc… insomma la celebrazione eucaristica sarebbe essa stessa da catechesi indispensabile. Ragionamento che fila sociologicamente o pedagogicamente, ma ahimè non l’ho trovato da nessuna parte nel magistero. Ad esempio:

Benché la sacra liturgia sia principalmente culto della maestà divina, tuttavia presenta anche un grande valore pedagogico per il popolo credente.

(SC 33)

Sottolineo “popolo credente”: la fede dovrebbe essere data come precondizione, non per inizianda. Naturalmente nessuno vuole vietare questo genere di partecipazioni agli iniziandi, rimanendo validi tutti gli argomenti pedagogici classici: va tuttavia rivaluto l’atteggiamento pastorale che inverte appunto i mezzi con i fini. E questo atteggiamento è esplicitamente o implicitamente trasmesso all’ iniziando.

Che frutti ha prodotto, nei decenni, una pastorale siffatta? Oggi eserciti di professi atei (molti addirittura ex chierichetti) o non credenti sono soliti raccontare gli obblighi moralisti ai quali sono stati sottoposti da bambini da suore, preti o dall’ambiente di chiesa. Non è certo un bel ricordo. Anzi, possiamo dire che in questo modo sono state prodotte generazioni di atei: non essendo stati iniziati all’autentica libertà di Cristo Salvatore, e avendo vissuto questa dimensione moralista, non hanno potuto fare altro, non appena possibile, di fuggire da costrizioni inutili e senza senso.

E’ dura dover ammettere che ancora oggi la prassi non è cambiata: nonostante tutti i papi recenti, soprattutto proprio Papa Francesco, abbiano prodotto un magistero concorde con la Tradizione e con il recente Concilio, e nonostante quest’ultimo in particolare.

Sempre il SACROSANCTUM CONCILIUM prosegue in modo chiaro:

Perciò la Chiesa si preoccupa vivamente che i fedeli non assistano come estranei o muti spettatori a questo mistero di fede, ma che, comprendendolo bene nei suoi riti e nelle sue preghiere, partecipino all’azione sacra consapevolmente, piamente e attivamente; siano formati dalla parola di Dio;

(SC 48)

Ancora una volta non si ravvede nessuna idea per cui la celebrazione sia un momento “fondamentale per la catechesi” come diceva il modulo di iscrizione al catechismo. Al contrario è proprio il catechismo che dovrebbe preparare a quella consapevolezza, piena e attiva.

Insomma perchè non aspettiamo la fine del percorso di iniziazione alla Cresima e solo dopo possiamo verificare (visto che la Cresima sarebbe l’inizio del percorso adulto e consapevole) se quella iniziazione è stata efficacie? Proviamo a invertire i fattori: lasciamo stare questi poveri ragazzi e non li ammorbiamo con l’obbligo morale di partecipare alla messa, verifichiamo piuttosto quanti di quelli che hanno completato il percorso per la cresima si sentono davvero attratti dal mistero al punto da non poter fare a meno della celebrazione eucaristica. Ecco questo cambio di mentalità sarebbe una grande svolta nelle nostre parrocchie:

[I sacramenti] Non solo suppongono la fede, ma con le parole e gli elementi rituali la nutrono, la irrobustiscono e la esprimono;

(SC 59)

Solo l’autentica libertà garantisce un percorso di questo tipo: autentico, misericordioso, genuino, senza forzature e senza moralismi.

Laconiche e chiarissime le parole di Papa Francesco nella Evangelii Gaudium:

Infine, rimarchiamo che l’evangelizzazione è essenzialmente connessa con la proclamazione del Vangelo a coloro che non conoscono Gesù Cristo o lo hanno sempre rifiutato. Molti di loro cercano Dio segretamente, mossi dalla nostalgia del suo volto, anche in paesi di antica tradizione cristiana. Tutti hanno il diritto di ricevere il Vangelo. I cristiani hanno il dovere di annunciarlo senza escludere nessuno, non come chi impone un nuovo obbligo, bensì come chi condivide una gioia, segnala un orizzonte bello, offre un banchetto desiderabile. La Chiesa non cresce per proselitismo ma «per attrazione».

(EG 14)

Dunque è l’attrazione la parola d’ordine, non certo dovere. Papa Francesco più avanti prosegue:

La pastorale in chiave missionaria esige di abbandonare il comodo criterio pastorale del “si è fatto sempre così”. Invito tutti ad essere audaci e creativi in questo compito di ripensare gli obiettivi, le strutture, lo stile e i metodi evangelizzatori delle proprie comunità. Una individuazione dei fini senza un’adeguata ricerca comunitaria dei mezzi per raggiungerli è condannata a tradursi in mera fantasia. Esorto tutti ad applicare con generosità e coraggio gli orientamenti di questo documento, senza divieti né paure. L’importante è non camminare da soli, contare sempre sui fratelli e specialmente sulla guida dei Vescovi, in un saggio e realistico discernimento pastorale.

(EG 33)

E’ esattamente questo il problema: la prassi pastorale radicata nelle parrocchie ha talmente radicato in testa il principio che la partecipazione alla messa sia una “pre-condizione” o che sia “essenziale” o “fondamentale” al punto da non prendere minimamente in considerazione che le parole di Francesco possono benissimo applicarsi a questi casi. “Si è fatto sempre così”, ecco come si ragiona. Ancora più grave è che non ci si interroga nelle prassi pastorali del perché anni e anni di pratiche pastorali di un certo tipo abbiano prodotto più atei che credenti. Dovrebbe essere arrivato il tempo di chiedersi se questo “si fa così perchè si è sempre fatto così” non sia segno di mancanza di coraggio, di novità, di un’aria fresca che necessita alle nostre comunità cristiane. Quasi un peccato contro lo Spirito Santo.

Che sia proprio la Confermazione l’inizio della vita di fede nei misteri pieni dell’Eucarestia lo dice lo stesso Catechismo:

La santa Eucaristia completa l’iniziazione cristiana. Coloro che sono stati elevati alla dignità del sacerdozio regale per mezzo del Battesimo e sono stati conformati più profondamente a Cristo mediante la Confermazione, attraverso l’Eucaristia partecipano con tutta la comunità allo stesso sacrificio del Signore.

(CCC 1322)

Dunque perchè imponiamo sulle spalle dei giovani iniziandi pesi che non possono ancora portare? Ci ammonisce il Maestro:

Legano infatti fardelli pesanti e difficili da portare e li pongono sulle spalle della gente, ma essi non vogliono muoverli neppure con un dito

(Mt 23,4)

Pretendiamo così di dare le perle ai porci, ma non possiamo che attenderci che le schiaccino, e si voltino presto a sbranarci.

Viene quindi il dubbio se questo atteggiamento non sia piuttosto segno di una nostra incapacità, o paura, a saper coinvolgere adeguatamente le persone e in particolare i giovani, e quindi ricadiamo nello sterile moralismo che non fa altro che confermare le nostre paure e la nostra scarsa fiducia nello Spirito e nella Grazia che agisce.

E’ pur vero che i numeri 2176 e 2180 del Catechismo chiariscono l’obbligo morale di partecipazione alla messa, ma va osservato che sono…

i fedeli tenuti all’obbligo di partecipare alla Messa

(CCC 2180)

E’ abbastanza discutibile che un iniziando, sia pure battezzato, possa essere ritenuto pienamente “fedele” in quanto è proprio il suo essere “fedele” che deve ancora compiersi pienamente nella propria coscienza, nella libertà e nella grazia.

Dovremo piuttosto ricordarci come funzionava la liturgia un tempo, quando non c’erano le grandi basiliche e le chiese: la fede veniva trasmessa nelle private domus ecclesiae: una sala per la proclamazione della Parola cui assistevano un po’ tutti: fedeli, catecumeni o curiosi, ma poi per la celebrazione eucaristica vera e propria (“la cena del Signore”) si entrava in una sala chiusa dove solo i battezzati, dopo un catecumenato di qualche anno, erano ammessi a prendere parte. Ancora nelle grandi basiliche costantiniane i non battezzati potevano assistere solo dietro delle balaustre poste infondo, e al momento della liturgia eucaristica erano invitati ad uscire.

Forse è giunto il tempo di smetterla con questa visione eccessivamente inclusiva della celebrazione che tende a “voler far partecipare alla messa più gente possibile” come se questo rappresentasse un indicatore di una sana e feconda comunità, dimenticando che in passato il cristianesimo si è diffuso proprio con atteggiamenti liturgici opposti: quest’ultimi consolidano il mistero e anzi aumentano l’attrazione che ha il rito in se. Non si tratta di invocare riti con impronta esoterica: non fanno parte della nostra Tradizione, tuttavia al rito è dovuto ciò che esso stesso presuppone: la fede iniziatica. Il fatto che la liturgia sia “aperta a tutti” non significa che sia auspicabile che tutti vi partecipano.

Infine una ultima citazione questa volta di Benedetto XVI che nel documento che apriva l’anno della fede, scrive profeticamente:

Capita ormai non di rado che i cristiani si diano maggior preoccupazione per le conseguenze sociali, culturali e politiche del loro impegno, continuando a pensare alla fede come un presupposto ovvio del vivere comune. In effetti, questo presupposto non solo non è più tale, ma spesso viene perfino negato. Mentre nel passato era possibile riconoscere un tessuto culturale unitario, largamente accolto nel suo richiamo ai contenuti della fede e ai valori da essa ispirati, oggi non sembra più essere così in grandi settori della società, a motivo di una profonda crisi di fede che ha toccato molte persone.

(PORTA FIDEI § 2)

Ecco il punto: le comunità cristiane hanno ancora troppo poco realizzato che viviamo in una società post-cristiana dove la fede è sempre più irrilevante: è questo un momento di grande interesse per la fede stessa perchè abbiamo l’opportunità di un ricominciamento in questa Nuova Umanità nascente proprio nell’abisso della crisi. Affinché una nuova Pasqua nasca all’orizzonte.

Ho avuto modo di mandare mio figlio a Catechismo perchè me lo ha espressamente chiesto: ringrazio Dio di questa grazia. Spero che duri, ma non posso avere io il controllo di questo. Ne la parrocchia può averlo. Potrò magari ricordargli, se una volta non avrà voglia di andare a Catechismo, che in realtà ha scelto lui di doverci andare, esattamente come fa con lo sport o con altri interessi, e quindi è il caso che ci vada; ma una cosa è certa: sulla celebrazione dei misteri non si transige, perchè non è come il Catechismo, ne come lo Sport, ne la Scuola; è una dimensione totalmente e radicalmente altra. Speciale. E’ urgente trasmettere questa specialità assoluta rispetto a qualunque altra attività, laica o religiosa che sia, perchè solo così daremo spazio al mistero, e credo anche alla grazia, di fare il loro lavoro senza troppi impedimenti.

PS(1): per onestà, ho chiesto al sacerdote (novello nella nostra parrocchia) cosa significasse quella domanda prima di presentare quella scheda; mi è stato detto che era un modulo usato negli anni passati ed è stato semplicemente riciclato.
PS(2): il testo è stato revisionato dopo la pubblicazione (solo refusi e forma).

Citazioni e riferimenti bigliografici:

SC 9: La liturgia non esaurisce l’azione della Chiesa La sacra liturgia non esaurisce tutta l’azione della Chiesa. Infatti, prima che gli uomini possano accostarsi alla liturgia, bisogna che siano chiamati alla fede e alla conversione: «Come potrebbero invocare colui nel quale non hanno creduto? E come potrebbero credere in colui che non hanno udito? E come lo potrebbero udire senza chi predichi? E come predicherebbero senza essere stati mandati?» (Rm 10,14-15). Per questo motivo la Chiesa annunzia il messaggio della salvezza a coloro che ancora non credono, affinché tutti gli uomini conoscano l’unico vero Dio e il suo inviato, Gesù Cristo, e cambino la loro condotta facendo penitenza [24]. Ai credenti poi essa ha sempre il dovere di predicare la fede e la penitenza; deve inoltre disporli ai sacramenti, insegnar loro ad osservare tutto ciò che Cristo ha comandato [25], ed incitarli a tutte le opere di carità, di pietà e di apostolato, per manifestare attraverso queste opere che i seguaci di Cristo, pur non essendo di questo mondo, sono tuttavia la luce del mondo e rendono gloria al Padre dinanzi agli uomini.

SC 10. … ma ne è il culmine e la fonte: Nondimeno la liturgia è il culmine verso cui tende l’azione della Chiesa e, al tempo stesso, la fonte da cui promana tutta la sua energia. Il lavoro apostolico, infatti, è ordinato a che tutti, diventati figli di Dio mediante la fede e il battesimo, si riuniscano in assemblea, lodino Dio nella Chiesa, prendano parte al sacrificio e alla mensa del Signore. A sua volta, la liturgia spinge i fedeli, nutriti dei « sacramenti pasquali », a vivere « in perfetta unione » [26]; prega affinché « esprimano nella vita quanto hanno ricevuto mediante la fede » [27]; la rinnovazione poi dell’alleanza di Dio con gli uomini nell’eucaristia introduce i fedeli nella pressante carità di Cristo e li infiamma con essa. Dalla liturgia, dunque, e particolarmente dall’eucaristia, deriva in noi, come da sorgente, la grazia, e si ottiene con la massima efficacia quella santificazione degli uomini nel Cristo e quella glorificazione di Dio, alla quale tendono, come a loro fine, tutte le altre attività della Chiesa.

SC 19. Formazione liturgica dei fedeli I pastori d’anime curino con zelo e con pazienza la formazione liturgica, come pure la partecipazione attiva dei fedeli, sia interna che esterna, secondo la loro età, condizione, genere di vita e cultura religiosa. Assolveranno così uno dei principali doveri del fedele dispensatore dei misteri di Dio. E in questo campo cerchino di guidare il loro gregge non solo con la parola ma anche con l’esempio.

SC 33. C) Norme derivanti dalla natura didattica e pastorale della liturgia Benché la sacra liturgia sia principalmente culto della maestà divina, tuttavia presenta anche un grande valore pedagogico per il popolo credente [34]. Nella liturgia, infatti, Dio parla al suo popolo e Cristo annunzia ancora il suo Vangelo; il popolo a sua volta risponde a Dio con il canto e con la preghiera. Anzi, le preghiere rivolte a Dio dal sacerdote che presiede l’assemblea nel ruolo di Cristo, vengono dette a nome di tutto il popolo santo e di tutti gli astanti. Infine, i segni visibili di cui la sacra liturgia si serve per significare le realtà invisibili, sono stati scelti da Cristo o dalla Chiesa. Perciò non solo quando si legge « ciò che fu scritto a nostra istruzione » (Rm 15,4) ma anche quando la Chiesa prega o canta o agisce, la fede dei partecipanti è alimentata, le menti sono elevate verso Dio per rendergli un ossequio ragionevole e ricevere con più abbondanza la sua grazia. Pertanto, nell’attuazione della riforma, si tenga conto delle seguenti norme generali.

SC 48. Partecipazione attiva dei fedeli alla messa Perciò la Chiesa si preoccupa vivamente che i fedeli non assistano come estranei o muti spettatori a questo mistero di fede, ma che, comprendendolo bene nei suoi riti e nelle sue preghiere, partecipino all’azione sacra consapevolmente, piamente e attivamente; siano formati dalla parola di Dio; si nutrano alla mensa del corpo del Signore; rendano grazie a Dio; offrendo la vittima senza macchia, non soltanto per le mani del sacerdote, ma insieme con lui, imparino ad offrire se stessi, e di giorno in giorno, per la mediazione di Cristo, siano perfezionati nell’unità con Dio e tra di loro [38], di modo che Dio sia finalmente tutto in tutti.

SC 59. Natura dei sacramenti I sacramenti sono ordinati alla santificazione degli uomini, alla edificazione del corpo di Cristo e, infine, a rendere culto a Dio; in quanto segni hanno poi anche un fine pedagogico. Non solo suppongono la fede, ma con le parole e gli elementi rituali la nutrono, la irrobustiscono e la esprimono; perciò vengono chiamati « sacramenti della fede ». Conferiscono certamente la grazia, ma la loro stessa celebrazione dispone molto bene i fedeli a riceverla con frutto, ad onorare Dio in modo debito e ad esercitare la carità. È quindi di grande importanza che i fedeli comprendano facilmente i segni dei sacramenti e si accostino con somma diligenza a quei sacramenti che sono destinati a nutrire la vita cristiana.

EG 14. […] Infine, rimarchiamo che l’evangelizzazione è essenzialmente connessa con la proclamazione del Vangelo a coloro che non conoscono Gesù Cristo o lo hanno sempre rifiutato. Molti di loro cercano Dio segretamente, mossi dalla nostalgia del suo volto, anche in paesi di antica tradizione cristiana. Tutti hanno il diritto di ricevere il Vangelo. I cristiani hanno il dovere di annunciarlo senza escludere nessuno, non come chi impone un nuovo obbligo, bensì come chi condivide una gioia, segnala un orizzonte bello, offre un banchetto desiderabile. La Chiesa non cresce per proselitismo ma «per attrazione».[13]

EG 33. La pastorale in chiave missionaria esige di abbandonare il comodo criterio pastorale del “si è fatto sempre così”. Invito tutti ad essere audaci e creativi in questo compito di ripensare gli obiettivi, le strutture, lo stile e i metodi evangelizzatori delle proprie comunità. Una individuazione dei fini senza un’adeguata ricerca comunitaria dei mezzi per raggiungerli è condannata a tradursi in mera fantasia. Esorto tutti ad applicare con generosità e coraggio gli orientamenti di questo documento, senza divieti né paure. L’importante è non camminare da soli, contare sempre sui fratelli e specialmente sulla guida dei Vescovi, in un saggio e realistico discernimento pastorale.

CCC 1322. La santa Eucaristia completa l’iniziazione cristiana. Coloro che sono stati elevati alla dignità del sacerdozio regale per mezzo del Battesimo e sono stati conformati più profondamente a Cristo mediante la Confermazione, attraverso l’Eucaristia partecipano con tutta la comunità allo stesso sacrificio del Signore.

CCC 2176 La celebrazione della domenica attua la prescrizione morale naturalmente iscritta nel cuore dell’uomo « di rendere a Dio un culto esteriore, visibile, pubblico e regolare nel ricordo della sua benevolenza universale verso gli uomini ». 116 Il culto domenicale è il compimento del precetto morale dell’Antica Alleanza, di cui riprende il ritmo e lo spirito celebrando ogni settimana il Creatore e il Redentore del suo popolo.

CCC 2180 Il precetto della Chiesa definisce e precisa la Legge del Signore: « La domenica e le altre feste di precetto i fedeli sono tenuti all’obbligo di partecipare alla Messa ». 124 « Soddisfa il precetto di partecipare alla Messa chi vi assiste dovunque venga celebrata nel rito cattolico, o nello stesso giorno di festa, o nel vespro del giorno precedente ». 125

PORTA FIDEI 2. Capita ormai non di rado che i cristiani si diano maggior preoccupazione per le conseguenze sociali, culturali e politiche del loro impegno, continuando a pensare alla fede come un presupposto ovvio del vivere comune. In effetti, questo presupposto non solo non è più tale, ma spesso viene perfino negato [2]. Mentre nel passato era possibile riconoscere un tessuto culturale unitario, largamente accolto nel suo richiamo ai contenuti della fede e ai valori da essa ispirati, oggi non sembra più essere così in grandi settori della società, a motivo di una profonda crisi di fede che ha toccato molte persone.

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